mercoledì 25 gennaio 2023

Chimica in Books #1: Il Senso di Smilla per la Neve

Il Senso di Smilla per la Neve è un romanzo di Peter Høeg. Smilla Jaspersen è una giovane donna di Copenaghen, nata da padre danese e madre groenlandese, ed è una glaciologa, una studiosa del ghiaccio. Un giorno, rientrando a casa, scopre che Esajas, un bambino inuit che vive nel suo palazzo e a cui lei si è affezionata, è morto precipitando dal tetto. Smilla esamina il luogo della tragedia e, grazie a quel senso per la neve ereditato dalla madre e dagli anni vissuti in Groenlandia, intuisce dalla conformazione delle orme che il bambino stava scappando da qualcuno. La polizia ritiene il fatto un semplice incidente, mentre Smilla è decisa a far luce sulla vicenda, dietro cui scoprirà un’inquietante verità legata a una spedizione scientifica tra i ghiacci della sua terra d'origine. 

Il ghiaccio in apparenza sembra qualcosa di semplice, ma in realtà non è così. 
L’acqua è una delle poche sostanze la cui forma solida (ghiaccio) è meno densa di quella liquida (a parità di massa, il ghiaccio occupa un volume maggiore di circa il 10%): per il principio di Archimede, il ghiaccio galleggia sull’acqua. Il che è fondamentale per la vita marina delle zone artiche: lo strato di ghiaccio che si forma funge da isolante termico, e in questo modo l’acqua al di sotto rimane a una temperatura maggiore rispetto all’aria sovrastante. Questo è dovuto alla struttura cristallina del ghiaccio. La molecola dell'acqua (H-O-H) ha la forma di una V, con un angolo di legame di 104,5°; quando l'acqua solidifica le molecole si dispongono in modo da formare strutture in cui gli atomi di idrogeno si mettono a ponte tra di esse: l’angolo di legame si allarga fino a 109,5°, così da rendere la struttura solida più stabile, facendo assumere alla molecola una geometria perfettamente tetraedrica, che necessita di maggiore spazio rispetto al liquido.


La forma più comune dell'acqua allo stato solido è chiamata ghiaccio I, quella che a pressione atmosferica si forma alla temperatura di 0 °C. Ma non è l’unica: l’acqua, come molte altre sostanze, presenta il fenomeno del polimorfismo: un composto in grado di solidificare in più forme cristalline, le quali, oltre ad avere una diversa disposizione strutturale, presentano anche proprietà fisiche diverse. Esistono altre 14 forme cristalline del ghiaccio, che si ottengono in condizioni di elevatissima pressione, delle quali 3 sono fasi metastabili (il raggiungimento di una situazione di non-equilibrio tra fasi, ovvero una fase temporanea che può mantenersi a lungo stabile); inoltre l'acqua solida può anche presentarsi come solido amorfo (di tipo vetroso, ottenuto per brusco raffreddamento dell’acqua).

(diagramma di fase dell'acqua, che mostra in quale fase 
si trovi a seconda dei valori di temperatura e pressione)

Se il ghiaccio è una struttura accorpata, la neve è in forma di polvere, o meglio di grani: consiste di una dispersione di minuti cristalli di ghiaccio. Facendo un'analogia: il ghiaccio è come la roccia, la neve è come la sabbia. A differenza del ghiaccio, che è trasparente, la neve è bianca in virtù del fenomeno della diffusione della luce: essa viene infatti dispersa e scomposta dai piani reticolari dei vari cristallini che la compongono, e il risultato è una mescolanza di tutti i colori, che il nostro occhio recepisce nella totalità come bianco.
Nella lingua inuit esistono parole per descrivere le diverse forme e condizioni della neve, a seconda della situazioni, della sua consistenza e degli utilizzi che ne possono derivare: c’è la neve che scende, la neve che segna la fine della bella stagione, la neve appena caduta, la neve soffice su cui si fa fatica a camminare, i cumuli di neve morbida, la neve dura e cristallina, quella che si è sciolta e poi ricongelata, la neve su cui è piovuto sopra, la neve farinosa, la neve trasportata dal vento, la neve con cui il vento copre gli oggetti, la neve dura che cede sotto il peso dei passi, la neve fusa per essere bevuta, la neve ammucchiata e la neve più adatta a costruire gli igloo. In realtà è un fraintendimento circa la natura dei linguaggi polisintetici, che hanno una struttura della parola molto complessa, formata da più morfemi attaccati assieme, in cui possono comparire due o anche più radici lessicali. Gli inuit in effetti hanno poche radici base per la parola neve: qana è la neve che cade, mentre aput indica la neve come sostanza. I termini legati alla neve derivano da agglutinazioni linguistiche, cosa che ha originato la credenza per cui avrebbero centinaia di parole per indicarla. Tenendo conto del fattore polisintetico, studi antropologici hanno evidenziato che nei dialetti inuit e yupik esistono fino a 50 termini per la neve; nel linguaggio sami (lappone), che non è polisintetico, ci sono almeno 180 parole legate a neve e ghiaccio, e fino a 300 per i diversi tipi di neve, tracce nella neve e condizioni di utilizzo della neve.

8 commenti:

  1. Bella questa fusione tra chimica e letteratura. Il senso di Smilla per la neve è bellissimo romanzo, da cui ne è stato tratto anche un film che non trasmettono più da molto tempo. La struttura delle molecole del ghiaccio mi ha sorpresa: l'architettura dell'invisibile ( a occhio nudo).

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    1. La Chimica dello stato solido è molto complessa e sa riservare delle sorprese. Il romanzo è uno di quelli che si fatica a dimenticare (per fortuna).

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  2. Tutti questi modi, fantastico! E pensare che oggi abbiamo un emoticon per dire “Neve”,che racchiude tutto il senso del termine! :D
    Marina

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    1. Sì, tanti modi. Ormai quello che nel 1963 Vonnegut riteneva fantasia (il ghiaccio IX) a cui aveva dedicato un romanzo, è superato da tempo visto che si arriva fino al ghiaccio XV.

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  3. Ho visto il film tratto da "Il senso di Smilla per la neve", probabilmente non bello come il romanzo a giudicare dai commenti degli spettatori che avevano anche letto il libro.
    Il ghiaccio è il mio "nemico" naturale (soffro terribilmente il freddo) e quindi lo percepisco assai negativamente.

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    1. Io lo ricordo come un bel film, anche se mi pare di averlo visto prima di aver letto il romanzo (sono passati troppi anni...) Forse nel film si perde inevitabilmente qualche aspetto, per dare maggior peso all'elemento thriller del racconto.

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  4. Il senso di Smilla per la neve è uno dei pochi film che mi ha portato a leggere il romanzo, all’epoca lo trovai bellissimo.
    Quello che traspare è quella conoscenza approfondita di un elemento, la neve, che solo un popolo come gli inuit - costretti a convivere in un ambiente ostile e a trarne possibilità di vita - possono comprendere e amare. La neve per me ha la sua poesia nel ricordo, quando da bambina (quelle rare volte che nevicava in Puglia) prendevamo la parte più alta dal davanzale della finestra, la mettevamo in un piatto e la mangiavamo condita con il mosto cotto (una melassa derivante dall’uva al momento della vendemmia). All’epoca l’aria era pulita e non c’era l’inquinamento di oggi, era possibile mangiare la neve, forse oggi è possibile farlo in alta montagna, ma non ho l’esperienza.

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    1. Molto bello il tuo ricordo. Qua a Torino sono ormai tanti anni che non vedo più una nevicata tipo quelle di quando ero ragazzino.
      Mi pare che anch'io abbia letto il romanzo dopo aver visto il film, anni dopo, quando non me lo ricordavo più tanto. Ne ho persino una copia in casa.

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