Ben ritrovati,
licantropine e licantropini miei. Avete passato un buon weekend? Come vedete, il
vostro dottore non si è ancora stancato di parlarvi di zombie, ma questa volta
ha deciso di puntare su di un diverso tipo di scienza: analizzarli anche da un punto di vista sociologico.
Perché, e questo vale per tutti quanti gli
archetipi dell’orrore, gli zombie non sono che una metafora, e per giunta
estremamente moderna nonché molto interessante...
Ore
d’Orrore
“Ci sono molte
buone ragioni per avere paura del buio”
“Ho sempre
simpatizzato per gli zombie, hanno un che di rivoluzionario. Rappresentano il
popolo solitamente senza idee autonome che a un certo punto, stanco dei
soprusi, si ribella” (George Romero)
Psichiatria
La sindrome di
Cotard è una rarissima condizione psichiatrica caratterizzata dalla
convinzione illusoria di essere morti, di avere perso tutti gli organi vitali oppure
tutto il proprio sangue. È anche detta “sindrome dell’uomo morto” o “sindrome
del cadavere che cammina”.
La sindrome è caratterizzata da un delirio di
negazione, con deliri ipocondriaci di depersonalizzazione somatica (mancanza di
stimoli sensoriali) con conseguente derealizzazione: il soggetto crede di non
avere più certi elementi che rientrano nella sfera personale o affettiva. Le
persone affette da Cotard credono che le persone care siano morte (questo
nonostante possano anche essere presenti nella stessa stanza con loro) o di
essere loro stesse morte o negano di avere certe parti del corpo.
Si suppone derivi da un’interruzione patologica
delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree
sensoriali, per cui nulla riesce più ad avere una qualche rilevanza emotiva per
il soggetto, al punto che l'unico modo per spiegare razionalmente la totale
assenza di emozioni è quello di credere di essere morti. La delusione derivante
dalla perdita della propria realtà individuale impedisce al soggetto di dar
senso alla realtà esterna, producendone una visione alterata. Una condizione
simile si ritrova in pazienti psicotici o affetti da schizofrenia, ma in questo
caso il delirio del paziente è privo di allucinazioni: ciò che cambia è il suo
modo di relazionarsi alla realtà circostante.
Da un punto di vista neurologico, si ritiene che la delusione
di Cotard (negazione del sé) abbia correlazioni con la sindrome di Capgras, dove il soggetto ritiene che le persone
attorno a lui siano state rimpiazzate da impostori (spiriti, demoni, in tempi moderni
alieni, cloni, androidi...) e con il delirio
di Fregoli, dove il soggetto ritiene di essere tormentato da persecutori
che si travestono per non farsi riconoscere.
Questi diversi tipi di delusioni (credenze disattese
dall’evidenza) si ritiene siano il risultato di un malfunzionamento in alcune
aree del cervello deputate al riconoscimento delle facce e nell’amigdala, la
parte del cervello che associa un’emozione a una percezione (ovvero l’emozione che
si ha al riconoscimento di una faccia). Questa disconnessione crea nel soggetto
l’idea che ciò che sta vedendo non è ciò che sembra, il che porta a una
derealizzazione. Se il soggetto osserva una faccia e non la riconosce, la
considera quella di un impostore, quindi sarà una delusione di Capgras; se il soggetto
vede la propria faccia in uno specchio, foto o filmato, e non la associa con la
visione di sé, il risultato è che riterrà di non esistere o di essere morto o
uno spirito, quindi la delusione di Cotard. Spesso tali sindromi sono in
realtà sintomi di altri disturbi neurologici.
Sociopolitica
Torniamo ora ad Haiti, dove la paura degli zombie
era piuttosto concreta: le popolazioni locali temevano gli zombie non tanto
come minaccia, ma piuttosto di divenire zombie essi stessi. I tradizionali
zombie erano infatti delle vittime, in quanto i loro
corpi venivano fatti risorgere per essere impiegati come lavoratori schiavi dai
bokor.
Si narra più realisticamente di individui haitiani
del ceto povero, indotti a uno stato di morte apparente da persone senza
scrupoli e frettolosamente sepolti dai familiari. Venivano subito riesumati e
sottoposti alla somministrazione di un blando antidoto che ne avrebbe
ripristinato le funzioni vitali, senza però restituire loro la volontà,
lasciandoli in uno stato drogato. Le vittime, incapaci di qualsiasi resistenza,
sarebbero poi state impiegate come schiavi nelle piantagioni di canna da
zucchero.
Storicamente, la paura degli zombie è stata usata
come metodo di controllo politico e sociale ad Haiti. Il regime dittatoriale
della famiglia Duvalier (1957-1984) esasperava il clima di superstizione sugli
zombie proprio a questo fine. Si ritiene anche che i bokor fossero al servizio
della Tonton Macoute, la brutale
polizia segreta del regime Duvalier.
La cosa interessante è che le storie provenienti dal
Sudafrica, dove questi miti hanno avuto origine, raccontano le medesime cose.
Dopo che vennero realizzate le linee ferroviarie per trasportare lavoratori
migranti, cominciarono a venir fuori storie a proposito di treni stregati:
all’apparenza dei treni ordinari, in realtà erano colmi di lavoratori zombie
controllati da una strega. Secondo le storie, le persone che salivano la notte su
questi treni venivano rapite e trasformate in lavoratori zombie, e poi condotti
lontano per essere utilizzati.
Sociologia
Lo zombie è un mostro diverso dagli altri. Non ha il fascino del vampiro, né la potenza del lupo mannaro e
nemmeno l’autocoscienza della creatura di Frankenstein; quello che più gli si
avvicina è la mummia, che però è elegantemente preservata dalla corruzione organica
grazie al processo di mummificazione. Inoltre lo zombie si discosta dai
classici archetipi del morto vivente: il vampiro e la mummia sono infatti dei mostri
aristocratici, che in vita appartenevano alle alte sfere sociali, mentre gli
zombie sono mostri proletari, in quanto in vita erano persone comuni. Facendone
un’analisi sociologica, possiamo notare che nei racconti classici vampiri e
mummie sono affrontate singolarmente, rappresentazione del popolo in
rivoluzione che combatte contro la figura di potere; invece nei racconti di
zombie sono loro a essere in gruppo, rappresentazione della rivolta sociale che
viene dal basso, di tipo proletario, riecheggiante le affermazioni dei diritti
del popolo, visti come massa e non come singoli individui, resi interscambiabili e parificati dalla morte.
È il 1968 quando esce La Notte dei Morti Viventi e la minaccia raccontata dal film
riflette il clima di tensione presente nella società americana, tesa a
mantenere la testa alta contro il nemico sovietico (compreso nella corsa allo
spazio), e l’eventualità di una guerra nucleare. Notare che l’apocalisse ha
inizio per le radiazioni dovute a una sonda sperimentale di ritorno da Venere. I
protagonisti, asserragliati in casa durante l’attacco degli zombie, sono una
rappresentazione dei cittadini americani che si rinchiudevano nei bunker
antiatomici per la paura di un attacco nucleare sovietico.
Anche le figure istituzionali di potere non sono
esenti dalla critica sociale di Romero. Nelle situazioni di emergenza il potere
ricade nelle mani degli organi di polizia e degli apparati militari. Il nero Ben
è l’unico dei protagonisti a sopravvivere all’orda di zombie, ma viene ucciso
dalla polizia, addestrata a sparare a tutto ciò che si muove senza preoccuparsi
se si tratti di vivi o di morti viventi. La critica qui va all’autoritarismo delle
forze dell’ordine e alle tante derive autoritarie dell'America di quegli anni.
È anche il periodo della Guerra del Vietnam,
dove la diacetilmorfina (eroina) diventò una vera abitudine tra le truppe
americane. Il nome eroina viene etimologicamente dalla parola eroe, sottendendo
la capacità di questa droga di accrescere il coraggio o l'incosciente
temerarietà del guerriero, che si lanciava in battaglia sprezzante del
pericolo, con la mente ottenebrata e manipolata al fine di eseguire gli
ordini ricevuti, senza preoccuparsi della propria sicurezza personale. Perduto
il controllo mentale, egli diviene un soldato-zombie, soggetto solo agli ordini
dei superiori.
Ma è poi in Zombie
(1978) che la critica sociale di Romero si fa più evidente e assume toni
grotteschi e sarcastici, con i morti viventi che passeggiano in un centro commerciale,
emblema del consumismo, dell’acquisto indotto
subdolamente. Esistono infatti precise disposizioni dei prodotti nei
supermercati, strategie studiate razionalmente a tavolino, in modo da spingere
a un acquisto compulsivo, facendo leva sulla sfera psicologica, ai limiti della
manipolazione: i primi che si incontrano sono quelli più acquistati nel
periodo, mentre davanti alle case si trovano prodotti come ovetti, cioccolatini
e caramelle, utili a zittire bambini piccoli che fanno i capricci o per ingannare
l’attesa prima del pagamento (anzi, sono proprio lì per indurre l’acquisto fino
all’ultimo momento di permanenza all’interno), e sono detti “prodotti
d’impulso”, in quanto acquistati sull’impulso del momento. I prezzi hanno
spesso numeri che si avvicinano di poco all’intero (esempio: 14,99 euro), in
modo che consapevolmente si conosca il loro vero valore, ma inconsciamente il
cervello registri la cifra più bassa vista dagli occhi. Inoltre nei
supermercati non ci sono finestre né orologi, in modo da far dimenticare agli
acquirenti lo scorrere del tempo (cosa che avviene anche nei casinò, peraltro).
La grottesca critica di Romero al consumismo, sta a
indicare ironicamente se gli zombie che passeggiano nel supermercato fossero
davvero cerebralmente meno vivi di quando lo frequentavano da viventi. La
figura dello zombie nasce come lavoratore schiavo, la cui mente è controllata
da qualcun altro; l’acquirente zombie è chi è stato psicologicamente manipolato
al fine di ottenere un acquisto impulsivo e spesso inconsapevole.
Questo perché lo zombie è una metafora. Zombie non è
l’essere che risorge dalla morte e si ciba dei viventi, bensì colui la cui
mente viene manipolata e controllata da altri, che ne influenzano i pensieri e
ne dettano le azioni, a scopi politici, economici, personali. Non sono gli zombie, bensì i loro manipolatori quelli che alla fine si nutrono, di soldi,
potere e prestigio. Perciò è sempre bene riflettere criticamente su ciò che
viene fornito dai mezzi di informazione, come le parole di politici, le pubblicità,
i programmi TV, e chiedersi se non si stia venendo manipolati. Solo allora si
può avere la certezza di essere soggetti consapevoli e non degli zombie.
Per oggi è
tutto, spaventose creature. Ma non è finita: l’appuntamento è a fra tre giorni,
con l’ultima parte dell’articolo. Non mancate, perché sarà qualcosa di molto particolare:
il vostro dottore vi parlerà infatti di entomologia zombie...
Bello il tuo articolo.
RispondiEliminaMi è piaciuto davvero tanto.
I riferimenti alla psichiatria sono i miei preferiti, ma anche l'analisi sociologica non è male. :-p
Mi viene quasi da fare il tifo per gli zombie...
Interessante la riflessione finale: io spero di essere ancora un essere libero e pensante; lo spero, vivamente! Ciao :-)
Di psichiatria e psicologia sociale non sarà l'ultima volta di cui parlerò. :P
EliminaInterrogarsi se si sia ancora davvero un pensatore libero, per me è segno di esserlo ancora. La capacità di autoriflessione e l'introspezione sono ingiustamente sottovalutate.
Veramente bella questa parte "sociologica": mi ha colpito moltissimo l'origine haitiana, per così dire -_-
RispondiEliminaNon avendo mai visto i film di Romero, mai avrei pensato ci fosse una critica così marcata alla società del tempo (ma appunto, ne possiamo riparlare per i tempi attuali, da quel che ho capito... :P)
Complimenti, davvero un bel lavoro!
Zombie di Romero è marcatamente una critica sociale, attualissima, peraltro, sì. :)
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