domenica 1 dicembre 2019

La Vera Conta d'la Masca Sabroto

Al momento sono piuttosto impegnato a lavorare al mio ultimo libro: i tempi di pubblicazione si sono abbastanza allungati per via dei ritocchi finali che sto facendo in questi giorni, che hanno richiesto più tempo di quanto avessi preventivato. Siccome mi spiaceva lasciare tutto così in sospeso qui sul blog, ho pensato a un post che spero non sia soltanto un riempitivo. Torna infatti con un nuovo episodio la rubrica spin-off di Ore d'Orrore, dedicata a storie paurose al femminile. Nei due precedenti articoli abbiamo visto la storia della masca Micilina, la strega più famosa dei racconti popolari piemontesi. In questo nuovo appuntamento parleremo di un'altra celebre strega del folklore piemontese, quella Sabrota la Longia la cui vera storia forse non è quella più comunemente conosciuta... Perciò il vostro Dottor χ lascia ancora una volta la parola alla sua bella assistente Vulnavia, che è una grande esperta di streghe. Fidatevi, basta già vedere sua madre... 

Certamente, Dottore, la mamma di ritorno dal sabba non mancherà di farle avere un ringraziamento... Stia pronto a farsi una bissera o una bella smentia! 

Le Paurose Storie di Vulnavia:
La Masca Sabroto

Siamo nella zona del cuneese. La protagonista di molte storie che verranno in seguito raccontate in numerose varianti era Sabrota detta la Longia, o meglio ancora Sabroto, perchè nella lingua dell'Alta Val Maira le desinenze finali per i nomi femminili erano in “o”. E già questo nome era tutto un programma: sabrot vuole infatti dire “cattivo”. Cattivo era il padre, e cattiva era lei, come una sorta di eredità che le era stata trasmessa. Sabroto era quindi considerata una donna cattiva dai suoi compaesani, e veniva chiamata la “longio”, perché era lunga, alta e magrissima. E oltretutto anche molto brutta. Bastava già questo ad attirarle le antipatie dei compaesani, ma guai a chiamarla masca, ché non si poteva mai sapere... 
Come spesso avveniva, a Sabroto veniva imputata ogni disgrazia o droleria che capitasse, e sono molte le storie che si raccontavano su di lei. Si diceva fosse una smentieura, cioè che fosse dotata di capacità guaritive, grazie all'uso di erbe o forse di quella fisica di cui si sussurrava con circospezione. Ma anche che avesse dei poteri diabolici: che partecipasse ai sabba e potesse trasformarsi in gatto. Si raccontava infatti che in questa forma una notte avrebbe assalito un soldato che, sfoderata la spada, aveva colpito l'animale a una zampa, costringendolo alla fuga; e il medico del paese il giorno dopo si era dovuto recare da Sabroto proprio per curarle un taglio al braccio... 
A causa di una disputa un compaesano l'aveva trascinata in giudizio ed era stata condannata. Ma dopo di ciò tutti i figli dell'uomo erano morti uno a uno di un male misterioso. Allora l'uomo, armato di falcetto, si era recato da lei per ucciderla, ma d'improvviso era caduto a terra tramortito, e quando poi aveva ripreso i sensi, era divenuto folle, credeva di essere un cane, e si era messo a correre per la campagna abbaiando. Solo il prete con degli esorcismi era riuscito a guarirlo. 
Quando Sabroto morì gli uomini del paese si rifiutarono di portare la bara al cimitero. Alla fine tre coraggiosi accettarono, ma durante il tragitto avevano avuto l'impressione che la bara fosse un po' troppo leggera. Arrivati al cimitero, l'avevano infatti schiodata e avevano scoperto che era vuota... 
Questa è di certo la storia più nota sulla fine della masca Sabroto, ma non è l'unica che si racconti, e nemmeno quella più interessante. 
Già da dieci giorni nessuno in paese vedeva Sabroto. Così il parroco, spinto dai paesani, si era recato a casa sua. L'uomo l'aveva trovata indebolita, ancora più magra e secca: era prossima a morire. Il parroco le aveva allora chiesto se poteva fare qualcosa per lei, per alleviare quei suoi ultimi momenti. Ma in effetti non poteva fare nulla: Sabroto era una masca, e per morire serenamente, per non trapassare in preda ad atroci tormenti, doveva lasciare i propri poteri a qualcuno della famiglia. Solo che lì non c'era nessuno. Così aveva chiesto al parroco di darle la sua scopa, e l'uomo così aveva fatto. Allora Sabroto sembrò rianimarsi: montò sul bastone, d'improvviso le finestre si aprirono misteriosamente, e se ne volò via a cavallo della scopa. Il parroco, spaventato, scappò, tornando solo il giorno dopo per benedire la casa con dell'acqua santa e allontanarne i malefici. 
Le masche possono morire solo se riescono a trasferire i propri poteri a un altro, in genere un membro della famiglia, persino un uomo, che diventa così un framasun. Oppure a qualcuno che li accetti, ma di certo non il prete di un paese che non la riconosceva, dato che veniva rifiutata dai suoi stessi compaesani come membro della comunità. E se una masca non riusciva a passare i propri poteri, allora rimaneva a vagare nello spazio, nel nulla, come anima in pena, un'anima dannata.
Sabroto da allora non s’è più vista, però c'è chi dice che nelle notti di luna piena bisogna fare attenzione a quando non ci sono nuvole davanti alla luna, perché allora si può vedere la scopa di Sabroto che vola; e se si guarda bene si vede anche la masca sopra di essa. Perché, non essendo morta, Sabroto sta ancora vagando in cerca di qualcuno della sua famiglia a cui dare i propri poteri, e poter finalmente trovare la pace.

(fonte: racconto basato sulle testimonianze raccolte dai collaboratori di Alberto Borghini in Varia Historia - Narrazione, territorio, paesaggio: il folklore come mitologia)

13 commenti:

  1. Molto bello, il mio genere di storia. :)

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  2. Da un lato è una storia triste: una donna sola, emarginata e impossibilitata a trovar pace persino in punto di morte. Sicuri che fosse davvero cattiva? Forse era solo "incattivita" dal disprezzo gratuito dei compaesani.

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    1. E' esattamente questa la chiave di lettura da dare alla superstizione popolare relativa alle streghe: molte non erano che donne sole, a volte con problemi mentali, a volte invece depositarie di una sapienza antica legata alla natura, malvista da una società a stampo cristiano, e perciò emarginate da una comunità che non le capiva e non le accettava, ma che segretamente, per quanto le temesse, ricorreva a loro come guaritrici, levatrici, sapienti...

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  3. Non sono molto avvezza alle leggende e/o racconti di paura et similia, però wow, che storia! Di sicuro sul tuo saggio Ore D'Orrore ne incontrerò di "peggiori"... Quando lo leggerò ti saprò dire!

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    1. Nel saggio c'è un po' di tutto, comunque diverse pagine sono dedicate alla stregoneria in Italia, e alle masche in particolare.

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  4. Bellissimo racconto, tra folklore e gotico antico.
    Bisognerebbe capire quali avvenimenti hanno ispirato queste leggende sulla Sabroto.

    Moz-

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    1. La masca Micilina sembra risalga a un personaggio realmente esistito, mentre per quanto riguarda Sabroto sospetto che la sua sia più che altro leggenda . Leggenda che però racchiude in sè l'atteggiamento popolare verso certi individui ritenuti indesiderati, e perciò tenuti a distanza dalla società civile.

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    2. Si potrebbe risalire al posto preciso dove è successo ad esempio il fatto dei figli del tizio, morti a catena.

      Moz-

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    3. Ne dubito, perché sono storie molto antiche. Quella della masca Micilina risale al XVI secolo, per esempio. Inoltre questo è un racconto che viene narrato in più zone, non solo nell'Alta Valle Maira, ma un po' in tutto il territorio cuneese.

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    4. E allora nessun dubbio, è leggenda in tutto e per tutto.

      Moz-

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    5. Le leggende non muoiono mai...lo dicono anche i Dogo

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    6. Non so chi siano, ma indubbiamente è vero.
      Le leggende non muoiono mai, ma al massimo trasfigurano o si evolvono.

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