
Anticamente si credeva che questo metallo proteggesse dalla forze del male. Era credenza che inchiodare un ferro di cavallo alla porta allontanasse gli spiriti maligni, che circondare un cimitero con una recinzione di ferro tenesse dentro le anime dei morti, che seppellire un coltello sotto l'ingresso di casa impedisse alle streghe di entrare. In Scandinavia si lasciavano oggetti di ferro vicino alle culle per evitare che gli spiritelli scambiassero il neonato con i loro. Nei paesi slavi si mettevano oggetti di ferro nelle tombe per evitare che i morti risorgessero come vampiri. Nel folklore gaelico il ferro era l'unica cosa a poter uccidere le fate: un pugnale o delle forbici potevano salvare dalla baobhan sith, di cui si raccontava in Scozia, che aveva le sembianze di una donna bellissima, ma al posto dei piedi zoccoli di cervo, tenuti nascosti sotto al vestito, sempre di colore verde, e che in realtà era un non-morto assetato di sangue. Un coltello permetteva di sfuggire ad Aisha Kandisha, un jinn di cui si raccontava in Marocco, che appariva come una bellissima donna, ma al posto della gambe aveva zampe di capra o di cammello, tenute nascoste, e seduceva gli uomini per poi ucciderli. Per tenere lontane le masche, le streghe della tradizione piemontese, si usava anche il ferro.
E a conclusione di questa stagione del blog, ancora un Viaggio Multimodale, stavolta dedicato al mio ultimo libro, La Piccola Magia del Quotidiano.