lunedì 25 maggio 2020

La Nostalgia del Quotidiano

Nel racconto La Miriana, presente nel mio ultimo libro (che potete trovare qui)dopo un incontro casuale in una via di Torino Alessandro racconta a sua moglie un episodio del suo passato, e questo diventa l'occasione per loro di ripensare alle piccole cose quotidiane di quando erano ragazzi. E alle volte un incontro casuale è determinante nel creare il corso di una vita...
La nostalgia è quel sentimento dolceamaro suscitato da un ricordo, la rimembranza di un qualcosa di bello, ma associato anche a un senso di perdita; è la piacevolezza che si ha nel ricordare un momento della propria vita, accompagnato però dal malinconico rammarico che quel momento è ormai passato, e non tornerà più. La nostalgia è quindi tristezza e accettazione. Questa emozione viene innescata dal confronto tra il tempo presente e quello passato, confronto che spesso vince il passato, ritenuto il più delle volte migliore del presente: una caratteristica della memoria è la presenza di un filtro che altera la nostra percezione degli eventi passati, portandoci a vederne solo i lati positivi. È un bias cognitivo della memoria chiamato "retrospettiva rosea".

Nel racconto il senso di nostalgia è associato al ricordo dei tempi in cui i protagonisti erano ragazzi, ovvero gli anni Novanta, ripresi nel loro dialogare negli aspetti più popolari: il modo di disporre e di fruire dei prodotti di intrattenimento, cioè musica, film e telefilm, nonché i programmi televisivi. Il che dà poi il via a un inevitabile confrontare la società di ieri, più semplice e povera di mezzi, con quella di oggi, che per quanto ricca di possibilità, sembra aver perso qualcosa lungo la strada: l'immediatezza dei tempi attuali contro quel sottile e strano piacere dato dall'attendere le cose di un tempo.
Ma questo racconto si allinea a un trend più ampio. Negli ultimi anni su diversi prodotti il marketing è partito dal concetto di vintage ed è poi passato a puntare sulla nostalgia per una determinata decade, gli anni Ottanta, particolarmente ricca di prodotti di intrattenimento entrati a far parte dell'immaginario comune. Si è quindi assistito al fiorire di sequel, prequel e reboot di classiche serie televisive e cinematografiche, ma anche a prodotti originali che ne riprendevano gli elementi essenziali, a partire dall'ambientazione.


Si parla allora di retromarketing o marketing della nostalgia, la cui idea è di puntare sul passato per vendere meglio al presente. Riproporre vecchi prodotti di successo, perfezionandoli e adattandoli all’epoca attuale, oppure riesumare quelli un tempo famosi e poi dimenticati, o ancora concentrare l’attenzione su momenti generazionalmente decisivi. Usare vecchie idee, ormai assodate, per proporre nuovi prodotti. Ma da dove nasce tutto questo?
Stern attribuiva questa forte attrazione verso i prodotti generati dal fenomeno del retromarketing a quello che viene chiamato "effetto fin de siecle": si tratta di quella propensione che ci porta, all'approssimarsi della fine di un determinato periodo o evento, a volgere lo sguardo all'indietro, ricordandolo con nostalgia e provando il desiderio di poterlo rivivere daccapo. Essendo però passato, l'unico modo per poterlo fare è attraverso i prodotti che l'hanno caratterizzato, e che conservano un legame storico o emotivo con esso. Il passato ha infatti una serie di caratteristiche che lo rendono suscettibile di grande interesse, e così i prodotti a esso legati.
Secondo Davis oltre alla nostalgia personale esiste anche una “nostalgia di comunità”: un prodotto vintage può contare su una comunità di consumatori affezionati, che lo vede come sicuro e affidabile, mentre un nuovo prodotto parte da zero e lascia nell'incertezza. Le novità incuriosiscono, ma spaventano anche, mentre l'abitudine è confortevole e rassicurante.
Per raggiungere lo scopo del retromarketing, si ragiona su alcuni punti essenziali, chiamati "le 5-A". Allegoria è la storia che accompagna il prodotto. Arcadia è vedere il passato in maniera idealizzata, migliore del presente. Aura è l'autenticità del prodotto, se è in linea con la sua passata proposizione. Ardore è l'entusiasmo che il prodotto suscita nei consumatori affezionati. Antinomia rappresenta invece il paradosso del brand: la simultanea presenza di vecchio e nuovo, che si ha quando nel nuovo prodotto si va a negare o modificare ciò che nel vecchio era spiegato in maniera diversa.
Ma il vero paradosso è riproporre oggi qualcosa di ieri, in quanto rappresenta una devoluzione, un tornare indietro, quando invece la direzione dovrebbe essere di guardare al futuro, a qualcosa di nuovo, e non un ritorno a qualcosa di meno avanzato o di già visto. Si può però superare questo paradosso attraverso la fusione di vecchio e nuovo: reinterpretare il passato attraverso il progresso.
E proprio il confronto tra vecchio e nuovo, passato e presente, primitivismo e progresso, recita una parte fondamentale nel gioco. Spesso non è il prodotto in quanto tale che fa vendere, ma la discussione che si genera attorno a esso: è portare in scena il confronto tra l'originale e la sua riproposizione il vero gioco del retromarketing, non tanto il prodotto in sé. Perciò alla fine non importa se qualcosa era meglio nella versione originale di ieri o in quella riadattata di oggi, perché ciò che conta è mettere in scena questo confronto. E nell'intrattenimento si vende qualcosa di più del semplice prodotto: si vendono emozioni. Allora nei prodotti del retromarketing troviamo la gioia per un ritorno inatteso, lo stupore delle novità, la rabbia per un tradimento delle aspettative, la paura di sentirsi troppo vecchi per accettare i cambiamenti, la tristezza per il tempo andato.



Il successo del retromarketing sta quindi tutto nell’associare un prodotto o un marchio con il passato, per cui è il passato stesso a renderli desiderabili, a fornire quel qualcosa in più, a creare quell'aspettativa, a generare un bisogno che spesso non si sapeva nemmeno di avere: quello di potersi riappropriare di un pezzetto del proprio passato, rivivere anche solo per un istante delle sensazioni andate ormai perdute nello scorrere inevitabile delle nostre esistenze. 

19 commenti:

  1. In via generale non sono una nostalgica. O forse si... Non saprei. Non mi piace molto guardare al passato, il passato è una cosa che non rifarei. Forse per quello poi il retromarketing non mi piglia. Non mi piace neppure rischiare di rimanere delusa da una revisione di qualcosa a cui sono stata legata e che voglio ricordare esattamente com'era. Però mi ha molto affascinato il ragionamento delle 5-A. E in fondo è vero: ritrovarsi con un pezzo di passato tra le mani e negli occhi è sempre provare prima di qualsiasi altra cosa un'emozione.

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    1. In genere si guarda al passato quando non si è soddisfatti del presente. La spensieratezza dell'infanzia, l'assenza di responsabilità dell'adolescenza, le possibilità della gioventù... sono fortissimi attrattori, e il fatto di non poterli più avere, te li fa desiderare ancora di più.
      In realtà è molto umano guardarsi indietro, a patto che questo non totalizzi la tua visione del presente.

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  2. Io sono molto nostalgico ormai (per ragioni inevitabilmente anagrafiche ahimè, ormai ho scavallato la metà dell'esistenza) però il cosiddetto retromarketing non mi fa effetto. Preferisco reperire proprio il prodotto originale dell'epoca. E comunque la "magia della gioventù" (quella è la vera definizione) non può più tornare...

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    1. Guarda, anche quello può essere retromarketing... Facendo leva sulla tua nostalgia per un vecchio prodotto. Se di tua sponte cerchi qualcosa di originale è un conto, ma se questo è frutto di un'operazione di marketing, allora è retromarketing.
      Lo so, è sottile capire il confine dall'uno all'altro...
      Esempio. Vedi la nuova trilogia di Star Wars e ti dici "non mi piace". Intanto esce la vecchia in blue-ray a un costo interessante. Se l'acquisti perché sei affezionato ai vecchi personaggi, mentre quelli nuovi ti hanno deluso, e proprio per questo vuoi rivedertela... quello può essere retromarketing.
      Riproporre un vecchio prodotto, giocando sull'affezione per esso, aiutandosi grazie al contrasto col prodotto più recente verso cui si nutrono emozioni opposte.
      Avrai intuito che il retromarketing può essere considerato un caso particolare di neuromarketing.

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  3. A me ha colpito all'inizio, ma ad un certo punto il sentimentalismo nostalgico ha iniziato a stufarmi.
    Questa ciclicità di contenuto pop anni '80, a me non colpisce più, anche se ne mantengo comunque un barlume d'interesse.

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    1. Come in molte cose ha avuto un inizio con un precursore (Super 8), un momento di picco (Stranger Things) e una fase declinante (Summer of '84). Nell'ultimo citato si vede già la stanca di questo meccanismo, infatti in quel film titolo e assenza di cellulari a parte, poteva essere ambientato in qualunque decade, il che segna che questo tipo di prodotti sono già a fine corsa.

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  4. Molto bello questo post (anzi, la serie di post che hai iniziato)-
    Una tecnica che conosco, e che apprezzo molto. Tutta emozionale, scatena appunto una serie di cose su cui si può lavorare tantissimo. Il passato tira (sempre), specie se lo impacchettano preciso per noi.

    Moz-

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    1. Grazie, questa è una serie che ci accompagnerà per parecchie settimane. 😀
      Come dicevo sopra, il passato ha una serie di caratteristiche che lo rendono interessante, e così i prodotti a esso legati.
      Hallegatte individuava in esso cinque caratteristiche:
      - differente dal presente (qui si gioca la retrospettiva rosea, specie su chi si sente insoddisfatto dalla contemporaneità)
      - familiare (le cose che conosciamo sono rassicuranti, le novità incuriosiscono, ma spaventano; è il bias dello status quo)
      - inaccessibile (non possiamo rivivere il passato, perciò diventa un qualcosa che desideriamo ancora di più; cerchiamo di colmare questo insoddisfatto desiderio con un qualcosa che gli si avvicini un po')
      - significativo (è legato a determinati valori e idee)
      - liberamente interpretabile (la plasticità della memoria permette di ricreare il passato in maniera non vera, ma verosimile, alterandolo in positivo)

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    2. Il top è quando riesci a rinnovare e innovare... ma con familiarità e qualcosa che rimanda a...
      Tipo Stranger Things.

      Moz-

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  5. Ho visto questo post come tagliato perfettamente per le tematiche di Miki Moz.
    Io sono una nostalgica: ascolto canzoni del passato per rivivere quelle sensazioni e il bello è che, anche dopo anni, ritrovo intatte quelle stesse emozioni, di qualunque natura esse siano state. L’unica cosa che non farei è, però, tornare indietro: guardo al passato come a un bel viaggio già fatto, è quello che ho davanti a me che mi interessa. Il retromarketing ha il suo fascino, ma lascerei i ricordi invecchiare serenamente.

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    1. Quando torno in treno da una lezione in giro per il Piemonte, ascolto sempre una playlist di canzoni pop anni '80, per cui quelle canzoni sono associate al viaggio in treno e a volte alcune anche ai posti in cui sono stato, per cui si è creata una certa nostalgia attraverso di essa.
      Effettivamente come dici perdersi nel passato, nei ricordi, impedisce di vivere il presene e di costruirsi un progetto futuro.
      Penso però che abbia più facilità a guardare avanti chi ha alle spalle delle solidi costruzioni o vive in un presente realizzato: chi sente di aver perduto qualcosa indietro, di non essere riuscito ad assolvere quanto avrebbe voluto, si porta dietro uno strascico che continuerà a condizionarlo. A meno di trovare la forza morale di compiere i primi passi in avanti.

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  6. Chiunque mi conosca almeno un poco sa che sono una persona profondamente nostalgica, rimpiango sopratutto gli anni dell'infanzia, quegli anni 70 dove mi sembrava che piovesse sempre ma che la gente fosse più felice e meno stressata.Probabilmente sbaglio ma la nostalgia è proprio questo: infiocchettare i ricordi abbellendoli in maniera romantica e spesso ingannevole.

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    1. E' proprio quel fenomeno psicologico chiamato "retrospettiva rosea", citato all'inizio.
      Poi però l'articolo parlava di altro.

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    2. lo so che parlava d'altro ma l'inizio con la citazione mi ha colpito particolarmente. ;)

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    3. Ma citazione quale? Quella del mio libro?

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    4. SIIIIIII! Perché è bella la passione che ci metti nel collegare le cose e nel spiegare le cose associandole ai racconti che scrivi, poi la parola "nostalgia" ha avuto per me un effetto totalizzante facendo passare in secondo piano tutto il resto del post. Spero di essere stato chiaro adesso.

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    5. Ok, adesso sì. Ti ringrazio. :)
      Perdonami Nick, ma a volte uno ha l'impressione che quanto ha scritto - e magari ci ha lavorato per delle ore - venga passato distrattamente, magari commentando a senso o sulla base delle prime righe. Perché, fosse così, se da una parte il commentatore non ci fa una bella figura (e ne ho visto gente fare così su altri blog), dall'altra il blogger comincia a pensare di aver mancato l'obiettivo, di aver scritto in maniera poco chiara o magari pallosa, e allora che si commenti più per amicizia o bontà d'animo che altro.
      In questa serie sto cercando di costruire un qualcosa di significativo. Non lo so se ci sto riuscendo e non lo so come sarà recepito quando avrò terminato, ma spero di lasciare qualcosa con un significato, che ne valga la pena.

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