lunedì 16 novembre 2020

Ricordi Alimentari

Questo post trae spunto da un mio articolo uscito quasi due anni fa, quello dei Ricordi Organolettici. Non penso che ci sia bisogno di evidenziare il fatto che molti dei nostri ricordi sono legati a un momento conviviale, magari ad aver gustato quel piatto particolare, quel cibo che si è trovato così saporito e che poi non si è più riusciti a ritrovare. In questo post ho pensato di raccontarvi alcuni momenti passati legati al mangiare, che hanno lasciato dietro di loro un flusso di ricordi, assieme al contorno in cui quegli episodi si sono svolti.

Luglio 2019. Mi trovavo in vacanza ad Alassio. Una ventina d'anni prima c'ero stato per dieci giorni coi miei amici, e quando si usciva la sera, passavamo dal Budello, il labirinto di stradine nel cuore della città. Ogni sera andavamo a una gelateria che faceva granite siciliane, e io prendevo sempre quella allo yogurt, un gusto che di norma eviterei (la granita mi piace solo alla frutta), eppure quella mi piaceva un sacco. Prima di andare alla stazione per tornare a casa, sono voluto passare da quella gelateria, per prendere una granita e ritrovare quel sapore di tanti anni prima. Sono andato a sedermi sul pontile, a guardare il mare mentre la mangiavo. La granita era buona, però non era come la ricordavo, non saprei dire cosa ci avessi trovato di così eccezionale un tempo. 

Maggio 2019. A Biella c'è il birrificio della Menabrea, e affianco un ristorante dove se ne può ordinare un boccale piccolo, medio (mezzo litro), grande (un litro). Si può anche prendere quella non-pastorizzata, servita con del miele sul fondo, così più ci si avvicina alla fine del boccale, più si avverte quel sentore dolce. Quand'ero all'università c'ero stato con un mio compagno di corso e dei suoi amici; dopo tanti anni mi è capitato di passare da Biella per lavoro, così sono voluto tornare in quel locale. Solo che di lunedì era chiuso. Deluso, mi sono fermato in una pizzeria a cenare, prima di tornare a casa. Ho preso una Menabrea, anche se non la stessa che avrei voluto riassaporare. 

Novembre 2009. Mia nonna era mancata, così andammo in macchina fino in Calabria per il funerale. Dopo aver viaggiato per tredici ore (di notte ci fermammo per una sosta in un autogrill in Toscana, e mi ricordo il cielo pieno di stelle), avevamo appena superato la Basilicata: ci sarebbero volute altre quattro ore prima di arrivare. Così ci fermammo in una stazione di servizio per mangiare qualcosa: essendo partiti all'improvviso la sera prima, non ci eravamo portati dietro nulla. Io presi un panino con capocollo e provola, che mi fu messo a scaldare nel fornetto. Il pane dava seriamente da lavorare ai denti, ma quel panino era proprio buono, ancora oggi mi ricordo di quanto l'avessi trovato gustoso. 

Aprile 2003. Avevamo visitato Vienna e il cibo era terribile: in albergo avevano tentato di servirci della pasta stracotta diventata collosa, una specie di tortino puzzolente di krauti, e dei wurstel gommosi, che rifiutammo tutti quanti. Per due giorni siamo vissuti di McDonald. Poi ci spostammo a Praga, e allora nel tragitto ci ritrovammo in uno di quei luoghi al di fuori delle nazioni, che non era né in Austria né in Repubblica Ceca. Non essendoci tassazione, cioccolato, alcol e sigarette costavano pochissimo; io presi delle Mozartkugeln come regalo per un'amica. A pranzo andammo in un ristorantino; ancora oggi non ho idea di cosa ordinai esattamente, comunque mi fu servito una specie di lungo wurstel ripiegato a metà, immerso in quello che sembrava il sugo della carne (forse una qualche variante di gulasch). Quando lo mangiai, non ci credetti: era delizioso. Feci più volte la scarpetta col pane, rammaricandomi che non ce ne fosse di più: quel sughetto l'avrei finito volentieri tutto.

Aprile 2002. Eravamo appena usciti dalla visita al campo di concentramento di Mauthausen e, per quanto provati, eravamo tremendamente affamati. In Austria il cibo dell'albergo era terrificante, si salvava solo la colazione. Mentre tornavamo al pullman, ci imbattemmo nel chiosco di un kebabbaro. Lo so che potrebbe sembrare sconveniente che a poca distanza da quel luogo ci fosse un ambulante, ma avevamo fame, e lo assalimmo in massa. Prendemmo tutti un kebab, con pepe e cipolle, assieme a una bottiglia di birra. Era la prima volta che lo mangiavo, ed era talmente buono che ne presi pure un secondo (mit alles, cioè "con tutto"), e da allora non mi è capitato di mangiarne uno così delizioso. Mentre tornavamo in albergo, il pullman si era riempito di zaffate di cipolla e birra, ma anche dei nostri sospiri soddisfatti.  

Luglio 2001. Mia mamma è molto brava nel preparare torte e dolci, ma le mie preferite sono sempre state le crostate. Quand'ero bambino ad agosto si andava a Rocciamelone, una frazione collinare di Moncalieri, dove c'è un boschetto in cui crescono more selvatiche, di quelle belle grosse. Ne raccoglievamo qualche sacchetto, poi la maggior parte mia madre la usava per fare la marmellata, con cui poi preparava la crostata. Ricordo ancora adesso quant'era buona, ma la migliore in assoluto fu quella che preparò con della marmellata che aveva fatto con delle amarene che le avevano regalato. Era un sabato pomeriggio ed ero andato in bicicletta; quando tornai la torta era pronta, e la mangiai ancora calda di forno, accompagnandola con un bicchiere di latte. 

Luglio 1995. Con l'estate ragazzi dell'oratorio eravamo andati a Cavallermaggiore al parco acquatico Le Cupole. Nel tragitto di ritorno alla stazione, vidi uno degli altri bambini con un'enorme coppetta di gelato. Gli chiesi dove l'avesse presa, e mi indicò il posto: veniva solo 2000 lire. Ci precipitammo tutti quanti a quello che poi avrei scoperto essere lo spaccio della Biraghi (uno dei maggiori produttori lattieri del Piemonte): a quel prezzo incredibile (oggi 2 euro), davano una coppetta enorme di gelato al fiordilatte, quell'unico gusto, ma eccezionalmente buono. Le volte che sono andato a far lezione a Cuneo, una tappa lì è sempre stata d'obbligo.

21 commenti:

  1. Tua mamma dev'essere davvero brava come dici, la descrizione mi ha fatto venire l'acquolina in bocca. Per il resto, associo i miei ricordi alimentari quasi esclusivamente alla mia infanzia: le fragoline di bosco raccolte con le mie cugine in Trentino, e poi insaporite con lo zucchero (anatema per i denti! ma all'epoca poco importava), i lamponi grassi e carnosi, sempre di quelle parti, la torta allo yogurt di mia zia, alta e soffice e la torta di patate che poi è un piatto salato naturalmente.
    Ma anche sapori più "industriali" come l'ovomaltina, i biscotti plasmon e il latte condensato, sono per me come la madeleine di Proust!

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    1. Hai una sensibilità neurogustativa davvero fine... Anche del mio racconto del manipolo di pasticcieri che ferma una battaglia mi avevi detto che ti aveva fatto venire l'acquolina in bocca! 😁

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  2. Beh, in uno dei romanzi più famosi al mondo "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, l'autore sostiene che è riuscito a recuperare la memoria della sua infanzia grazie a una madeleine inzuppata nell'infuso di tiglio, che era la stessa colazione che gli serviva sua madre e, sentendeone il sapore, ha cominciato a "rivedere" vari momenti del suo passato.
    Personalmente credo che certi sapori sono speciali la prima volta che si provano, una volta che non sono più "originali" non fanno lo stesso effetto.
    Io associo certi gusti piuttosto ai luoghi. Gli arrosticini mi capita di mangiarli anche dalle mie parti, però come li fanno in Abruzzo è proprio un'altra cosa. La focaccia di Recco invece dalle mie parti proprio non sanno cosa sia, infatti la considero sempre un ottimo incentivo per andare in Liguria.
    Dalle mie parti però ho un punto di riferimento importante: un forno in un pesino vicino in collina dove fanno delle ciambelle al vino e anice speciali. Si tratta di un prodotto tipico nell'Italia centrale, le fanno ovunque, ma buone come quelle di questo forno non le ho mai trovate da nessuna parte.

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    1. Eh sì, hai ragione. Conta il sapore, ma quel sapore lo trovi solo in un determinato luogo. Quindi il ricordo è quello del sapore, ma anche del luogo, e si associano uno all'altro: un ricordo di un sapore che abbiamo amato ci fa amare il luogo dove lo abbiamo esperito, e un luogo piacevole è la cornice più adatta a un sapore speciale...

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  3. Davvero molto bello, questo post! Ho quasi percepito le tue sensazioni, e tra l'altro mi sta venendo una gran fame, ora che ci penso! Questo post mi ha fatto altresì pensare al buon vecchio Marcel Proust (di sicuro sai di cosa parlo)!
    Io, quando ero alle superiori, sono stata a Dublino e a Praga. A Dublino stavo con due mie compagna in una casa, eravamo state ospitate da una bravissima famiglia, però devo ammettere che il cibo faceva abbastanza pietà, per così dire. La pasta, all'estero, non la sanno proprio fare... Piena zeppa di aglio e portate esorbitanti. Mamma mia, si salvava solamente la colazione!
    A Praga, non mi ricordo bene cosa mangiai, ma la situazione fu decisamente migliore, anche se non mi piacque poi molto la città. Tra Barcellona e Praga, avrei mille volte preferito la prima meta, ma dato che tre "compagne" c'erano già state... ci è toccata Praga!

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    1. Di Praga mi ricordo quella piazza che si vede nell'immagine, e quella della primavera praghese, il ponte sulla Moldava e poi il cimitero ebraico, dove raccontai a due mie compagne di classe la leggenda del Golem.
      A Barcellona ci sono stato da bambino. Una delle tappe? Ovviamente la Sagrada Familia...
      La pasta all'estero non la sanno fare, ha ragione Checco Zalone:

      https://www.youtube.com/watch?v=UL0rdPcqEOc

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  4. Beato te, che ci sei stato!
    Di Praga ricordo anche io la piazza dell'immagine che hai allegato al post, quella mi era piaciuta tantissimo, a dire il vero!
    La leggenda del Golem? Devo informarmi a riguardo!
    Quanto al video... quanta verità! XD

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    1. Secondo la leggenda i conoscitori della kabbalah avevano il potere di fabbricare un gigante muto di argilla, a cui veniva infusa la vita, ma non l’anima. Bisognava intagliargli sulla fronte la parola emet (“verità”) e, camminandogli in circolo attorno, pronunciare i nomi segreti di Dio.
      Per distruggerlo il suo creatore doveva girare attorno a lui nella direzione contraria a quella utilizzata per crearlo oppure doveva cancellare la prima lettera della scritta sulla fronte, trasformando emet in met, cioè “morto”.
      I rabbini potevano usare il golem come servitore o come difensore del popolo dai suoi persecutori, come si raccontava avesse fatto il rabbino di Praga, per poi doverlo annientare quando la creatura si era invaghita di sua figlia.
      Ma è il mito di Frankenstein: il mostro che si ribella al suo creatore, il che affonda le radici nel mito archetipico della ribellione di Lucifero a Dio e poi quella dell'Uomo nel Giardino dell'Eden.

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    2. Wow, davvero interessante! Grazie per l'esauriente spiegazione :)

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  5. Volevo ricordare Proust anch’io, ma lo ha fatto già Ariano. Associare sapori a degli episodi del passato è una delle cose più automatiche che mi venga: è una sensazione che mi piace nove volte su dieci. Mi piace, per esempio, ripensare alle fette di pane e ciao crem che mi preparava mia madre mentre, intorno alle cinque del pomeriggio, mi mettevo davanti alla tv perché c’era la mia serie preferita: Orzowei oppure la pizza di ”Zi’ Cuncetta” durante la ricreazione al liceo (non ne ho più mangiate come quelle) e il famoso sciroppo antibiotico cremoso color rosa all’inconfondibile sapore di fragola? Ancora adesso, quando ci penso, mi sale il vomito. È vero che anche il ricordo di un sapore o di un profumo può risvegliare sensazioni fisiche vere e proprie, come se rimanesse la memoria dell’associazione fra le due cose?

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    1. Una pizza appena uscita dal forno. Calda e croccante, con la mozzarella che si scioglie e fila, e i salamini piccanti nascosti qua e là...
      Non stai già cominciando a salivare?
      Se basta una descrizione fatta da un'altra persona, figuriamoci un ricordo personale.

      Un celebre episodio. Portano una cameriera da Freud, perché non riusciva più a bere l'acqua, stava male e vomitava se solo ci provava. Stava morendo di disidratazione ed erano costretti a idratarla in maniera coatta. Freud la mette in analisi e scopre l'origine del suo disagio. La ragazza tempo prima aveva visto i suoi padroni usare una ciotola della servitù per dar da bere al cane. Il ricordo di quell'episodio, apparentemente banale, aveva scatenato in lei un trauma, scotomizzato e rimasto latente nell'inconscio, ma che a un certo punto era riemerso associando al bere l'acqua un'emozione di disgusto tale da farle rifiutare di bere acqua. Una volta maieutizzato, la ragazza era guarita, aveva risolto il trauma.

      Con gli odori l'effetto associativo è anche più intenso, perché la corteccia olfattiva è quella più vicina all'ippocampo, la struttura cerebrale deputata a immagazzinare i ricordi. E i sapori sono molto legati all'olfatto.
      Quindi ciò che proviene da gusto e odorato ha una presa fortissima sui nostri ricordi, al punto da farci rivivere vere e proprie sensazioni emotive, positive o negative che siano.

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  6. Non credo di avere grandi ricordi legati ai sapori.
    Tranne l’unico che ho ben vivo in me ed è legato ai dei banali toast .
    Quei toast che mi faceva mio zio nel suo bar quando ero piccolo.
    Facevo a gara con mio fratello a chi finiva per ultimo di mangiarli.
    Per far durare il più possibile il sapore.
    Sapore che non ho mai più ritrovato negli anni a venire.
    Lo stesso vale per dei piselli al sugo di pomodoro cucinati da un mio amico in campeggio a Riccione.
    Ricordo di gioventù spensierata..molto buoni.
    Pure quello è stato un sapore che non son più riuscito a replicare.
    Infine un ottimo cervo ( forse stufato boh?) con un buon sughetto che l’accompagnava mangiato a Pedavena in una birreria della Heineken.
    Mai più ritrovato quel sapore.
    Ma penso che non ho tantissimi ricordi legati ai sapori perché non son mai stato un grande amante della cucina in generale



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    1. Beh, magari i tuoi ricordi sono più legati ad altre vie organolettiche che non al gusto.

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  7. Io ricordo ancora con l'acquolina in bocca il gelato che mangiai parecchi anni fa a Bologna, appena uscito dalla macchina, perciò ancora morbido. In generale il gelato mi interessa poco, ma quello si è ritagliato un posto nella mia memoria.

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    1. Beh, allora doveva essere eccezionale!
      Anche se mi sembra strano, sentire che il gelato non ti interessa molto... Con una mia collega è una tradizione prendercene uno insieme l'ultimo giorno del corso estivo... E quest'anno abbiamo triplicato per rifarci del lockdown: una volta l'abbiamo preso in centro a Torino, un'altra vicino la Gran Madre, la terza dopo è venuto giù un nubifragio...

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  8. Mi è piaciuto molto questo post, perché racconta episodi vari, che terminano non sempre in modo che ci si aspetterebbe.
    Tipo, delusioni o non ritrovare il gusto di un tempo.
    Ovviamente questo penso valga per tutti... ma per dire, nel caso della granita, non può essere che sia stata cambiata in qualche componente, nel frattempo?

    Moz-

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    1. Non ti saprei dire... Certo, è possibile, ma era una gelateria siciliana, quindi fanno proprio la granita siciliana doc. Penso proprio che in quell'estate mi fosse piaciuto quel sapore e poi dopo tanti anni abbia cambiato gusti.
      In effetti ero tornato in vacanza ad Alassio già nel 2006 e anche in quell'occasione avevo preso quella stessa granita, ma non serbo memoria su come l'avessi trovata.

      Più che altro non era la granita in sè l'importante di quel momento, quanto ritrovarsi lì dopo tanti anni e constatare quante cose fossero cambiate nella mia vita.
      Vent'anni fa facevo il liceo, andavo in oratorio ed ero lì coi miei amici. Oggi sono un insegnante e tutte quelle persone ho smesso di frequentarle da molti anni, non ci si sente nemmeno più. Mangiare quella granita era un po' come tornare a quel tempo, ma solo per un attimo, perché anche se alcune cose di quel periodo mi mancano e non potranno più essere, c'è comunque la consapevolezza del percorso che si è scelto, forse con qualche rammarico, ma comunque quello è il percorso.
      Quindi il cambiamento nel modo di sentire il sapore di quella granita forse è metaforico dei cambiamenti occorsi nella mia vita.

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  9. Forse nel post non l'ho sottolineato abbastanza, ma le Mozartkugeln era davvero eccezionali... Quindi salviamo almeno la pasticceria austriaca!

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  10. Riflettendo sul primo episodio, quello della granita, mi chiedo se la differenza percepita era perché tu eri cambiato o se proprio il prodotto fosse cambiato. Dopo vent'anni, magari anche gli ingredienti cambiano leggermente e potrebbe essere che siano loro la causa della diversa percezione. Comunque è difficile da stabilire.

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    1. ok, ho letto ora l'intervento di moz che ipotizzava la stessa cosa. Però il fatto che fosse un posto dove facevano la granita doc non vuole dire. Penso che ce ne siano diversi che fanno quel prodotto e non è detto che tutti abbiano lo stesso sapore, quindi può essere che ci siano delle leggere differenze nella lavorazione e negli ingredienti.

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