lunedì 21 dicembre 2015

Ore d’Orrore II – Zombie (parte 3)

Ben ritrovati, licantropine e licantropini miei. Avete passato un buon weekend? Come vedete, il vostro dottore non si è ancora stancato di parlarvi di zombie, ma questa volta ha deciso di puntare su di un diverso tipo di scienza: analizzarli anche da un punto di vista sociologico.
Perché, e questo vale per tutti quanti gli archetipi dell’orrore, gli zombie non sono che una metafora, e per giunta estremamente moderna nonché molto interessante...



Ore d’Orrore
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”

“Ho sempre simpatizzato per gli zombie, hanno un che di rivoluzionario. Rappresentano il popolo solitamente senza idee autonome che a un certo punto, stanco dei soprusi, si ribella” (George Romero)

Psichiatria
La sindrome di Cotard è una rarissima condizione psichiatrica caratterizzata dalla convinzione illusoria di essere morti, di avere perso tutti gli organi vitali oppure tutto il proprio sangue. È anche detta “sindrome dell’uomo morto” o “sindrome del cadavere che cammina”.
La sindrome è caratterizzata da un delirio di negazione, con deliri ipocondriaci di depersonalizzazione somatica (mancanza di stimoli sensoriali) con conseguente derealizzazione: il soggetto crede di non avere più certi elementi che rientrano nella sfera personale o affettiva. Le persone affette da Cotard credono che le persone care siano morte (questo nonostante possano anche essere presenti nella stessa stanza con loro) o di essere loro stesse morte o negano di avere certe parti del corpo.
Si suppone derivi da un’interruzione patologica delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree sensoriali, per cui nulla riesce più ad avere una qualche rilevanza emotiva per il soggetto, al punto che l'unico modo per spiegare razionalmente la totale assenza di emozioni è quello di credere di essere morti. La delusione derivante dalla perdita della propria realtà individuale impedisce al soggetto di dar senso alla realtà esterna, producendone una visione alterata. Una condizione simile si ritrova in pazienti psicotici o affetti da schizofrenia, ma in questo caso il delirio del paziente è privo di allucinazioni: ciò che cambia è il suo modo di relazionarsi alla realtà circostante.


Da un punto di vista neurologico, si ritiene che la delusione di Cotard (negazione del sé) abbia correlazioni con la sindrome di Capgras, dove il soggetto ritiene che le persone attorno a lui siano state rimpiazzate da impostori (spiriti, demoni, in tempi moderni alieni, cloni, androidi...) e con il delirio di Fregoli, dove il soggetto ritiene di essere tormentato da persecutori che si travestono per non farsi riconoscere.
Questi diversi tipi di delusioni (credenze disattese dall’evidenza) si ritiene siano il risultato di un malfunzionamento in alcune aree del cervello deputate al riconoscimento delle facce e nell’amigdala, la parte del cervello che associa un’emozione a una percezione (ovvero l’emozione che si ha al riconoscimento di una faccia). Questa disconnessione crea nel soggetto l’idea che ciò che sta vedendo non è ciò che sembra, il che porta a una derealizzazione. Se il soggetto osserva una faccia e non la riconosce, la considera quella di un impostore, quindi sarà una delusione di Capgras; se il soggetto vede la propria faccia in uno specchio, foto o filmato, e non la associa con la visione di sé, il risultato è che riterrà di non esistere o di essere morto o uno spirito, quindi la delusione di Cotard. Spesso tali sindromi sono in realtà sintomi di altri disturbi neurologici.

Sociopolitica
Torniamo ora ad Haiti, dove la paura degli zombie era piuttosto concreta: le popolazioni locali temevano gli zombie non tanto come minaccia, ma piuttosto di divenire zombie essi stessi. I tradizionali zombie erano infatti delle vittime, in quanto i loro corpi venivano fatti risorgere per essere impiegati come lavoratori schiavi dai bokor.
Si narra più realisticamente di individui haitiani del ceto povero, indotti a uno stato di morte apparente da persone senza scrupoli e frettolosamente sepolti dai familiari. Venivano subito riesumati e sottoposti alla somministrazione di un blando antidoto che ne avrebbe ripristinato le funzioni vitali, senza però restituire loro la volontà, lasciandoli in uno stato drogato. Le vittime, incapaci di qualsiasi resistenza, sarebbero poi state impiegate come schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero.
Storicamente, la paura degli zombie è stata usata come metodo di controllo politico e sociale ad Haiti. Il regime dittatoriale della famiglia Duvalier (1957-1984) esasperava il clima di superstizione sugli zombie proprio a questo fine. Si ritiene anche che i bokor fossero al servizio della Tonton Macoute, la brutale polizia segreta del regime Duvalier.
La cosa interessante è che le storie provenienti dal Sudafrica, dove questi miti hanno avuto origine, raccontano le medesime cose. Dopo che vennero realizzate le linee ferroviarie per trasportare lavoratori migranti, cominciarono a venir fuori storie a proposito di treni stregati: all’apparenza dei treni ordinari, in realtà erano colmi di lavoratori zombie controllati da una strega. Secondo le storie, le persone che salivano la notte su questi treni venivano rapite e trasformate in lavoratori zombie, e poi condotti lontano per essere utilizzati.

Sociologia
Lo zombie è un mostro diverso dagli altri. Non ha il fascino del vampiro, né la potenza del lupo mannaro e nemmeno l’autocoscienza della creatura di Frankenstein; quello che più gli si avvicina è la mummia, che però è elegantemente preservata dalla corruzione organica grazie al processo di mummificazione. Inoltre lo zombie si discosta dai classici archetipi del morto vivente: il vampiro e la mummia sono infatti dei mostri aristocratici, che in vita appartenevano alle alte sfere sociali, mentre gli zombie sono mostri proletari, in quanto in vita erano persone comuni. Facendone un’analisi sociologica, possiamo notare che nei racconti classici vampiri e mummie sono affrontate singolarmente, rappresentazione del popolo in rivoluzione che combatte contro la figura di potere; invece nei racconti di zombie sono loro a essere in gruppo, rappresentazione della rivolta sociale che viene dal basso, di tipo proletario, riecheggiante le affermazioni dei diritti del popolo, visti come massa e non come singoli individui, resi interscambiabili e parificati dalla morte.
È il 1968 quando esce La Notte dei Morti Viventi e la minaccia raccontata dal film riflette il clima di tensione presente nella società americana, tesa a mantenere la testa alta contro il nemico sovietico (compreso nella corsa allo spazio), e l’eventualità di una guerra nucleare. Notare che l’apocalisse ha inizio per le radiazioni dovute a una sonda sperimentale di ritorno da Venere. I protagonisti, asserragliati in casa durante l’attacco degli zombie, sono una rappresentazione dei cittadini americani che si rinchiudevano nei bunker antiatomici per la paura di un attacco nucleare sovietico.
Anche le figure istituzionali di potere non sono esenti dalla critica sociale di Romero. Nelle situazioni di emergenza il potere ricade nelle mani degli organi di polizia e degli apparati militari. Il nero Ben è l’unico dei protagonisti a sopravvivere all’orda di zombie, ma viene ucciso dalla polizia, addestrata a sparare a tutto ciò che si muove senza preoccuparsi se si tratti di vivi o di morti viventi. La critica qui va all’autoritarismo delle forze dell’ordine e alle tante derive autoritarie dell'America di quegli anni.
È anche il periodo della Guerra del Vietnam, dove la diacetilmorfina (eroina) diventò una vera abitudine tra le truppe americane. Il nome eroina viene etimologicamente dalla parola eroe, sottendendo la capacità di questa droga di accrescere il coraggio o l'incosciente temerarietà del guerriero, che si lanciava in battaglia sprezzante del pericolo, con la mente ottenebrata e manipolata al fine di eseguire gli ordini ricevuti, senza preoccuparsi della propria sicurezza personale. Perduto il controllo mentale, egli diviene un soldato-zombie, soggetto solo agli ordini dei superiori.
Ma è poi in Zombie (1978) che la critica sociale di Romero si fa più evidente e assume toni grotteschi e sarcastici, con i morti viventi che passeggiano in un centro commerciale, emblema del consumismo, dell’acquisto indotto subdolamente. Esistono infatti precise disposizioni dei prodotti nei supermercati, strategie studiate razionalmente a tavolino, in modo da spingere a un acquisto compulsivo, facendo leva sulla sfera psicologica, ai limiti della manipolazione: i primi che si incontrano sono quelli più acquistati nel periodo, mentre davanti alle case si trovano prodotti come ovetti, cioccolatini e caramelle, utili a zittire bambini piccoli che fanno i capricci o per ingannare l’attesa prima del pagamento (anzi, sono proprio lì per indurre l’acquisto fino all’ultimo momento di permanenza all’interno), e sono detti “prodotti d’impulso”, in quanto acquistati sull’impulso del momento. I prezzi hanno spesso numeri che si avvicinano di poco all’intero (esempio: 14,99 euro), in modo che consapevolmente si conosca il loro vero valore, ma inconsciamente il cervello registri la cifra più bassa vista dagli occhi. Inoltre nei supermercati non ci sono finestre né orologi, in modo da far dimenticare agli acquirenti lo scorrere del tempo (cosa che avviene anche nei casinò, peraltro).
La grottesca critica di Romero al consumismo, sta a indicare ironicamente se gli zombie che passeggiano nel supermercato fossero davvero cerebralmente meno vivi di quando lo frequentavano da viventi. La figura dello zombie nasce come lavoratore schiavo, la cui mente è controllata da qualcun altro; l’acquirente zombie è chi è stato psicologicamente manipolato al fine di ottenere un acquisto impulsivo e spesso inconsapevole.
Questo perché lo zombie è una metafora. Zombie non è l’essere che risorge dalla morte e si ciba dei viventi, bensì colui la cui mente viene manipolata e controllata da altri, che ne influenzano i pensieri e ne dettano le azioni, a scopi politici, economici, personali. Non sono gli zombie, bensì i loro manipolatori quelli che alla fine si nutrono, di soldi, potere e prestigio. Perciò è sempre bene riflettere criticamente su ciò che viene fornito dai mezzi di informazione, come le parole di politici, le pubblicità, i programmi TV, e chiedersi se non si stia venendo manipolati. Solo allora si può avere la certezza di essere soggetti consapevoli e non degli zombie.

Per oggi è tutto, spaventose creature. Ma non è finita: l’appuntamento è a fra tre giorni, con l’ultima parte dell’articolo. Non mancate, perché sarà qualcosa di molto particolare: il vostro dottore vi parlerà infatti di entomologia zombie...

4 commenti:

  1. Bello il tuo articolo.
    Mi è piaciuto davvero tanto.
    I riferimenti alla psichiatria sono i miei preferiti, ma anche l'analisi sociologica non è male. :-p
    Mi viene quasi da fare il tifo per gli zombie...
    Interessante la riflessione finale: io spero di essere ancora un essere libero e pensante; lo spero, vivamente! Ciao :-)

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    1. Di psichiatria e psicologia sociale non sarà l'ultima volta di cui parlerò. :P
      Interrogarsi se si sia ancora davvero un pensatore libero, per me è segno di esserlo ancora. La capacità di autoriflessione e l'introspezione sono ingiustamente sottovalutate.

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  2. Veramente bella questa parte "sociologica": mi ha colpito moltissimo l'origine haitiana, per così dire -_-
    Non avendo mai visto i film di Romero, mai avrei pensato ci fosse una critica così marcata alla società del tempo (ma appunto, ne possiamo riparlare per i tempi attuali, da quel che ho capito... :P)
    Complimenti, davvero un bel lavoro!

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    1. Zombie di Romero è marcatamente una critica sociale, attualissima, peraltro, sì. :)

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