lunedì 8 maggio 2017

Ore d'Orrore IV - Le Prede (parte 3)

Ed ecco quindi la terza parte dell'articolo che va a chiudere questa quarta, improvvisa quanto inattesa, stagione di Ore d'Orrore.
In questo particolare appuntamento abbiamo spostato la nostra indagine dalle figure archetipiche dei mostri, i predatori, verso gli eroi delle storie di paura, le prede.
Abbiamo già visto le loro prime tre declinazioni archetipiche. Non resta che esaminare le rimanenti due, e in questo modo andremo finalmente a chiudere il cerchio...


Ore d’Orrore
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”

“L'uomo, considerato da un punto di vista biologico, è il più formidabile degli animali da preda, il solo che divori sistematicamente la propria specie." (William James)

La Sgualdrina
L'emozione che connota questo archetipo è il disgusto, che preserva dalle malattie: permette di riconoscere la presenza di agenti potenzialmente tossici o nocivi, in modo da tenersene alla larga. Il disgusto è l’emozione delle storie volgari oppure ritenute riprovevoli da un punto di vista ideologico. 
La Sgualdrina è quindi la protagonista delle storie volgari; in questo caso si tratta di un archetipo adulto.
Quando la Sgualdrina diviene una preda, in genere è tra i primi a morire: un vecchio adagio dice che “in un film dell’orrore chi fa sesso muore”. Ricordate nel film Scream "Le regole per sopravvivere in un horror"? Dietro di questo c’è sicuramente un discorso di carattere moralista, ma anche perché tendiamo ad allontanare da noi tutto ciò che troviamo disgustoso. Ovviamente il sesso è la prima cosa che viene in mente parlando in una figura di questo tipo, ma più in generale la Sgualdrina rappresenta il personaggio che cede con troppa facilità agli istinti primari (cibo, comodità, sesso, divertimento), dimenticandosi del rigore morale e della razionalità, comportandosi in maniera stupida e ostentando in questo modo le proprie debolezze, cosa che viene immediatamente percepita dal predatore come un segnale per colpire. La sua caratteristica principale è infatti quella di essere impura: il disgusto può anche venire considerato come la paura della contaminazione, per cui c'è una certa preferenza a vedere sacrificata chi è già in parte contaminata. Nella classificazione di Vogler la Sgualdrina potrebbe ben rappresentare un esempio di antieroe.
L'effetto della diluizione è il modo con cui la maggior parte degli animali si difendono dai predatori, grazie alla formazione del branco, ovvero giocando sulla forza data dal grande numero di individui. Secondo poi la cosiddetta “geometria del gregge egoista” ogni individuo minimizza il pericolo per sé scegliendo la posizione e il comportamento che lo tiene il più possibile al centro del gruppo, che è quella maggiormente protetta dai predatori; quindi si osserva che il branco sembra agire come un tutt'uno, il suo comportamento emerge dal comportamento non-coordinato di individui che agiscono egoisticamente.
Alcune specie animali adottano una strategia chiamata mobbing, ovvero fanno uso di un atteggiamento aggressivo verso uno dei membri del branco (in genere tra i più deboli) spingendolo ai suoi limiti, in modo che sia una più facile preda: sacrificano il più debole per salvaguardare l'intero gruppo. Un'altra forma di mobbing, tipica di alcune specie di uccelli, consiste in una sorta di attacco di gruppo nei confronti del predatore: il primo uccello che avvista il predatore, lancia un grido di allarme (mobbing-call), in modo da avvertire il resto dello stormo della sua presenza, così che il predatore non abbia più la possibilità di agire di sorpresa; dopodiché il gruppo comincia ad attaccarlo e molestarlo con vocalizzazioni e attacchi diretti, allo scopo di distrarlo e confonderlo. Il primo uccello diviene però anche una più facile preda, si sacrifica per lo stormo. La Sgualdrina funge quindi da mobbing-caller verso il mostro, che attira con il suo cedere agli istinti primari.

Il Saggio
L'emozione che connota questo archetipo è lo stupore, che è quella dell’apprendimento: ci si stupisce di fronte a cose nuove o che deviano dalle aspettative, che perciò verranno ricordate con maggiore facilità e delle quali verrà messo in moto un processo analitico. Lo stupore è l’emozione delle storie di genere: la fantascienza e il fantasy, che accendono la fantasia, e i gialli, che mettono in moto il ragionamento.
Il Saggio è quindi il protagonista di fantasy, storie di fantascienza e gialli; nel corso del tempo questo archetipo si è incarnato in diverse figure: prima il mago, poi lo scienziato, oggi il mentalista. A differenza della Vergine, il Saggio rivolge la sua attenzione verso il mondo, è curioso di conoscerlo nella sua complessità, sia nei suoi elementi fisici che nelle persone. Si tratta di un archetipo adulto, che richiama la figura paterna. Restiamo affascinati dalla sua inventiva, dalla sua capacità di stupire, dalla sua saggezza, dalla sua creatività; ma ne siamo anche intimoriti, perché è depositario della conoscenza, la quale dà il potere, e queste non sono cose alla portata di tutti, ma solo di coloro in grado di intraprendere un percorso di iniziazione e di utilizzarle solo a scopi nobili. Il Saggio è l'eroe che vorremmo diventare: una figura amata, temuta, che si vorrebbe eguagliare e sostituire, proprio come il padre freudiano. Il percorso da Vergine a Guerriero fino a Saggio è esattamente quello del bambino verso l'adolescente fino all'adulto.
Quando il Saggio diviene una preda risponde con la razionalità: è quello che cerca di studiare il mostro per capire esattamente di cosa si tratta e come riuscire a fermarlo. Secondo la classificazione di Neumann si tratta quindi dell'eroe introverso, volto a portare la conoscenza per far andare avanti l'intera specie; in quella di Vogler potrebbe rappresentare bene l'eroe catalizzatore.
Alcuni animali hanno studiato a fondo il comportamento e le caratteristiche dei predatori, riuscendo a carpire i loro segreti: questo non solo per proteggersi da loro e poter cacciare in maniera vincente le proprie prede, ma persino per utilizzarli contro gli stessi predatori e addirittura contro i membri della propria specie, divenendo in questo modo i predatori più pericolosi esistenti in natura. Avrete ovviamente capito di chi stiamo parlando: l'Uomo non ha niente da invidiare a quei predatori di cui in un passato remoto aveva terrore. Se questi sono stati rappresentati simbolicamente dal mostro, una volta che gli vengono tolte tutte le maschere che indossa, ciò che si nasconde dietro di esso, alla fin fine, è proprio l'Uomo. Perché egli conosce se stesso molto meno di quanto gli piacerebbe credere, e se il mostro non è che una raffigurazione della paura dell'ignoto, allora per l'Uomo non esiste niente di più pauroso dell'Uomo stesso.


E con questo il nostro discorso sulle storie di paura può finalmente dirsi davvero completo. Mentre mi accingo a un nuovo terrificante esperimento nel mio lugubre laboratorio, in compagnia della mia bella assistente Vulnavia, il vostro Dottor χ vi saluta e vi augura come sempre buoni incubi.

10 commenti:

  1. Come sempre, un'analisi condotta benissimo. Mi hai fatto pensare a Elena, accusata sia della morte dei guerrieri Achei sia della caduta di Troia; una sorta di serial killer indiretto che non ha mai dimostrato nessuna malevolenza nei confronti di chicchessia. Si è soltanto limitata a dare soddisfazione ai suoi istinti primari, con una sorta di innocenza quasi animalesca.

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    1. Sì, ma nell'Iliade lei non è l'eroina, ma solo uno dei personaggi comprimari. Infatti il suo ruolo (che tu hai in effetti individuato nell'archetipo della Sgualdrina) è fuori posto come eroe: l'Iliade è una storia di avventura, quindi l'eroe protagonista deve necessariamente essere il Guerriero (Achille ed Ettore). Ci sono poi anche gli altri come comprimari: il Saggio (Ulisse), la Vergine (Patroclo). Invece non vi trova spazio il Buffone, direi.

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  2. “C'è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta” era uno dei dialoghi più impattanti di Matrix (ovviamente sono andata a pescarlo, perchè lo ricordavo distorto), che qui casca a pennello! Ho qualche difficoltà ad accettare l’archetipo dell’antieroina, dipinta come un essere amorale, molto stupido. E se fosse semplicemente avida e non necessariamente cretina? Ad esempio, mi vengono in mente Mata Hari e la misteiosa Fraulein Doktor

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    1. Provo a risponderti, anche se temo di dovermi dilungare. :)
      Premetto che l'antieroina non è un archetipo in nessuna teoria dell'eroe, compresa la mia.
      Quello che io ho fatto in questi post è elaborare una mia teoria personale sull'eroe. Ho individuato 6 tipologie di storie nella cultura umana (avventura, tragedia, commedia, licenziosità, fantasia, terrore) e a ognuna di esse ho associato una delle emozioni primarie secondo la suddivisione di Ekman e un corrispettivo protagonista (eroe).
      Sulle storie di paura ho fatto poi un ragionamento diverso: cosa succede se togliamo l'eroe dalla storia che gli è più consona e lo trasferiamo in una storia del terrore, i cui protagonisti sono i mostri?
      In questa mia analisi ho quindi fatto dei parallelismi con le teorie sull'eroe di Neumann e di Vogler, che sono di carattere più generale.
      Io invece sono andato nello specifico, perché il mio indagare è rivolto alle storie di paura: in esse la Sgualdrina può rappresentare UN ESEMPIO di antieroe. La sua connotazione è di chi cede ai bisogni primari (mangiare, bere, sesso, divertirsi) a discapito della razionalità e della moralità: nelle storie dell'orrore è questa la sua dimensione. In altri tipi di storie (per esempio nel noir) la figura dell'antieroe assume caratteristiche diverse.
      In realtà l'antieroe è qualcosa di molto borderline, in quanto personaggio negativo (esempio: Diabolik), perché l'eroe deve necessariamente essere positivo, per creare un modello evoluzionistico funzionale nell'individuo. Secondo la teoria del Viaggio dell'Eroe, l'eroe compie un viaggio, sconfigge il drago, conquista il tesoro, salva la principessa, porta ordine nel regno. L'antieroe affronta il drago e conquista il tesoro, ma non porta ordine nel regno, piuttosto il caos.
      L'avidità di cui parli si combina allora all'intelligenza per conquistare il tesoro: insomma il Saggio, ma in un'accezione che la Pearson definiva l'ombra dell'archetipo, una sorta di suo doppio antitetico, in cui l'antieroe trova una dimensione a lui più congeniale.
      Infine Mata Hari e Fraulein Doktor, essendo personaggi esistiti veramente, è difficile assegnare loro un archetipo: gli archetipi si incarnano in personaggi mitici. Ognuno di noi ha infatti le componenti dei sei archetipi di cui ho raccontato, che attraverserà nelle diverse fasi della sua vita (per questo ti rimando ai post successivi).

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    2. Sì, d’accordo. Avrei potuto parlare di Lilith, ma la sostanza non sarebbe cambiata

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    3. Lilith era una sorta di strega-vampiro mesopotamico. Allora non stiamo più parlando di antieroe, ma di antagonista dell'eroe. Cioè del sesto archetipo: il Mostro.

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  3. Bello vedere come gli archetipi continuino a vivere anche oggi, divenuti qualcosa di analogo ma nell'ambiente contemporaneo.
    Sesso=morte perché sopravvive la questione immorale, purtroppo (o per fortuna) è un cliché duro a morire retaggio di qualcosa che ormai abbiamo nel dna :)

    Moz-

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    1. Verissimo! Forse è uno dei più vecchi cliché delle storie di paura. Nel cinema questo connubio è stato lanciato da Venerdì 13 (1980), ma c'è sempre stato: basi pensare alle leggende della Donna-Cervo e di Aisha Kandisha di cui ho parlato tempo fa.

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  4. Molto molto interessante Marco! Sto salvando tutto 😉

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