domenica 19 febbraio 2023

Il Tempo del Sogno

C’è un dedalo di sentieri invisibili che copre tutta quanta l’Australia. Gli Europei lo chiamavano Piste del Sogno o Vie dei Canti, mentre gli aborigeni Orme degli Antenati o Via della Legge. I miti aborigeni sulla creazione narrano di creature totemiche che nel Tempo del Sogno, l'epoca antecedente alla creazione, avevano percorso il mondo cantando il nome di ogni cosa in cui si imbattevano, e che attraverso il canto avevano fatto esistere il mondo. Il Tempo del Sogno è da intendersi in quello che noi chiameremmo dimensione: rimane accessibile agli aborigeni attraverso il sogno, grazie a cui possono comunicare con gli spiriti, decifrare il significato di presagi, comprendere le cause di malattie e sfortune. 


In principio la Terra era una pianura sconfinata e tenebrosa, separata dal cielo e dal mare, avvolta in un crepuscolo indistinto: Sole, Luna e Stelle non c’erano, perché si trovavano al di sotto della crosta terrestre. Il mattino del Primo Giorno al Sole venne voglia di nascere, così squarciò la superficie e inondò la Terra di luce. Alla sera la Luna e le Stelle lo imitarono. Assieme al Sole giunse il grande Serpente Arcobaleno, che risalendo dal sottosuolo verso la superficie creò rilievi montuosi e canyon, distribuendo acqua lungo la superficie. Sulla crosta terrestre si vedevano soltanto delle buche con dei molli ammassi di materia concentrati intorno a esse: ciascuna aveva però in sé l’essenza della vita, perché in ognuna dormiva un Antenato. Mentre le buche andavano riempiendosi d’acqua, il Sole iniziò a riscaldarle: allora gli Antenati si sollevarono, scrollando via il fango. Ognuno di essi, alzandosi, disse a gran voce “Io sono!”, aggiungendo poi: “Sono il Serpente... il Cacatua... la Formica del miele... il Bandicoot”. Da quel momento e per sempre quel primordiale dare nome fu considerato il distico più sacro e segreto del Canto dell’Antenato, il Sogno a cui sarebbero appartenuti i suoi discendenti, legati all’animale totemico di cui sarebbero stati fratelli. 
Gli Antenati si crearono quindi da sé con l’argilla, a migliaia, uno per ogni specie totemica. Perciò quando un aborigeno dice “ho un Sogno Wallaby” intende dire di appartenere al clan Wallaby. Ma il Sogno è più di un semplice emblema: ogni Uomo Wallaby ritiene di discendere da un Padre Wallaby universale, antenato di tutti gli uomini wallaby e di tutti i wallaby. Per quel clan uccidere un wallaby e cibarsene verrebbe considerato un atto di fratricidio e cannibalismo.


Ogni Uomo del Tempo Antico iniziò poi a dare il nome a tutte le cose del mondo, e con questi nomi intessé dei versi. Gli Antenati avevano dunque creato il mondo cantandolo: nessun aborigeno poteva concepire che il mondo fosse in qualche modo imperfetto. Essi non credevano all’esistenza di qualcosa finché non lo avevano visto e cantato: questo perché anche nel Tempo del Sogno il mondo non era esistito finché gli Antenati non lo avevano cantato. La vita religiosa aveva quindi un solo scopo: conservare la terra com’era e come doveva essere. 
Gli Antenati avevano percorso il mondo cantando e lasciando in ogni punto una scia di musica, avvolgendolo interamente in una rete di canto: queste Piste del Sogno rimasero sulla terra come vie di comunicazione fra le tribù più lontane. Un canto faceva da mappa: a patto di conoscerlo, si poteva sempre trovare la strada, ovvero ci si spostava seguendo una Via del Canto. Se un uomo deviava dalla propria via, sconfinava: il che poteva costargli un colpo di lancia. Se invece rimaneva sulla via, avrebbe sempre potuto trovare persone con il suo stesso Sogno, da cui aspettarsi ospitalità. La Via del Canto era un itinerario di scambi commerciali, anche se erano poi i canti, non gli oggetti, il principale strumento di scambio: il baratto degli oggetti era solo secondario a quello dei canti. Prima dell’arrivo degli europei, nessuno era senza terra, perché ereditava un pezzo del Canto dell’Antenato, di cui diveniva proprietario. 
Ogni clan conservava un certo numero di racconti del Tempo del Sogno, dei quali era responsabile. Gli anziani svolgevano il ruolo di custodi e avevano il compito di tramandarli alle nuove generazioni. Alcuni erano segreti e potevano venire rivelati solo a particolari individui o a gruppi: alcune storie del Tempo del Sogno erano conosciute solo dagli uomini, altre solo dalle donne. Se gli Anziani di un clan decidevano che era tempo di cantare il proprio ciclo di canti dall’inizio alla fine, inviavano messaggi lungo l’intera Pista: allora uno dopo l’altro tutti i proprietari cantavano il loro pezzo di orme dell’Antenato, sempre nella sequenza esatta. Perché invertire l’ordine dei versi era considerato un sacrilegio, sarebbe equivalso a distruggere il creato: di solito veniva punito con la morte. 


Il walkabout (ovvero il “giringiro”) era un'abitudine degli aborigeni per cui all’improvviso partivano, senza nessun preavviso e senza ragione, stando via per settimane, mesi, anni, attraversando a piedi mezzo continente, per poi tornare indietro come se niente fosse. L’uomo in walkabout compiva un viaggio rituale, calcando le orme del proprio antenato, di cui cantava le strofe senza cambiarne una parola o una sola nota: in questo modo ricreava il Creato. C’erano precise regole per tornare indietro, cioè giungere a una giusta morte, ovvero tornare cantando al luogo cui si apparteneva, il luogo del proprio concepimento, lì dove era custodito il proprio tjuringa (una tavola con estremità ovali, intagliata nella pietra o nel legno di mulga, con disegni che rappresentavano gli itinerari del proprio antenato). Così si poteva diventare (o ridiventare) l’Antenato, arrivando quindi a una sorta di eternità.

Fonte: Bruce Chatwin, Le Vie dei Canti

6 commenti:

  1. I miti e i rituali dei popoli primitivi, nella loro ingenuità, a volte sviluppano concetti e trame particolarmente complesse. Non a caso Borges diceva, scherzando, che la teologia e la filosofia potrebbero essere due rami della letteratura fantastica.

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    1. Non solo: è interessante notare che gli aborigeni australiani ritenevano che l'Uomo fosse venuto dal fango. Lo stesso nella Bibbia, nel Corano, nella mitologia egizia e in quella cinese. Per quanto si tratti di zone del mondo lontane e di culture diverse, il sostrato mitologico di base è lo stesso.

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  2. Quanta saggezza nei popoli antichi, mi piace molto il concetto: “Gli Antenati avevano dunque creato il mondo cantandolo: nessun aborigeno poteva concepire che il mondo fosse in qualche modo imperfetto.” Bellissimo

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    1. Anche nel Silmarillion Tolkien racconta che gli dei crearono il mondo attraverso cantando. Ma uno di loro, Melkor, inserì nel canto un accordo dissonante: e quello era il Male, che veninva inserito nel tessuto nel creato. C'è una certa affinità con le credenze degli aborigeni australiani.

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  3. Questo post mi ha fatto venire in mente il film Australia con Nicole Kidman. Devo dire che grazie alla tua spiegazione ora mi sono più chiari alcuni aspetti del film legati all'importanza del canto aborigeno. Grazie di questo approfondimento.

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    1. Quella degli aborigeni australiani è una cultura di cui conosciamo davvero poco, perché molto distante dalla nostra, e con questo non intendo dire solo in termini spaziali.

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