Come sapete, sono un appassionato di film e letteratura dell'orrore, nonché del folklore riguardante le figure dell'immaginario horrorifico. Questo argomento è trattato ampiamente nel mio saggio Ore d'Orrore, che è anzitutto un testo scientifico. Dal mio libro ho preso quindi alcuni passaggi per la redazione di questo articolo.
I mostri delle storie dell'orrore sono esseri spaventosi che dall'oscurità inseguono e cercano di catturare i protagonisti per cibarsi e nutrirsi di loro. Vampiri, lupi mannari, zombie, demoni, fantasmi e streghe sono accomunati dall'avere una natura selvaggia e animalesca; sono infatti una rappresentazione della nostra paura atavica di essere cacciati e divorati, quella che i nostri antenati sperimentavano ogni giorno verso i predatori animali. I racconti del terrore vogliono difatti riprodurre le atmosfere e le sensazioni della caccia da parte di un predatore, facendo riemergere gli istinti ancestrali di sopravvivenza; lo scopo è di preparare chi fruisce della storia ad affrontare una reale situazione di pericolo, in cui venga messa in gioco la sua sopravvivenza. Quindi i protagonisti, ovvero le prede, devono cercare di sopravvivere alla caccia; ma inevitabilmente possono commettere degli errori che risultano fatali... ed è su di questi che si basano gli inevitabili cliché dei film horror.
Non scappare
La risposta fisiologica alla paura inizia nell'amigdala, una piccola struttura posta nel cervello, che sblocca il rilascio di alcuni ormoni: prima la corticotropina e poi l'adrenalina. Quest'ultima dirotta l'energia verso cuore, cervello e muscoli; grazie a questo apporto di energia l'individuo è pronto a fronteggiare la situazione paurosa, ovvero quella che lo vede in pericolo. Questo meccanismo di reazione a uno stimolo emotigeno è chiamato “reazione combatti o fuggi”: il soggetto può infatti decidere di combattere (reazione di attacco) oppure di scappare (reazione di fuga). Entrambe le strategie possono risultare vincenti, ma quando l'avversario è particolarmente forte e determinato, conviene scappare. Bloccarsi di fronte a un predatore o non scappare di fronte al pericolo imminente si rivela quasi sempre un errore fatale.
Salire al piano superiore mentre si è inseguiti
Alcuni animali adottano strategie difensive chiamate “comportamento sorprendente”, allo scopo di spaventare, distrarre o confondere il predatore, per metterlo in fuga oppure per guadagnare il tempo per poter fuggire. Salire al piano superiore di un edificio, da cui non c'è possibilità di fuga, è esattamente il contrario.
Fare sesso e/o ubriacarsi
Nel mio saggio ho fatto riferimento alla figura archetipica della Sgualdrina (che in poche parole sarebbe il ribelle). Nel modello neuropsicologico da me redatto, questo archetipo corrisponde all'emozione del disgusto e al neurocircuito della sessualità. Nei film dell'orrore il personaggio che incarna questo archetipo è in genere tra i primi a morire. Dietro di ciò c’è sicuramente un discorso di carattere moralista, ma in generale la Sgualdrina rappresenta il personaggio che cede con facilità agli istinti primari, comportandosi in maniera stupida e ostentando le proprie debolezze, cosa che viene immediatamente percepita dal predatore come un segnale per colpire: i predatori preferiscono infatti agire sul membro più debole di un gruppo.
Avere in casa una bambola inquietante
L’automatonofobia è la paura di tutto ciò che riproduce le fattezze di qualcos’altro, in particolare di ciò che rappresenta falsamente un essere vivente. Qui è presente il concetto freudiano del das unheimliche (ovvero “il perturbante”): quando qualcosa ci appare familiare ed estraneo allo stesso tempo, generando un sottile senso di inquietudine, dovuto in questo caso al non riuscire a decidere se ciò che si vede rappresenti o meno un pericolo. Più nello specifico, la pediofobia è la paura delle bambole: questo tipo di simulacro può assumere un forte carattere perturbante, in quanto è familiare perché ricorda il corpo umano, ma è estraneo per le dimensioni e per la raffigurazione, a volte grottesca.
Scendere in una cantina buia
Una certa predisposizione alla paura deve considerarsi innata, come risultato dell’evoluzione di meccanismi di difesa sviluppati per la sopravvivenza. Il rumore, il buio, l’estraneità, oggetti che crescono o avanzano improvvisamente, rievocano filogeneticamente quando piccoli animali indifesi subivano gli attacchi di predatori nascosti, e tutto questo ci è stato trasmesso lungo le linee della discendenza evolutiva. Il mostro nella cantina buia forse non c'è; ma istintivamente temiamo lo stesso che ci sia.
Acquistare una casa infestata
In una casa in cui si manifesta una presenza ci sono aspetti fortemente primordiali di territorialità. La tana e il territorio rappresentano per l’animale un luogo sicuro; per noi la casa assume anche una valenza di sacralità, legata a fattori ritualistici consolidati nel tempo. Nelle dispute per il possesso di un territorio ha in genere la meglio il possessore di quel territorio; così avviene per i fantasmi, che pur essendo intrusi nel territorio dei viventi, restano spesso legati a un particolare luogo, di cui ritengono di avere il possesso esclusivo anche dopo la dipartita dall'aldiqua.
Dimenticarsi che non muoiono mai
La cosa che desta maggiormente spavento è l’ubiquità della paura: può infatti presentarsi in ogni luogo e in ogni momento. La paura è stata anche definita "liquida", cioè capace di adattarsi al contesto sociale in cui si manifesta, come un liquido assume la forma del recipiente che lo contiene. Insomma, la paura ha la capacità di ridefinirsi continuamente, assumendo nuovi aspetti, e rigenerarsi in nuove forme. Meglio quindi accertarsi che quel serial killer sia davvero morto...
Leggere la frase in latino
Mi raccomando: è sempre una pessima idea... E anche mettersi a giocare con delle strane scatole: meglio evitare...
Mi raccomando: è sempre una pessima idea... E anche mettersi a giocare con delle strane scatole: meglio evitare...
Potete trovare il mio libro Ore d'Orrore - Un saggio sugli archetipi delle storie di paura cliccando qui.
"Scendere in una cantina buia"
RispondiEliminaDa piccolo avevo il terrore
Più che comprensibile, in fondo. I pericoli (reali e immaginari) possono essere tanti.
EliminaNon ho mai capito chi si tiene quelle bambole in camera da letto :D Dopo tutti i film che ci hanno fatto sopra...
RispondiEliminaIn effetti...
EliminaComunque, a parte che molte bambole, senza scomodare Annabelle e compagnia, sono perturbanti già di loro, c'è stato il caso tempo fa (però bisogna vedere se non fosse una storia costruita o fake) di una ragazza che le avevano regalato una ributtante bambola "zombie" (complimenti per il cadeau) e lei se ne era innamorata (letteralmente, da grande voleva sposarla). Lì però si parla di casi da psichiatra.
In "Scream" (non ricordo quale numero della serie) in una scena redigono proprio un elenco del genere, anche se un po' diverso dal tuo.
RispondiEliminaIo in genere reagisco alla paura... urlando (non so se sia una strategia vincente oppure no :-)
Si tratta del primo episodio della serie.
EliminaUrlare... Dipende. Se con l'urlo spaventi l'altro, mettendolo in fuga, si tratta di comportamento sorprendente, e quindi può risultare una strategia vincente. Ma se l'altro è molto determinato, è un po' come bloccarsi...
Aggiungo: non colpire il mostro avendone la possibilità, o colpirlo e lasciare l'arma conficcata nelle sue carni (arma che poi utilizzerà contro di voi...)
RispondiEliminaMoz-
Rientra in "dimenticarsi che non muoiono mai"!
EliminaIn quanti film l'abbiamo vista 'sta cosa?
Furba infatti Sidney nel finale di Scream 2...
Forse sopravvivere non vogliono, ecco il punto :D
RispondiEliminaDici che sono votati all'autoeliminazione? Potrebbe essere...
EliminaHo scoperto che moltissime persone hanno paura delle bambole. Non parlo di quella della foto, ma di bambole dall'aspetto innocuo.
RispondiEliminaPer quanto riguarda le case infestate (o i castelli), mi attirano moltissimo e allo stesso tempo ne ho una paura folle. Dico sempre che mi piacerebbe dormire in un castello infestato, ma, a parte che è un comportamento stupido come quello che descrivi, sono sicura che morirei dalla paura.
Anche delle maschere, se è per questo: si chiama mascafobia. I meccanismi sono grossomodo gli stessi di quelli descritti sopra, con l'aggiunta di un senso di pericolo per l'occultamento della componente emotiva rivelabile dalla mimica facciale.
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