domenica 31 ottobre 2021

La Chimica dei Supereroi #9: Spaventapasseri

In occasione di Halloween pubblico sempre un post a tema, e anche quest'anno non ho voluto essere da meno, con un nuovo episodio della rubrica La Chimica dei Supereroi. Parleremo infatti di un personaggio che ne incarna alla perfezione lo spirito: si tratta di uno dei più famosi nemici di Batman. 

Spaventapasseri 
Jonathan Crane, cresciuto dalla nonna, una fanatica religiosa che lo tortura psicologicamente, e bullizzato dai coetanei per il fisico esile, per cui viene chiamato Spaventapasseri, scopre il piacere di spaventare a morte le persone. Diventato docente universitario, si specializza nella psicologia della paura, ma viene cacciato per i suoi metodi estremi di insegnamento; si trasferisce allora al manicomio criminale dell'Arkham Asylum come psichiatra, dove conduce esperimenti sulla paura utilizzando i pazienti come cavie. Dotato di un'intelligenza eccezionale, è anche un esperto di Chimica: riesce a sintetizzare una neurotossina allucinogena in forma di gas, che concretizza le peggiori paure di chi la respira, inducendolo al panico. Divenuto un supercriminale, indossa un costume da Spaventapasseri con una maschera in modo da non subirne a sua volta gli effetti. 

Fisiologia della paura
La risposta fisiologica alla paura inizia nell'ipofisi, una ghiandola del cervello, che secerne la corticotropina, ormone che invia al surrene l’informazione di aumentare la produzione di cortisolo, un antinfiammatorio: il corpo vede nella paura un fattore di stress, segno di un possibile attacco verso l’organismo, e si comporta di conseguenza, alla stregua di un'infiammazione. Nell'amigdala, altra struttura cerebrale, si ha il centro di gestione della paura: questa fa in modo di sbloccare la produzione di adrenalina da parte del surrene, dirottando l’energia dove serve maggiormente a gestire la situazione. 
Le manifestazioni fisiologiche che ne conseguono sono: blocco del sistema gastrointestinale; abbassamento della temperatura cutanea, per cui in risposta si rizzano i peli e aumenta la sudorazione; aumento nella frequenza del respiro, con dilatazione delle narici e respirazione integrata mediante la bocca; aumento del ritmo cardiaco, così che cervello e muscoli ricevano un maggior apporto di ossigeno; il sangue fluisce verso di essi, defluendo dal volto, che diviene pallido, mentre i muscoli del viso fanno assumere l’espressione facciale connotata alla paura (sopracciglia sollevate, occhi spalancati con sguardo fisso, narici dilatate, bocca tesa, labbra allungate verso le orecchie); ne risulta quindi un incremento di energia nei muscoli, pronti a scattare, e nel cervello, pronto a valutare la situazione. 
Questo processo è immediato e automatico: in pochi istanti l’individuo è pronto a fronteggiare la situazione, in quanto il sistema neurocognitivo basato su istinto ed emotività è più veloce di quello che si basa sulla razionalità. Le azioni che ne scaturiscono sono accompagnate da una sensazione di sicurezza, derivante da una visione semplificata e immediata, che sacrifica l’accuratezza per la rapidità. Le risposte che si possono dare sono di combattere il pericolo o di fuggire via, sia in senso fisico che psicologico: questo meccanismo di reazione a uno stimolo emotigeno è chiamato “reazione combatti o fuggi”. Se invece la situazione non viene affrontata in uno di questi due modi, ovvero se la paura non viene gestita, allora si rischia di perdere il controllo (panico), fino a rimanere completamente paralizzati (terrore): si verifica il freezing, una sorta di “tilt” psicofisiologico.
Superata poi la situazione, i picchi di adrenalina calano, e il cervello rilascia endorfine, molecole con azione similare alla morfina, cioè calmante e rilassante: terminata la paura, ci si sente sollevati. Una conseguenza però è quella di “abituarsi” alla paura: il che di norma è positivo, in quanto serve ad affrontare con maggiore coraggio la vita, ma d'altra parte per raggiungere lo stesso picco di adrenalina sarà necessario uno spavento maggiore, che poi risulterà in un maggior rilascio di endorfine. Come l’abuso di morfina può dare dipendenza, è possibile sviluppare una dipendenza dal pericolo e la paura, ovvero da tutte quelle situazioni ad alto tasso di adrenalina, per via della risultante analgesica che ne deriva: ne consegue che l'individuo sia portato ad assumersi maggiori rischi e a provare sempre più soddisfazione nel farlo, per esperire le stesse sensazioni.
La paura va non solo affrontata, ma anche gestita, specie di fronte a situazioni reiterate nel tempo. Un eccesso di cortisolo indebolisce il sistema immunitario e ha effetti negativi sull’apparato cardiovascolare; a livello cerebrale distrugge i neuroni dell’ippocampo (struttura che si occupa della memoria) e fa lavorare molto l’amigdala: gli eventi connessi a una situazione paurosa verranno ricordati dando un maggior peso agli aspetti peggiori e tralasciando quelli che invece li ridimensionerebbero, associando al ricordo sensazioni negative quali ansia e preoccupazione. Ogni volta che l'individuo si trova a ricordare quella situazione, entra in una sorta di loop in cui rivive le stesse sensazioni, fino a cedere al panico. Il sistema della paura può infatti diventare ipersensibilizzato quando viene stimolato in modo intenso o per troppo tempo oppure ancora in maniera ripetuta nel tempo. 

Psicologia della paura
La paura viene intesa sempre negativamente dall'organismo del soggetto, che o tenterà di superarla oppure ne sarà sopraffatto: se l’individuo si trova di fronte a una situazione che riconosce come esperienza paurosa, può avere una reazione positiva che lo spinge a reagire e superare la paura, oppure averne una negativa che lo paralizza. Resta comunque un'emozione essenziale per la sopravvivenza, in quanto fa tenere lontani da tutto ciò che possa essere pericoloso, che si tratti di un pericolo fisico, emotivo o sociale. Ad attivare il sistema della paura è infatti la percezione di un pericolo, che può essere dettata dall'istinto (una paura innata), dall'emotività (per la presenza di fattori psicologici scatenanti) o dalla razionalità (per la conoscenza accertata di un pericolo, risultante dall'esperienza personale): perciò non è la situazione in quanto tale ad attivare l'asse della paura, bensì la percezione che ne ha l'individuo e la sua valutazione.
Esistono paure innate, come risultato dell’evoluzione di meccanismi sviluppati per la sopravvivenza e per sfuggire ai predatori: il dolore è l’elemento universale che stimola il sistema della paura, un'evoluzione della risposta fobica dei primi organismi (allontanamento immediato da ciò che causa dolore). Il sistema della paura all'inizio è “senza oggetto”, ma poi si connette all'esperienza psicosomatica, associandosi a situazioni della vita reale mediante un processo di apprendimento che è continuo nel tempo. Tale sistema non informa di ogni cosa di cui aver paura, perché molte saranno apprese nel corso della vita, nello stesso modo in cui lavora il sistema immunitario: non si è protetti da qualsiasi agente chimico o biologico con cui si potrebbe venire a contatto, ma nel momento in cui succede il sistema corporeo si preoccupa di produrre una risposta sviluppando specifici antigeni. Il sistema della paura rappresenta una protezione immunologica dal pericolo.
La paura può essere innata, ma anche appresa, attraverso esperienze dirette che si sono dimostrate pericolose, e persino insegnata: questa paura secondaria o derivata, indipendentemente dalla presenza o meno di una minaccia, orienta il comportamento dell’individuo dopo aver modificato la percezione che ha del mondo. Il condizionamento della paura è un processo per cui una cosa, persino se innocua, nella mente del soggetto viene associata a qualcosa di spaventoso, divenendo così un elemento da temere. Il principio è abbastanza simile a quello della sensibilizzazione allergica, in cui una sostanza, normalmente innocua, viene invece ritenuta dall’organismo una potenziale minaccia, facendo innescare la risposta immunitaria.
Le paure a cui è soggetto l’animo umano rientrano in tre tipologie. Le paure fisiche sono relative alla sopravvivenza individuale: il timore della malattia, del dolore e della morte. Le paure individuali riguardano un senso di inadeguatezza, ovvero il timore di non riuscire a soddisfare le richieste date dalle consuetudini sociali. Le paure sociali sono relative alla sfera relazionale: il timore di perdere o non di avere soddisfacenti rapporti affettivi, amicali, sociali. La natura specifica di queste paure è fortemente influenzata dalla società e dal tempo storico a cui questa appartiene, ma ciò che desta maggiormente spavento è l’ubiquità della paura, che con forme diverse può presentarsi in ogni luogo e ogni momento.

Se la paura e le sue svariate sfaccettature sono argomenti che vi interessano, posso consigliarvi il mio libro
Ore d'Orrore. Un saggio sugli archetipi delle storie di pauraA questo punto non mi resta che augurarvi un pauroso Halloween!

9 commenti:

  1. Effettivamente assuefarsi alla paura è particolare: se da un lato diventi un coraggioso, dall'altro rischi di non aver paura di niente e quindi di diventare incosciente. e non mi riferisco solo a, tipo, buttarsi con strani deltaplani e cose analoghe: immagina di non aver più paura nelle altre due tipologie... cosa accadrebbe?
    Forse saremmo meno legati agli altri, avremmo meno paura di lasciar andare/perdere le persone (amici, amori...) ma ci sarà anche un rovescio della medaglia, chissà.

    Grande invece Crane -un cognome non a caso-, personaggio bellissimo dell'universo di Batman sempre troppo poco sfruttato (l'exploit lo fece con Nolan).

    Moz-

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    1. Concordo. Assieme a Joker lo Spaventapasseri è il mio villain preferito di Batman. Tra l'altro, come per molti avversari dell'Uomo Pipistrello, ne rappresenta un'immagine speculare: Batman usa la paura per combattere il crimine, lo Spaventapasseri la usa invece per il crimine.

      Per quanto dicevi, non è tanto un'assuefazione alla paura, bensì il sano processo di gestione della paura: in quel caso si vive allora senza dover temere ogni momento la nostra mortalità, siamo in grado di andare oltre quando sentiamo di non essere all'altezza delle aspettative della società, ci lasciamo andare nei rapporti con gli altri senza temere che questi prima o poi finiscano.
      Quando smetti di gestire la paura, allora si vive in uno stato di perenne panico, in cui si ha paura di morire, di non essere adeguati, di soffrire di solitudine. In poche parole si ha paura di vivere, perché vivere è anche affrontare e gestire le proprie paure.

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  2. Molto interessante questo post, perfetto per Halloween ma non solo. Credo che, al di là di tutto, la paura sia un elemento essenziale per la sopravvivenza (come affermi). Io in certe situazioni tendo ad avere anche un eccesso di prudenza, ma mi serve soprattutto per sedare l’ansia...e non paralizzarmi.
    Bello il personaggio dello Spaventapasseri.

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    1. Bisognerebbe distinguere tra il significato psicologico e quello neuropsicologico della paura. Il primo intende la paura come un'emozione, quindi fondamentale apporto informativo dall'ambiente interiore ed esteriore dell'individuo. Il secondo è un'asse attraverso cui questa si esplica; più nel dettaglio si tratta del neurocircuito della paura e dell'ansia. Il suo scopo è quello di mantenere l'individuo lontano dal pericolo, ma al contempo di modulare anche l'ansia che questo comporta.

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  3. La paura serve comunque, e ti fa capire tante cose. Ma sai che lo Spaventapasseri nemico di Batman ricordo poco? Strano.

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    1. Forse, come dice Miki, come personaggio è stato sfruttato poco, nonostante il grandissimo potenziale. Comunque assieme a Ra's al Ghul era il villain di Batman Begins.

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  4. La paura è necessaria. Ricordo un programma di divulgazione scientifica in cui si diceva che un po' di "ragionevole" paura (non l'essere fifone, ma saper valutare oggettivamente una situazione pericolosa e le sue implicazioni) è basilare per la sopravvivenza poiché permette di non rischiare inutilmente la vita.

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    1. A titolo personale aggiungo che quando non si ha più paura dei rischi mortali talvolta è anche sintomo di apatia e del consolidarsi di uno stato depressivo.

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    2. La paura, essendo un'emozione, è importante, pertanto non va annullata, bensì gestita. Altrimenti diventa terrore e poi panico, quindi invece di essere noi a decidere nella situazione paurosa, è la situazione a decidere per noi.
      La depressione, parlandone in generale, subentra quando non si è in grado di gestire un'altra emozione, che è la tristezza.

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