mercoledì 12 maggio 2021

Ti Piace la Mènta? Espressioni dello Slang Torinese

Ogni città ha un suo patrimonio lessicale caratteristico, che ne costituisce il cosiddetto slang, e Torino non è da meno. In questo post ho raccolto dei termini in uso nel capoluogo piemontese, privilegiando quelli attualmente più ricorrenti, specie nel gergo giovanile, assieme a espressioni tipicamente piemontesi, che sono proprie del modo di parlare dei torinesi. Alcuni di questi forse li conoscete, magari me li avete viste usare qui sul blog, ma altri penso vi risulteranno inediti.

Balèngo. Cretino, quindi analogo del più noto pirla milanese. Ovviamente va pronunciato con la è aperta alla piemontese.

Bom/Bo'. Intercalari che significano "basta" (da non confondere con boh, cioè "non so").

Brioche. A Torino nei bar non si prende un cornetto, bensì una brioche. 

Cabinotto. Termine, anche abbreviato in "cabina", che indica un appartenente a una subcultura giovanile di provenienza famigliare altolocata, caratterizzato dall'indossare capi di abbigliamento firmati e portare i capelli in genere con un taglio che ricorda i primi Beatles. Probabilmente la sua origine etimologica va ricercata nel darsi un tempo appuntamento presso le cabine telefoniche delle zone più ricche della città. Il suo corrispettivo milanese è il sancarlino.

Ciaparat. Letteralmente “acchiappatopi”; vuol dire “cialtrone”. 

Cicca. I mozziconi di sigaretta. Ma si usa anche per i chewing-gum.

Cicinin. Un pochino. Curiosamente a livello fonetico ricorda il cc (ossia il centimetro cubico, che corrisponde a 1 millilitro), termine di laboratorio che indica un piccolo quantitativo di soluzione.

Cicles. I chewing-gum. Il termine deriva dalla Manilkara chicle, pianta diffusa nell'America centromeridionale, dalla cui corteccia si ottiene il chicle, il lattice che in passato si usava come materia prima per le gomme da masticare. A questa pianta si deve il nome di una marca un tempo molto popolare in Piemonte: la Chiclets. 

Fare che. Tipica costruzione linguistica piemontese di derivazione dialettale (dal modo di dire fuma c'anduma), in cui si sottende il concetto di fare qualcosa perché al momento si ha il tempo di farla, così da non doverla poi fare in seguito; per esempio "faccio che prepararmi".

Figura da cioccolataio. Modo di dire che significa “fare una figuraccia”. La sua origine sembrerebbe venire da un episodio storico: nel XVIII secolo a Torino un cioccolatiere girava per la città con una carrozza trainata da quattro cavalli, quando invece i borghesi usavano un due cavalli; il Duca Carlo Felice se ne sarebbe risentito, così lo aveva fatto chiamare, chiedendogli di non ostentare la propria ricchezza, perché il re non poteva certo essere al pari di un cioccolataio. 

Gaggio. Una persona che si atteggia, rendendosi ridicola.

Gagni. I ragazzini; termine spesso usato dai ragazzi grandi come dispregiativo per quelli più piccoli.  

Già. Intercalare con intento rafforzativo; per esempio: "dov'è già quel posto?"

Peppia. Pettegola. Corrispettivo della zabetta milanese.

Pettinare le bambole/i bruchi. Modi di dire che indicano il dedicarsi a un'attività inutile che fa solo perdere tempo. 

Pistino. Persona precisina, un gran pignolo. Non si sa per certo quale ne sia l'origine etimologica, ma si può ipotizzare derivi dal piemontese pistè, ovvero "pestare", perché starebbe forse a indicare una persona che si intestardisce, che pesta su di un punto.

Scusa-una-domanda. Come spiegato in La Piccola Magia del Quotidiano (che potete trovare qui) «è il modo con cui a Torino indichiamo quelli che ti importunano per la strada per chiederti soldi per qualche associazione. Forse. Il loro nome viene dal fatto che non vengono mai subito al punto, ma attaccano bottone con una frase rituale, tipo: “Scusa, posso farti una domanda?”»

 

Solo. Avverbio usato come rafforzativo, come in: "ma stai solo zitto!"

Solo più. Locuzione che significa “soltanto”, per esempio in “me ne restano solo più due”, sottendendo però che di quel qualcosa prima se ne aveva di più. Tecnicamente sarebbe un errore sintattico, ma in Piemonte è molto usata, anche da autori del territorio come Luigi Einaudi, Piero Gobetti, Primo Levi, Guido Gozzano, Cesare Pavese, Beppe Fenoglio. Andrea De Benedetti in Val più la pratica insiste sulla sua funzionalità dal punto di vista del carico semantico: «Alcuni rampognano noi torinesi per l'uso dell'espressione "solo più", che darebbe luogo - orrore! - a un'insopportabile ridondanza. Se un tale mi dice: "ho solo una caramella", significa appunto che ne ha una, anche se sarebbe contento di averne di più; se invece quello stesso tale mi dice: "ho solo più una caramella", capisco che a) ne ha appena una e b) prima ne aveva di più.» 

Tagliare. Marinare la scuola.

Tamarro. A differenza di altre città (per esempio Milano) a Torino con tamarro si intende chi si metta in mostra con abbigliamenti vistosi o atteggiamenti volti a farsi notare. Etimologicamente il termine deriva dall'arabo tammar, cioè "venditore di datteri", perché usato per indicare una persona rozza e volgare.

Tarro. Giovane attaccabrighe.

Truzzo. A differenza di altre città, dove è un sinonimo di tamarro, a Torino con truzzo si intende un appartenente a una subcultura giovanile che proviene da famiglie di estrazione media, caratterizzato da un abbigliamento sportivo e da un taglio di capelli corto e spettinato a istrice col gel oppure, per un certo periodo della moda giovanile, leccato sulla fronte. 


Va bin. Espressione dialettale che significa “va bene”. 
Estate 2016. 
Studente (con tono conclusivo): “Va bin...” 
Io: “Ma «va bin» cosa?!, ché sono le 10:10 e l'intervallo è alle 10:30!”

Zarro. Più difficile a definirsi, essendo un qualcosa di affine sia al tarro che al tamarro, e legato all'ambiente delle discoteche; è quindi un corrispettivo dello zamatauro milanese. A tal proposito bisogna ricordare che sono di Torino sia Gabry Ponte che Gigi d'Agostino; quest'ultimo lavorava come DJ alla discoteca L'Ultimo Impero di Airasca, che divenne poi il Privilege citato nel video sopra.

12 commenti:

  1. Alcune le conoscevo, altre sono novità assolute. "Speruma bin" non ci andava perché tecnicamente è proprio dialetto, non gergo, giusto?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto. Infatti ho evitato espressioni come "boja fauss". Ho giusto tenuto quel "va bin" perché quello studente è diventato leggendario...

      Elimina
  2. Molte le conoscevo anche io, ma non le inquadravo in un'ottica torinese.
    Zarro si usava molto negli anni '90, truzzo penso sia così un po' ovunque (i famosi truzzi e gli emo dei primi anni 2000), tamarro anche io lo intendo così (vistoso e grezzo, abiti appariscenti, cafoni ma di marca, atteggiamento altrettanto cafone discotecaro)^^
    Su brioche non mi esprimo... derivazione napoleonica :D

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Zarro dalle mie parti in realtà non si usava tanto. Ho invece sentito dire una volta "zama", che è praticamente simile come significato.
      Truzzo a Torino identifica proprio un certo modo di essere, in netta contrapposizione al cabinotto, ma in altre parti d'Italia il truzzo è quello che a Torino è chiamato tamarro.
      Invece quello che a Milano viene chiamato tamarro a Torino è il tarro. In effetti so che è più diffuso il significato "alla torinese", il tamarro di Quarto Oggiaro come attaccabrighe che parla in un certo modo ("ow, minchia zio, mi stai fissando? vuoi una foto?") è proprio autoctono di Milano.

      Elimina
  3. ahahah bellissimo! Sono contenta che tu abbia menzionato l'espressione "Solo più" che uso anch'io e al tempo stesso quando ci penso mi fa ridere... così come le varie "volevo solo sapere", "stai solo zitto" e così via, si sa che il torinese ha sempre paura di disturbare.
    Ti saluto con un bel "minchia dio fa you know"

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, il bestemmione ancora non s'era visto su 'sto blog...
      Ci sarebbe poi anche l'espressione "non mi oso", sempre in tema di paura di disturbare, però ho pensato che venga utilizzata un po' dappertutto e non solo a Torino.

      Elimina
    2. Sorry, non volevo essere offensiva. Ho "solo" riportato un intercalare tipico delle periferie da pronunciare rigorosamente tutto attaccato. Ciao

      Elimina
    3. Eh, vuoi che non lo sappia? 😁
      Non mi sono offeso, non ti preoccupare...

      Elimina
  4. I dialetti, per me, sono belli proprio perché usano termini che colorano il linguaggio in vario modo. È stata interessante questa incursione nello slang torinese. Qualche espressione non mi è nuova, anche se non sapevo appartenesse alla tua regione: cicca, pettinare le bambole, anche l’accezione di tamarro. Da noi tagliare è caliare e il tamarro è lo zallo o il tascio.
    Ci sarebbe da scriverne un vocabolario intero. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Su tamarro credo che sia Milano che si discosta, vedo che la maggior parte dei regionalismi si allinea all'accezione torinese di tamarro.

      Elimina