giovedì 28 gennaio 2016

Ore d’Orrore II – Jekyll (parte 2)

Bentornate, care amebe. Il vostro dottore non vedeva proprio l’ora di rivedervi. Infatti torno giusto adesso da una battuta di caccia al lupo mannaro e non crederete mai a cosa... Ma sto divagando! 
Avete mai sentito parlare delle favole della Düss? No? E del test dei proverbi, allora? Ma almeno conoscerete le macchie di Rorschach, dico bene? Meno male, perché vista la seconda personalità del dottor Jekyll, oggi parleremo proprio di psicologia...



Ore d’Orrore
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”

“È dunque da attribuirsi più all'esigente natura delle mie aspirazioni che a una mia speciale degradazione, il motivo per cui si separarono in me, con un solco più profondo, le regioni del bene e del male che dividono e compongono ad un tempo la duplice natura dell'uomo.” (Robert L. Stevenson, Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde)

La Metà Oscura
Il romanzo di Stevenson intende analizzare la dualità presente nell’animo umano: il bene e il male. La sua tesi è chiara: l’uomo non è interamente buono o malvagio, ma possiede lati buoni e lati cattivi; l'intera opera è infatti una metafora delle doppiezze e ambiguità presenti in ognuno di noi. Come avrebbe detto più avanti Carl Jung: “L’ombra fa parte della luce, il bene fa parte del male, e inversamente”.
Jekyll riconosce di essere se stesso sia quando lavora per il progresso scientifico, che quando indulge in piaceri peccaminosi. Infatti, contrariamente all’immagine popolare del personaggio, Jekyll non è totalmente buono: è invece umano, e come tutti gli uomini ha le sue debolezze. Ma questa dualità lo tormenta al punto di cercare un modo per separare le due componenti e la soluzione è un ritrovato chimico che fa uscire allo scoperto il lato malvagio di Jekyll: Edward Hyde.
Come nella concezione medioevale che associava la bruttezza alla malvagità, Hyde è orribile e deforme, ma contrariamente all’immagine popolare che lo vede come una specie di scimmione (e che ha ispirato l'aspetto del personaggio di Bruce Banner/Hulk), egli è più piccolo, più giovane e più leggero di Jekyll. Questo perché il dottore, che è in parte buono e in parte malvagio, ha trascorso la maggior parte della sua vita dalla parte del bene, quindi è questo suo lato a essersi sviluppato maggiormente. Jekyll non si trasforma in qualcosa di completamente avulso da sé, ma dà vita e corpo a una creatura che ha alcuni aspetti del suo carattere, quelli più oscuri e malvagi.
La conclusione del romanzo è che Jekyll viene punito per aver cercato di liberarsi dal destino e fardello della sua vita, che è anche quello di tutti gli uomini: accettare tutti gli aspetti del proprio carattere, coesistendo anche coi propri lati oscuri.


Inconscio
Il dualismo presente nel romanzo è anche una metafora della dimensione conscia/inconscia, dove Hyde rappresenta le pulsioni inconsce a cui tende l'anima di Jekyll.
La dimensione dell'inconscio viene concepita da Siegmund Freud secondo un modello neurofisiologico: un sistema attraversato dall'energia con cui l'individuo reagisce agli stimoli esterni. È soltanto per differenziazione che da questo flusso di energia si distingue l'istanza dell'Io, cioè il soggetto consapevole, mentre rimangono sepolte nell'inconscio tutte quelle esperienze o "rappresentazioni" che l'Io non è in grado di dominare e che manifestano in varie forme la loro presenza.
Nella sua prima teoria metapsicologica, Freud riteneva la psiche umana divisa in tre: coscienza, preconscio e inconscio. La coscienza è l'istanza legata al soggetto tramite la percezione della realtà esterna e opera secondo il principio di realtà (tiene conto di costi e benefici della soddisfazione immediata cui la pulsione inconscia tende). Il preconscio è l'anticamera della coscienza: ha contenuti di cui l'Io consapevole può divenire in ogni momento padrone. L'inconscio agisce invece secondo il principio di piacere (soddisfazione immediata del bisogno).
Ogni atto psichico viene valutato da un sistema di controllo, chiamato censura. Nella sua prima fase, un atto psichico appartiene all'inconscio; se dopo averlo controllato, la censura lo lascia passare, allora accede al preconscio e al cosciente. Altrimenti, è costretto a restare nell'inconscio. Questo procedimento, detto rimozione, è il meccanismo di costituzione dell'inconscio: consiste nel respingere dal preconscio, dalla possibilità di acquisizione cosciente, un'esperienza del soggetto se questa viene avvertita come possibile fonte di dolore o pericolo, o come eccessivamente eccitante, fonte di angoscia perché incontrollabile e tale da infrangere la debole organizzazione cosciente del soggetto.
In seguito Freud aggiunse altre due istanze: il Super-io e l'Es. L'Io appare come una parte dell'inconscio che si è parzialmente modificata in seguito al rapporto con la realtà esterna, e postulò nell'inconscio una tendenza all'annichilimento e autodistruzione (pulsione di morte o Thanatos) contrapposta a una volta all'autorealizzazione, all'espressione e alla trasformazione (pulsione di vita o Eros). La censura è affidata al Super-io, che svolge una funzione di divieto e fornisce l'ideale verso cui tende il comportamento del soggetto. L'Es è invece il luogo dove lo psichico si apre al somatico e viceversa, una sorta di filtro tra inconscio e realtà, il deposito del materiale psichico rimosso.

Psicologia
Negli studi psicologici e psicanalitici condotti sul fenomeno del doppelgänger, investigando sia tra casi clinici, che nel folklore, si è osservato nella maggior parte dei casi che il fenomeno è collegato a un disturbo narcisistico di personalità o al concetto del das unheimliche.
Nel disturbo narcisistico di personalità il sintomo principale è un deficit del soggetto nella capacità di provare empatia verso altri individui, il quale nutre quindi un sentimento esagerato riguardo la propria importanza e idealizzazione del sé (il “sé grandioso”), ovvero una forma di amore di sé che, dal punto di vista clinico, è fasulla. La persona manifesta una forma di egoismo profondo (spesso inconsapevolmente), le cui conseguenze sono tali da produrgli sofferenza, disagio sociale o significative difficoltà relazionali e affettive.


Das unheimliche (il perturbante o il sinistro o lo spaesamento) è un termine utilizzato da Freud per esprimere quando un qualcosa viene avvertito come familiare ed estraneo allo stesso tempo, provocando una generica angoscia unita a una spiacevole sensazione di confusione ed estraneità. Alcuni autori vedono nell'apparizione di un doppio una crisi legata allo sviluppo dell'Io o a momenti della vita che spingono a una riconfigurazione dell'identità; la sua comparsa è allora sintomatica di una necessaria trasformazione del proprio sé, cosa che può essere vissuta in maniera persecutoria: ecco il carattere perturbante del doppelgänger.

Psichiatria
Il disturbo dissociativo dell'identità o disturbo di personalità multipla è un disturbo dissociativo in cui almeno due personalità prendono costantemente il controllo del comportamento dell'individuo. Secondo il DSM (manuale statistico-diagnostico), questo implica "la presenza di due o più identità o stati di personalità separate, che a loro volta prendono il controllo del comportamento del soggetto, accompagnato da un'incapacità di evocare i ricordi personali.” I pazienti possono avvertire sintomi simili a epilessia, schizofrenia, ansia, disturbi dell'umore, disturbo post traumatico da stress e disturbi alimentari. Le cause possono essere dovute a uno stress intenso, traumi, abusi o storie di nutrizione inadeguata durante l'infanzia. Un uomo che soffriva di questo disturbo ha dato l'ispirazione a Stevenson per il suo romanzo.
La sindrome dei doppi soggettivi è una rara misidentificazione in cui il soggetto prova la delusione dell’avere un doppelgänger con il suo stesso aspetto, ma con differenti tratti caratteriali, che vive una vita per conto proprio. Nella sindrome della pluralizzazione clonale del sé è invece uguale anche dal punto di vista psicologico. Nella paramnesia reduplicativa il soggetto ritiene che ci siano anche più suoi duplicati. A volte i duplicati possono apparire anche a differenti età del soggetto.
La misidentificazione di immagini riflesse è la credenza delirante che il proprio riflesso sia quello di un’altra persona. Da non confondere con la eisoptrofobia, la paura degli specchi o di vedersi riflessi in uno specchio; chi ne è affetto si preoccupa che la rottura di uno specchio porti sfortuna o che guardarsi allo specchio lo possa metterre in contatto con un mondo sovrannaturale/parallelo che si trova dall’altra parte: specchi e altre superfici riflettenti sono da tempo associati a ciò che è strano o bizzarro.
Queste sindromi sono spesso ritenute sintomo di altri disturbi, quali schizofrenia, a volte accompagnati da paranoia, nonché da credenze deliranti: di frequente il paziente insiste nell’affermare che ciò che vede è reale anche se contraddetto dall’evidenza, condizione assimilabile a quella dell'anosognosia (incapacità del soggetto di riconoscere e riferire un suo deficit neurologico).
Altri disturbi correlati sono la sindrome di intermetamorfosi, la convinzione che una persona familiare (in genere vissuta come persecutore) e uno sconosciuto (oggetto di falso riconoscimento) abbiano in comune caratteristiche fisiche e psicologiche; l’autoscopia, nota anche come esperienza extra-corporea (vedere il proprio corpo dall’esterno), la sindrome delirante degli accompagnatori, cioè la convinzione che oggetti inanimati (come i peluche) siano esseri senzienti.
Alcuni ricercatori ipotizzano che queste delusioni siano il risultato di una deficienza nel meccanismo della processazione delle facce: è quanto avviene anche nella prosopagnosia o cecità per le facce, in cui il soggetto non riesce a memorizzare le facce delle altre persone (riconosce gli altri attraverso il contesto, la voce, il portamento...). Altri ritengono che siano dovute a lesioni nell'emisfero cerebrale destro o ancora a una disconnessione tra i due emisferi, ipotesi che si basa sulla teoria della lateralizzazione delle funzioni cerebrali (teoria secondo cui alcune funzioni neurali e processi cognitivi sono predominanti in uno dei due emisferi cerebrali): in questo caso, l’inabilità del destro di rilevare il sinistro potrebbe portare alla delusione. Altra ipotesi che viene avanzata è quella di lesioni dell'amigdala, la parte del cervello che associa un'emozione alla percezione: se questo non avviene, subentra una delusione, che può portare al mancato riconoscimento. 
Secondo la teoria di Feinberg, alcuni danni cerebrali provocherebbero un disturbo dei confini e delle funzioni dell’Io, con conseguente insorgenza di difese psicologiche (negazione, proiezione, scissione), di stili di pensiero immaturi, di funzionamento dell’Io alterato, di fantasie infantili (tra i 3 e i 7 anni, con la maturazione dell'emisfero destro, le funzioni difensive immature tendono a essere sostituite da quelle mature e le fantasie a essere inibite). Ciò crea un disequilibrio tra il Sé e il mondo circostante, ma contemporaneamente l'emisfero sinistro attiva delle difese, in gran parte verbali. La maggior parte delle moderne teorie propendono invece per individuare le cause in lesioni delle aree cerebrali responsabili della familiarità, dell'orientamento e delle funzioni mnesiche.
Spesso diamo quindi per scontato il riconoscimento della nostra propria immagine. In realtà come essa ci appare, in relazione alla rappresentazione mentale che ne abbiamo, è dovuto a processi piuttosto complessi della sfera neuropsicologica, che vanno poi a ricadere nella fruizione che abbiamo della realtà intrapersonale e dell'ambiente circostante.

E con ciò si conclude l’articolo sul mio esimio collega e sulle sue varie identità. Non mi resta che darvi appuntamento al prossimo episodio di Ore d’Orrore. Nel frattempo mi metto a preparare un po' di pallottole d’argento: stasera c’è luna piena, meglio essere previdenti...

8 commenti:

  1. Davvero bellissimo! La parte di approfondimento "psichiatrico" provoca un po' d'ansia :P sarà che mi terrorizza l'idea di poter perdere la lucidità...

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    1. Ci dà però un'idea come complesso sia il funzionamento del nostro cervello. E di quanto questo equilibrio sia delicato.

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  2. Alle superiori quando iniziai a studiare filosofia mi appassionai molto a tutto ciò che riguardava argomenti della e sulla coscienza, ma un professore assenteista e con poca voglia di fare e la lettura forzata di "La coscienza di Zeno", azzerarono il mio interesse sull'argomento.

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    1. Stessa cosa per me con l'arte. I peggiori danni li fanno i professori incompetenti.

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  3. Riconoscere la nostra immagine non è per nulla facile, gli studi di Freud che sosteneva la natura doppia dell' uomo, del corpo, come esistenza biologica e libidica.
    Un altro disturbo molto diffuso oggi è la dismorfofobia invece, che peró si riferisce di più a un dismorfismo corporeo.
    Articolo molto interessante, come sempre :)

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    1. Solo non bisogna confondere una fobia con una psicopatologia, perché sono due livelli diversi.

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    2. No certo, ma come fobia però spesso implica una serie di psicopatologie come disturbi della personalitá e nevrosi che variano a seconda del soggetto, per questo mi è venuta in mente. Anche se non sono così sovrannaturali come alcune di quelle da te descritte :P

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    3. Più o meno. Nel senso che dietro una fobia c'è in generale un disturbo di derivazione psicologica, mentre dietro una misidentificazione la causa è organica.

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