martedì 25 febbraio 2020

Ore d'Orrore: lo Charivari

Ben ritrovati, miei cari spiritelli dispettosi. Il vostro Dottor χ è ancora una volta qui ad accogliervi nel suo lugubre laboratorio. Ebbene sì, non so resistere alle festività. La mia preferita è ovviamente Halloween, ma anche il Carnevale non scherza... Come? Dite che non c'è niente di pauroso nel Carnevale? Beh, forse dovreste chiedervi chi vi guida in questo rito di sfrenato divertimento, perché dietro la maschera ci potrebbe essere...


Nella tradizione popolare piemontese la ciabra era una rappresentazione goliardica orchestrata ai danni di sposi poco propensi a patrocinare incontri conviviali. Veniva organizzata dai giovani del paese per castigare sposi avari oppure ottenere l'invito a fare bisboccia. Il più delle volte si trattava di una serie di scherzi, come fare il sacco al letto, mettere ortica nelle lenzuola o suonare all'improvviso dei campanacci. Ma la ciabra in origine aveva un significato ben diverso: si trattava infatti di una specie di chiassoso corteo mascherato, messo in piedi per deridere il secondo matrimonio di vedove o vedovi. 
Nel libro Dei baccani che si fanno nelle nozze dei vedovi, detti volgarmente Cembalate o Scampanate (1772) Bartolomeo Napoli riferisce che la ciabra era caratterizzata da versi e gesti osceni, e da motteggi per prendere in giro gli sposi: si canzonava la sposa facendone un soggetto da bordello, e si dipingeva il marito, in genere attempato, come pronto per l'ospedale o il camposanto; talvolta veniva raffigurato in caricatura e portato in giro come burlesco trofeo. Oltre a grida, fischi e musiche strazianti eseguite con ogni sorta di strumenti, comprese stoviglie e pentolame, era anche uso gettare davanti alla casa degli sposi delle granate accese, e si poteva andare avanti così fino anche a cinque sere di seguito.
Tale tradizione si affermò a partire dal XIV secolo con il compito di controllare i costumi morali sulla base dell'impostazione cristiana. Ma fin da subito sia la Chiesa che lo Stato cercarono di frenare tali manifestazioni, che nascevano nella religiosità, ma ben presto ne fuoriuscivano, divenendo occasioni di divertimento sfrenato, volgarità gratuita e motteggio per le sacre istituzioni, a partire da quella del matrimonio. In un documento del sinodo di Torino del 1624 se ne faceva divieto, mentre il duca Amedeo VIII di Savoia comminò una multa di 25 soldi a coloro che fossero stati sorpresi a parteciparvi.

Questa manifestazione folkloristica si ritrovava con le medesime modalità anche in altre regioni italiane, dove era conosciuta con altri nomi: chiaravugli (Liguria), scornata (Friuli), tamburata (Toscana), scampanata (Romagna), ciambelleria (Campania). In italiano è chiamata capramarito o chiavramarito. E non si trattava di qualcosa appartenente al solo al folklore italiano: in Belgio era nota come pélage, in Spagna era la cencerrada, in inglese skimmington, in olandese ketelmuziek, in tedesco katzenmusik (cioè "musica da gatti", il fracasso che fanno i gatti in amore). In Canada nella provincia francofona dell'Ontario era nota come chivaree, mentre negli Stati Uniti shivaree.


Ma la ciabra aveva un'origine ancora più antica e meno goliardica: lo charivari. Con questo termine francese (che deriva forse dal greco karivaria, cioè “vertigini”, o da chalibarion, "rumore ottenuto colpendo vasi di metallo") si indicava una pubblica manifestazione di protesta o irrisione collettiva contro individui ritenuti responsabili di atti offensivi verso la morale comune. In genere consisteva in assembramenti di persone che, talvolta travestite, facevano chiasso, con grida o percuotendo utensili di cucina, presso l'abitazione della vittima, che in tal modo veniva di fatto indicata come colpevole ed esclusa dalla comunità. L'evento poteva prolungarsi per diverso tempo, finché le motivazioni della protesta non venivano soddisfatte o non veniva pagata un'ammenda. Le più comuni erano le seconde nozze, matrimoni tra persone di età molto diverse, oppure la scoperta di relazioni adulterine, ma anche dubbi comportamenti morali. La vittima, per la vergogna, talvolta era spinta all'esilio o al suicidio: oggi parleremmo di mobbing, dove si ha una violenza di gruppo verso un individuo allo scopo di allontanarlo dal gruppo sociale. Lo charivari è andato avanti fino quasi al XX secolo.
Questo rito traeva la sua origine dal timore delle anime senza pace, di coloro che erano trapassati anzitempo. Lo charivari doveva suscitare, in quanti assistevano, l’emozione dell’apparire del consorte defunto, che tra rito e gioco ostacolava la nuova unione. Lo scopo era quindi esorcizzare la paura di causare dispiacere ai defunti nel vedere il consorte rifarsi una vita: il baccano era fatto allo scopo di tenere lontano lo spirito offeso del coniuge. Ma da rito apotropaico col tempo è degenerato in un'occasione per rafforzare la comunità scacciando individui indesiderati, e più tardi ancora nel puro e semplice divertimento.

Alle sue origini lo charivari richiamava infatti il mito della Caccia Selvaggia, presente nel folklore di molti paesi europei: un corteo notturno di esseri sovrannaturali (anime dannate, streghe, demoni, mostri vari) che attraversava il cielo o il terreno, emettendo rumori e frastuoni, mentre era intento in una furiosa battuta di caccia, con tanto di cavalli, segugi e battitori al seguito. Tale mito si poneva come strumento repressivo verso chi infrangeva le regole della comunità: l'orda furiosa sarebbe infatti giunta a trascinare via con sé il trasgressore. Allo stesso modo la vittima di charivari vedeva arrivare un rumoroso assembramento di persone camuffate, a dimostrare disapprovazione: nelle più antiche testimonianze dello charivari si identificava la schiera tumultante dei giovani mascherati con quella della caccia selvaggia, che in alcune versioni era composta da coloro che avevano perso la vita anzitempo.
A seconda del luogo in cui veniva narrato il mito, il capogruppo della caccia poteva essere un grande sovrano del passato o un nobile oppure divinità come Odino; in alcune versioni era invece il Diavolo in persona. Altre volte si trattava di Hellequin, un demone ctonio (cioè appartenente a culti sotterranei), che aveva il compito di ghermire i dannati e condurli negli inferi.
L'etimologia del nome di questo essere demoniaco è di origine germanica: Hölle König (cioè "re dell'inferno"), traslato poi in Helleking, quindi in Harlequin, con chiara assonanza infernale. Infatti inizialmente le Hellequins o Herlequins erano le donne che cavalcavano nelle cacce notturne con Hel, la dea norrena della morte, e la similitudine con la caccia selvaggia è evidente. Passando nella cultura francese, Hel divenne un uomo, il re Herla o Herlequin. In Italia Dante lo aveva reso in Alichino, che aveva collocato all'Inferno come membro dei Malebranche, un gruppo di diavoli incaricato di occuparsi che i barattieri non uscissero dalla pece bollente in cui si trovavano nel loro supplizio.
Insomma, lo charivari e successivamente la ciabra consistono in un corteo di persone travestite che fanno baccano e si divertono ai danni di altri, con scherzi e prese in giro. Tutto questo non ricorda forse il Carnevale? 

Perché Arlecchino altri non è che il demone Hellequin. La maschera seicentesca evocava infatti il suo ghigno demoniaco e presentava sul lato destro della fronte l'accenno di un corno. Perciò fate molta attenzione ad Arlecchino: il suo scherzo di Carnevale potrebbe essere quello di trascinarvi negli Inferi.

17 commenti:

  1. Molto interessante. Non immaginavo questa origine demoniaca dei Arlecchino. Ma il re Herla non era un re di gnomi o folletti? Mi sembra di ricordare qualcosa del genere, però inglese.
    Terribile questa ciarla. Più che mobbing direi bullisimo!

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    1. E' possibile. Herla era un re delle fate o dei folletti, comunque di essere magici o fatati.
      Il bullismo è una forma di mobbing per lo più associata a un contesto scolastico o comunque giovanile. Il fenomeno sociale più ampio è appunto il mobbing.

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  2. Cioè io mi vestivo da Arlecchino da piccolo ed ero un piccolo diavolo? Figo :D

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  3. Quindi, quando per scherzo io e altri abbiamo riempito di bicchieri di carta pieni d'acqua tutto l'atrio della casa dove un nostro amico avrebbe a breve avuto la sua prima notte di nozze, in realtà abbiamo celebrato un rituale vecchio di secoli?

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    1. Diciamo la versione più moderna e goliardica di un rito di antica origine. 😀

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  4. Appezzo molto questi post sul folkore regionalistico italiano. In particolare le informazioni sulla Caccia Selvaggia e su Hellequin.

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    1. Da parte mia è stato interessante scriverlo e portare alla luce questo rituale/tradizione poco conosciuto.

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  5. Caspita, interessante e allo stesso tempo inquietante questo post! (sicuramente era questo il tuo intento XD). La "chicca" su Arlecchino, poi, non la conoscevo... Altro che "Harlequin" dei Genesis, la canzone dai tratti impressionistici che manifesta pace e tranquillità... Qui si parla del demone "Hellequin", che è ben diverso e decisamente più terroristico! 🙈👹

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    1. Noi oggi diamo per scontate una serie di figure che sono entrate nell'immaginario collettivo, ma come nel caso di Arlecchino in origine erano qualcosa di molto diverso.
      Poi chissà perché un antico demone è diventato una maschera carnevalesca...

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    2. Un po' come nelle favole Disney trasmesse in televisione, che nella realtà finiscono quasi tutte in malo modo, tipo quella del Gobbo di Nôtre Dame di Victor Hugo... Altro che lieto fine...

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    3. Sì, in un certo senso. Di molte favole, come quella di Cappuccetto Rosso, è stato cambiato il finale per adattarle ai tempi moderni e renderle psicologicamente rassicuranti per i bambini.
      Io intendo proprio l'evoluzione archetipica di queste figure. Per esempio lo zombie originariamente era lo schiavo di una strega o stregone, quindi era lui la vittima, mentre nell'immaginario collettivo moderno da vittima è diventato mostro assassino.

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    4. Perfetto, anche questa sugli zombie non la sapevo!

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  6. Alle medie con me veniva un ragazzo che di cognome fa Alicino. Chissà XD
    Comunque, vedi tu quante cose super-interessanti. Dal nome Shevaree ad Arlecchino, con queste pratiche stranissime.
    In sostanza, chi andava a scassare il cazzo alla gente non faceva vivere una vita in pace... ma farsi gli affari loro no? Perché chiunque poteva capitare nel mobbing.
    Mi viene in mente sai cosa? Quei gruppi di persone pagati dai creditori, per sbeffeggiare pubblicamente il debitore, con musica e sceneggiate che fanno vergognare...

    Moz-

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    1. Più o meno è sempre la stessa cosa, e l'origine di queste usanze viene da questi antichi riti e mitologie. Che sembra strano, considerato poi cosa sono diventati.

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  7. Nella Russia di Pushkin (come riportato nella novella “Il duello”) venivano incatramate le porte delle case di gente adultera, come in molti paesi friulani una striscia di calcina (fatta nel pieno della notte) portava dal portone di casa di uno al portone di casa dell'altro di due amanti che si erano appena lasciati (presumibilmente per motivi di infedeltà). Pure questi devono essere esempi dell'antico charivari.
    Ermes Culos, 25/3/22

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    1. Sì e no. Da quello che racconti la finalità era abbastanza simile (sputtanare qualcuno nell'ambito della sessualità), ma la modalità è un po' diversa: nei casi da te citati viene fatto nel cuore della notte (in modo che chi punta il dito non si esponga), mentre nello charivari vero e proprio c'è una pubblica irrisione alla luce del sole, anche se a volte ci si presentava dalla vittima mascherati. Comunque lo charivari veniva applicato anche verso debitori insolventi, quindi non solo in caso di infedeltà o nozze disapprovate.
      Ma comunque interessante il contributo che hai citato, anch'io ci vedo dei parallelismi.

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