lunedì 23 aprile 2018

Una Terrificante Metamorfosi

"Ogni volta che in cielo la luna diveniva piena, lui non era più lo stesso. Una terrificante metamorfosi avveniva in lui, accompagnata dal sorgere di un mostruoso e terribile bisogno. Sì, anche quella notte avrebbe dato sfogo a quei suoi raccapriccianti istinti, e l’avrebbe fatto senza averne poi alcun rimorso.
Uscì lesto di casa e la corroborante aria notturna gli diede una vitalità diabolica, affinando i suoi sensi. Quello era proprio il momento ideale e niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di liberare quella sua nuova e spaventosa natura!
Ma contrariamente alle sue aspettative, alla fine la polizia riuscì a catturarlo e lo fece portare via, dove avrebbero potuto aiutarlo adeguatamente. Nel frattempo i suoi vicini di casa poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo: tutta la notte a ululare nudo sul tetto, quel cretino, non se ne poteva davvero più!"

Questo breve racconto è presente nel mio ultimo libro, Su di un Mondo Lontano una Moltitudine di Stelle. Come avete visto, si tratta di un raccontino molto semplice, però si possono lo stesso fare alcune considerazioni.
La tecnica narrativa utilizzata è quella che potremmo chiamare occultamento o, meglio ancora, sottrazione: vengono date una serie di informazioni, tutte veritiere, omettendo però l’informazione di partenza, che è quella fondamentale per dare la giusta chiave di lettura. Solo quando questa viene fornita, avviene il disvelamento e il lettore può finalmente interpretare correttamente quanto raccontato: un po’ come togliere il velo di Maya di cui parlava Schopenhauer. Usando questa tecnica, ciò che viene detto risulta decontestualizzato, e l'autore porta (meglio ancora: guida) il lettore a farsi una determinata idea, falsata, perché difettiva di quella fondamentale informazione che gli avrebbe permesso di dare la giusta interpretazione a quanto stava leggendo.
Usciamo adesso dal discorso della narrativa. Provate a rileggere il paragrafo precedente. Quante volte ci capita di dare una certa interpretazione (e quindi formarci un'opinione) riguardo a un qualcosa che leggiamo sulla rete oppure vediamo in televisione o sentiamo in giro, a prescindere dall’avere tutte le informazioni e senza nemmeno preoccuparci di averle?
Ho già parlato in passato del bias di conferma, un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, quindi attribuire maggiore credibilità, a quelle che sembrano confermare le proprie convinzioni, e viceversa ignorare o sminuire quelle che invece le contraddicono. Da un punto di vista cognitivo molto spesso si cerca solo una conferma delle proprie idee, piuttosto che valutare tutte le informazioni e farsi un’opinione esaminando l’insieme dei punti di vista.
Nel caso del mio racconto le informazioni che metterebbero in luce un certo tipo di interpretazione vengono volutamente omesse, in modo che il lettore basi la propria opinione solo su quanto legge un po' per volta, cioè lo scrittore fomenta volutamente in lui un pregiudizio per poi, con un abile gioco di prestigio, mostrargli che la moneta non è nella mano sinistra che stava guardando, ma in quella destra che teneva nascosta al suo sguardo: l'autore mette in piedi un gioco col lettore facendogli credere determinate cose e poi mostrandogli l'inesattezza di quanto era stato portato a credere. 
Se si tratta di narrativa, questo è una tecnica interessante da usare, ma se parliamo del veicolare informazioni può divenire uno strumento dai risvolti ambigui: non necessariamente sbagliati, perché come di ogni strumento giusto o sbagliato dipende sempre da chi lo utilizza, ovvero dal come lo utilizza e che cosa intende farci. E in particolare se poi avviene la seconda fase, quella del disvelamento.
Ma non è tutto: il protagonista del mio racconto è per davvero un lupo mannaro. È affetto da licantropia clinica, un raro disturbo psichiatrico di cui ho già parlato in passato (qui). Nel cervello di chi è affetto da tale condizione la trasformazione avviene sul serio: ovvero il corpo non subisce alcun cambiamento, ma a livello neurologico le sensazioni che si avrebbero se questa avvenisse si verificano comunque. Insomma, definire che cos'è davvero la realtà, darne un'indicazione univoca, è qualcosa di abbastanza complesso.
Avreste mai detto che un raccontino tanto semplice e scherzoso potesse essere latore di tali riflessioni? Questa potrebbe rappresentare una buona risposta a quelli che criticano senza argomenti validi la letteratura di genere.

14 commenti:

  1. Il problema è che uno legge il racconto, non le intenzioni dell'autore. Può sembrare una cosa stupida ma mi è capitato di ascoltare interpretazioni di opere celebri (s'intende: da parte di normali lettori) che vi scorgevano significati totalmente diversi da quelli esposti dalla critica. Ergo: il lettore medio non è così bravo a estrapolare riflessioni da un testo di narrativa.

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    1. Tu poni una questione diversa (però altrettanto interessante) rispetto a quella del post.
      Quello a cui ti riferisci è la soggettività dell'interpretazione, dove un autore ha in mente un certo tipo di messaggio, ma lo maschera attraverso l'artifizio della narrazione lasciando come gioco intellettuale al lettore di comprenderlo. Ma il lettore, soggettivamente, può interpretare la cosa in maniera diversa (giusta o sbagliata), sia perché coglie un'interpretazione sulla base del proprio vissuto, sia perché coglie un qualcosa che l'autore stesso non è nemmeno consapevole di aver trasmesso.
      Il io post invece parte dal discorso relativo alla scrittura con una tecnica molto utilizzata, per evidenziare che un tale meccanismo può essere utilizzato anche in altri contesti: se per farci riflettere bene, se per manipolare le nostro opinioni non bene.
      E aggiungo che quanto ho espresso nella prima metà della mia risposta è confermato dal tuo commento e il direzionare la discussione su di un altro fronte.

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  2. Concordo con Ariano, il nocciolo della questione sta tutto lì.
    Inoltre tanto spesso la sensibilità (o la mancanza di...) del lettore fa scorgere significati nascosti che magari l'autore non pensava nemmeno di inserire.

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    1. Non avrei altro da aggiungere al commento ad Ariano, perché contiene la stessa riflessione che fai tu, per cui posso solo dire: vedi sopra! :)

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  3. Concordo con te: spesso alcuni (per fortuna non tutti) lettori non riescono a riflettere su ciò che leggono e si limitano a far scorrere le parole.
    Mi segno il tuo libro!

    ps: sai chi era un altro autore che spingeva a riflettere e che mi piace molto? Kurt Vonnegut.

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    1. Io credo che un buon autore metta in piedi un gioco col lettore: ti racconto qualcosa, ma dietro la maschera del racconto nascondo dei significati più profondi. Sta poi a te che leggi riuscire a coglierli e interpretare nel giusto modo i simbolismi. Questo richiede uno sforzo, quindi anche per la lettura impegnata ci va allenamento!
      Di Vonnegut ho letto un paio di romanzi, però non mi hanno convinto... non è nelle mie corde. Di Ghiaccio IX ho anche parlato qui sul blog due anni fa.

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  4. Mi ricorda un po' il meccanismo di certe recensioni "bastarde" in cui mi sono imbattuto talvolta, che recitano all'incirca così: "I primi due brani/racconti/ecc. della raccolta non sono particolarmente riusciti, in compenso il terzo, quello centrale, è di gran lunga peggiore...".

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  5. Bene, anche tu sei ripartito alla grande. Ho letto con molto interesse le considerazioni sui processi cognitivi. Ambe due utilizziamo certe dinamiche a scopo narrativo. personalmente utilizzo una trama apparentemente semplice per veicolare contenuti complessi. A giudicare dalle impressioni dei più accorti lettori e dai loro commenti una certa efficacia c'è. Credo che ciò ci aiuti anche nelle rispettive professioni, sbaglio? In ogni caso ti faccio i miei migliori auguri, ti prometto che entro breve comprerò questo tuo ultimo lavoro, sarà interessante leggerlo.

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    1. Sai che con la tua osservazione hai aperto la porta su di un discorso enorme? Basta pensare alle favole. Prendi quella di Cappuccetto Rosso: è talmente piena di simbolismi e significati archetipici e psicologici dall'andare molto oltre alla storiella semplice che viene raccontata. Quindi assolutamente sì, hai la fortuna di avere degli attenti lettori se colgono il significato profondo dietro una narrazione che è solo apparentemente semplice.
      Non so tu nella tua professione, però sì, a me capita spesso di giocare sulla quotidianità per dare immagini che possano rimanere ferme intanto che spiego dei concetti complessi.

      E poi ti ringrazio per l'interesse verso il mio libro. A questo proposito, ho segnalato il tuo Joshua presso un'importante biblioteca del torinese: è già capitato che alcuni libri abbiano dato luogo a un vero e proprio passaparola, tanto che numerose altre della zona li abbiano poi acquistati a cascata.

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    2. Siamo in linea, direi. Infatti ho sempre detestato chi definisce quella che comunemente viene indicata come letteratura di genere come bassa o priva di contenuti. Ho articolato meglio cosa intendo nella risposta al post di Ariano. Non voglio qui annoiarti, una pappardella che non ti dico, son prolisso 😄
      Per il resto grazie di cuore, magari. sarebbe la terza biblioteca pubblica che ingloba il mio romanzetto, un vero onore.Grazie davvero.

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    3. Tu e io siamo di parte, però, vista la natura dei nostri scritti. La pappardella comunque me la sono letta tutta. :)
      La biblio in questione ha una lunga lista di suggerimenti da espletare, per cui potrebbero volerci anche mesi. Io comunque l'ho segnalato. :)

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  6. Mi ero persa questo post! Sì, d'accordo su tutto. Mi hai fatto tornare in mente Eco, Volli, Saussure, Peirce,...
    Bello! :)

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    1. Caspita, me lo accosti a nomi mica da poco... ;)

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