lunedì 23 gennaio 2017

Ore d'Orrore III - Mostri (parte 4)

Bentornati, cari amici del terrore e del raccapriccio. Spero non abbiate fatto brutti incontri in questi giorni. Nessun avvistamento di chupacabras? No, perché ne avevo un esemplare nel mio laboratorio, ma quella pasticciona di Vulnavia, la mia bella assistente, l'ha inavvertitamente fatto scappare dalla sua gabbia... Beh, come dico sempre, è inutile piangere sul sangue versato.
Meglio allora esaminare l'ultima delle otto categorie, e questa volta vi consiglio di sbarrare porte e finestre...


Ore d’Orrore
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”

"Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te." (Friedrich Nietzsche)

Tipo VIII: Difforme
A questa categoria appartengono quelli la cui deviazione è nella forma della mente: la follia, in particolare se follia criminale. Giornalisticamente i serial killer vengono spesso etichettati come "mostri", specie quelli più efferati.
Un serial killer è una persona che uccide tre o più persone in un periodo superiore a 30 giorni, con un significativo periodo di riflessione tra gli omicidi, che adotta un modus operandi caratteristico, e le cui motivazioni per uccidere sono di solito basate su di una gratificazione psicologica. Vengono suddivisi in quattro categorie: visionari, che hanno perso il contatto con la realtà (ritengono siano delle entità esterne a dir loro di uccidere); missionari, che giustificano le proprie azioni sulla base di una missione (ovvero che sia un loro dovere liberare il mondo dalle categorie sociali rappresentate dalle loro vittime); edonisti, che provano piacere nell'uccidere (suddivisi, in base al movente, in animati dalla lussuria, dal brivido della predazione, dal guadagno); dominatori, che sono spinti dal desiderio di esercitare potere e controllo sulle proprie vittime.
Di assassini seriali lungo la storia si può citare come esemplare il caso della contessa Erzsébet Bathory, che nell'Ungheria del XVI secolo aveva ucciso centinaia di giovani donne per fare il bagno nel loro sangue o per berlo, poiché riteneva che le avrebbe fatto mantenere la giovinezza. Oppure quello di Jack lo Squartatore, che nella Londra del 1888 uccise almeno cinque donne; ciò che lo distingue dai suoi predecessori è l'essere stato un sensazionale caso giornalistico (i primi quotidiani risalgono al XVIII secolo).

Psicopatia
Il disturbo psicopatico di personalità o psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato da un deficit di empatia e rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo e inganno; nasce dall'incapacità di comprendere e condividere gli stati emozionali delle altre persone, che vengono viste alla stregua di “oggetti”. Gli psicopatici simulano emozioni che in realtà non provano oppure mentono sulla propria identità, sono propensi ad assumere comportamenti devianti, a compiere atti aggressivi e a essere orientati alla criminalità più violenta.
Nel modello di Patrick ne vengono individuate tre componenti comportamentali: disinibizione, che riflette la mancanza di controllo emotivo e comportamentale; sfrontatezza, definita come il coraggio negli ambiti sociali, emotivi e comportamentali ed è collegata alla dominanza sociale e alla resilienza emozionale; meschinità, definita come la ricerca aggressiva di risorse senza considerazione per gli altri. A livello clinico si ricerca in soggetti giovani la triade MacDonald: enuresi, crudeltà verso gli animali e piromania; sono questi indicatori diagnostici di psicopatia.

Aspetti Caratteristici del Soggetto
Disinvolto, loquace, emana una sorta di fascino falso e superficiale, spesso un conversatore divertente e piacevole. Ha il senso grandioso del sé, ovvero ha un'opinione esagerata delle proprie abilità e del proprio valore: appare sicuro di sé, supponente e arrogante. Dimostra un cronico ed eccessivo bisogno di stimoli nuovi ed eccitanti e un'inusuale propensione alla noia. Le interazioni con gli altri sono menzognere, ingannatorie o manipolatorie. Non si preoccupa per le conseguenze negative delle proprie azioni. Sembra incapace di provare una normale gamma e profondità di emozioni: le emozioni mostrate sono teatrali, superficiali e di breve durata; non vengono percepite come le altre persone, sono così limitate da essere state descritte come proto-emozioni, ovvero "primitive risposte alle esigenze immediate". Manca di empatia, è insensibile e disprezza sentimenti, diritti e benessere altrui: si occupa solo di sé stesso e vede gli altri alla stregua di oggetti da utilizzare per i propri fini. Impulsivo, tende a vivere giorno per giorno e cambia di frequente i propri piani, senza pensare al futuro né preoccupandosene. Tende a non prendersi responsabilità di alcun tipo e spesso adotta uno stile di vita parassitario. Ha deficit del controllo comportamentale e spesso promiscuità sessuale.
Il deficit nell’esperienza emozionale potrebbe persino essere alla base del successo ottenuto nel manipolare e mentire. La mancanza o la riduzione dell’intensità con cui vengono sperimentate le emozioni porta a una riduzione dell’interferenza tra le emozioni esibite e quelle effettivamente esperite: l’espressione simulata trapela meno rispetto ad altri individui, rendendolo più convincente e persuasivo. Da uno studio è emerso che in risposta a stimoli emozionali gli psicopatici mostrano espressioni facciali ridotte e meno intense e si è osservato che parlino con un tono di voce più basso e monotono, dando minore enfasi prosodica (linguaggio paraverbale) alle parole.

Sociopatia
Il disturbo antisociale di personalità o sociopatia è un disturbo di personalità caratterizzato dal disprezzo patologico verso le regole sociali, da comportamento impulsivo, dall'incapacità di assumersi responsabilità, dall'indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui e dalla mancanza di senso di colpa o rimorso: uccidere per un sociopatico desta indifferenza perché non riconosce le regole sociali accettate e condivise. Il sadismo è spesso una componente ricorrente.
Secondo il manuale statistico-diagnostico il soggetto mostra inosservanza e violazione dei diritti degli altri fin dall'età di 15 anni, che si manifesta con almeno tre dei seguenti elementi: incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale con ripetersi di condotte suscettibili di arresto; disonestà (il soggetto mente, truffa gli altri); inosservanza della propria e altrui sicurezza, impulsività o incapacità di pianificare; irritabilità e aggressività; irresponsabilità, incapacità di far fronte a obblighi finanziari o di sostenere un'attività lavorativa con continuità; mancanza di rimorso; ha almeno 18 anni; un disturbo della condotta con esordio precedente ai 15 anni.

Criminologia
La frenologia era una pseudoscienza che teorizzava che dalla valutazione della morfologia cranica di un individuo si potessero determinare le sue qualità psichiche e la sua personalità. Cesare Lombroso, uno dei maggiori sostenitori, riteneva che criminali si nascesse e che l'inclinazione a comportamenti antisociali fosse ereditaria, quindi osservabile nelle caratteristiche anatomiche del soggetto. Egli individuava nella "fossetta occipitale mediana" (un'anomalia della struttura del cranio) la fonte di comportamenti devianti.
La moderna criminologia individua invece le cause nell'ambiente psicosociale, familiare, culturale ed economico del soggetto, oltre a indagare la relazione con disturbi mentali e neurofisiologici. Secondo la caratteriologia di La Senne si nasce con un carattere innato (dovuto all'ereditarietà genetica), ma la persona viene formata dall'ambiente in cui cresce e viene educata, che quindi ne smussa la personalità. 
Da un punto di vista endocrinologico, alti livelli di testosterone (che aumenta l'aggressività) combinato con bassi livelli di cortisolo (che aumenta la paura e la sensibilità alla punizione) o con bassi livelli di serotonina (che regola l'umore e l'impulsività) sono associati a comportamenti antisociali. 
La risonanza magnetica del cervello degli psicopatici rivela una minore attività nella corteccia prefrontale, dove avviene il controllo degli impulsi e dei processi decisionali, dell'apprendimento e adattamento emotivo-comportamentale; viene anche rilevato che il sistema paralimbico, dove vengono elaborate le emozioni, è meno sviluppato. C'è inoltre prova di un deficit nelle neuroconnessioni tra queste aree: questa anomalia è correlata al grado di psicopatia e può spiegare il comportamento deviante. Si potrebbe perciò dire che siano neurologicamente spinti verso il male.
Se quindi le teorie biologiche dicono che assassini si nasce (a causa di disfunzioni neuroanatomiche), le teorie sociopsicologiche sostengono invece che siano le condizioni psicologiche e sociali del soggetto a far manifestare in lui comportamenti criminali. La sindrome dell'identità fratturata è una teoria che afferma che eventi sociali occorsi durante l'infanzia o l'adolescenza possano provocare una frattura nella personalità del soggetto, invisibile al mondo esterno e avvertita dal solo futuro serial killer; secondo la teoria del processo sociale il comportamento deviante sarebbe il risultato delle pressioni sociali.
Nei film molti serial killer indossano una maschera, ma nella realtà la indossano tutti: la maschera della normalità, che viene tolta solo quando emerge la loro vera natura. E questo li rende estremamente più inquietanti e pericolosi.

In Conclusione: I Veri Mostri
Deformità e aberrazioni, il corpo che si trasforma o che ne riproduce un altro, ciò che è privo di forma propria o ha innesti, ciò che è sconosciuto o proviene da molto lontano, tutto ciò che è divergente... Oppure chi antepone i propri interessi alle persone, chi uccide per un'ideologia, chi gode della sofferenza altrui, chi distrugge l'innocenza e la spensieratezza, chi impone il proprio credo e vuole annullare la libertà degli individui, chi non si cura degli altri o della bellezza del mondo e della vita... Chi tra questi è il vero mostro? Non è la non-conformità a fare il mostro, ma ciò che ci portiamo dentro: non l'aspetto esteriore, bensì la forma interiore. E allora guardiamoci bene allo specchio, perché ognuno di noi ha in sé un po' del mostro; ma se questo si rivelerà un essere prodigioso oppure orribile, spetta solo a noi deciderlo.

E per oggi è tutto, care sub-creature. Il vostro dottore vi da appuntamento al mese prossimo. Io e Vulnavia ne approfittiamo per andare a un congresso. Parteciperanno anche il dottor Frankenstein, il dottor Jekyll, il dottor Griffin, il dottor Moreau... Insomma, ci sarà da divertirsi!

6 commenti:

  1. L'emarginato dalla società, la vittima che diventa carnefice e uccide per rivalsa, potrebbe essere una subcategoria a sé?

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    1. Parli delle quattro categorie in cui sono suddivisi i serial killer?
      Per cominciare, può essere definito serial killer solo se le sue vittime sono almeno 3 in un arco di tempo ravvicinato, altrimenti è un semplice omicida.
      In ogni caso no, non sarebbe una subcategoria a se stante, ma appartiene alla tipologia del missionario: quello che giustifica le proprie azioni sulla base di una missione, ovvero che sia un suo dovere liberare il mondo dalle categorie sociali rappresentate dalle sue vittime. In questo caso giustifica le proprie azioni rivalendosi di chi ha fatto torto a lui o ad altri e quindi sente di "fare un favore al mondo", cioè la sua missione è togliere di mezzo persone che danneggiano lui o altri o il mondo in generale.

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  2. Come ho fatto a non pensarci subito? Facile pensare ai mostri nella loro più classica definizione di "diversi", esseri che in fondo sono solo sfortunati nella loro impossibilità di integrazione. Qui l'integrazione sembra invece possibile, seppure solo ad un livello superficiale.
    Praticamente stai dicendo che uno psicopatia potrebbe essere realmente diagnosticata? Non credevo che il "criminal profiling", o come cavolo si chiama, fosse una scienza esatta...

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    1. Questo è un tipo diverso dagli altri di cui ho parlato. E' in mezzo a noi, ben nascosto, praticamente invisibile, non lo riconosciamo perché porta una maschera che lo rende apparentemente come tutti noi. Ma non lo è, ed è questo che fa davvero paura.
      Per la tua domanda: guarda, io non sono un esperto in materia, sono solo uno che ha letto tante cose e prova un po' a raccontarle. Una diagnosi di psicopatia o di sociopatia non la fa un criminologo, bensì uno psichiatra. Però ci sono diverse sfumature. Ci possono essere delle evidenze, che possono manifestarsi già in età infantile (vedi triade MacDonald). A quanto ne so si traccia un profilo psicologico del soggetto partendo da un'anamnesi evolutiva e sottoponendolo a test e domande, e in base al risultato si formula una diagnosi clinica, confrontando il risultato dei test con modelli precedenti. Ma è tutto fuorché una scienza esatta, visto poi che in fondo le scienze esatte nemmeno esistono, e questa a maggior ragione.
      Ti ringrazio molto per essere passato a leggerti l'intero speciale tutto in una volta. :)

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  3. I veri mostri terrorizzano molto più di quelli inventati. Onestamente, tendo a rifiutare quelle tesi che individuano le cause di certi comportamenti devianti in caratteristiche interne, morfologiche, ereditarie e bla bla bla. Ritengo piuttosto che l'abbandono emotivo possa essere una determinante molto più realistica.

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    1. Direi che in effetti una non esclude per forza l'altra. Io sono un sostenitore della caratteriologia di La Senne: siamo ciò che il nostro patrimonio genetico dice che siamo, ma è l'ambiente psicosociale in cui cresciamo a dire ciò che facciamo. Insomma, il nostro destino non è scritto nei geni, perché l'ultima parola spetta sempre a noi.

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