sabato 29 aprile 2017

Ore d'Orrore IV - Le Prede (parte 1)

Immagino la vostra sorpresa: una nuova stagione di Ore d'Orrore? Ma la rubrica non era terminata?
Ebbene sì, il nostro percorso tra gli archetipi delle storie di paura si è concluso, ma il discorso è tutt'altro che completo: c'è infatti ancora un ultimo aspetto da considerare, e i post di quest'ultimo mese sono (anche) serviti a preparare il terreno per questo articolo molto particolare.
Un indizio era presente nell'ultimo di essi, che non a caso parlava ancora una volta della Paura...



Ore d’Orrore
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”

“L'animale da preda uccide senza odio, non è affatto "arrabbiato" con la creatura che si accinge ad ammazzare; nella sua preda l'uccisore non vede affatto un «tu»! Se si riuscisse a far capire al leone che la gazzella contro cui si accanisce è sua sorella, se si riuscisse a convincere la volpe a vedere un fratello nel leprotto, i due predatori rimarrebbero non meno stupefatti di molti uomini cui si ricorda che il loro nemico mortale è pur sempre un uomo. Solo chi non sa che anche la propria vittima è una creatura come lui può uccidere senza colpa." (Konrad Lorenz, L'anello di Re Salomone)

L'Evoluzione della Paura
Nell'ultimo episodio, abbiamo visto che a livello antropologico ciò che si nasconde dietro le storie del terrore è una raffigurazione della predazione: i nostri antenati ricreavano in questo modo la paura che provavano quotidianamente di venire cacciati e divorati dai loro predatori animali (un retaggio del nostro percorso evolutivo), allo scopo di prepararsi emozionalmente ad affrontarli, cosa fondamentale se si vuole riuscire a fronteggiare una tale situazione di pericolo e a sopravvivere.
Ma un po' per volta nel nostro percorso evolutivo le cose hanno cominciato a cambiare, anche se la paura, un'emozione più antica del genere umano, è rimasta comunque una componente fondamentale. Se i predatori animali facevano meno paura, grazie all'evoluzione tecnologica e alla nascita della civiltà, allora altre paure andarono a colmare quel vuoto che essi avevano lasciato. Il sempre maggiore sviluppo cognitivo faceva sì che l'Uomo cominciasse a porsi delle domande su se stesso, il mondo e la vita: domande sull'esistenza di forze superiori all'Uomo stesso, su che cosa fosse il Male, sul perché esistessero la violenza e la schiavitù, la malattia e la sofferenza, su che cosa fosse la morte e se ci fosse qualcosa dopo di essa. Queste erano alcune delle domande a cui gli uomini dell'antichità provavano a rispondere; ancora oggi la risposta a molti di esse rimane difficile, di alcune non la conosciamo, e ciò che non si conosce fa paura: perché è l'Ignoto la paura suprema dell'Uomo, ciò che da sempre lo spaventa maggiormente. Allora l'ignoto, in tutte le sue varie declinazioni, ha iniziato pian piano a incarnarsi in delle figure simboliche, perché ciò che può essere razionalizzato, può anche essere più facilmente affrontato: sono allora divenute degli archetipi della razza umana, entrando a far parte dei racconti di paura e andando a sostituire il ruolo che vi avevano avuto i predatori animali. Col passare del tempo tutto ciò si è trasfigurato nel genere horror. Cambiano le figure, cambiano i significati, ma non il loro scopo: preparare l’individuo a gestire la paura.

Ma l'uomo dell'antichità è andato ancora oltre e l'evoluzione sociale ha fatto sì che anche quelle paure venissero psichicamente metabolizzate e in larga parte il loro conflitto è stato risolto. Oggi i racconti dell'orrore non ci spaventano più, anzi, ci divertono persino. Provate però a pensare agli uomini dei secoli passati: le persone vissute nel Medioevo avevano una paura folle del Diavolo e delle streghe, nel XVIII e XIX secolo lupi mannari e vampiri avevano scatenato una sorta di isteria collettiva in tutt'Europa e nel XX secolo ad Haiti il regime dei Duvalier teneva sotto stretto controllo la popolazione locale grazie alla paura degli zombie. In realtà c'è da dire che non proprio tutto sia stato risolto: per esempio la paura della morte e di ciò che ne segue rappresenta ancora oggi uno dei nostri maggiori timori.
Quelle figure mitiche si sono evolute assieme all'uomo e nella nostra società moderna, molto più complessa, sono divenute simboliche di altri tipi di paura, che riguardano più la sfera sociale e relazionale che quella individuale o esistenziale: dinamiche relazionali disfunzionali, conflitti sessuali irrisolti, dipendenze fisiche e psicologiche, diseguaglianze sociali, accettazione nei gruppi sociali. Cambiano i significati, ma i simboli che vengono utilizzati restano gli stessi. E cambia anche lo scopo: farci riflettere sulla nostra società e il ruolo che in essa rivestiamo.

Archetipi dell'Eroe
Quindi tutto si evolve: dai nostri progenitori che avevano paura dei predatori animali, all'uomo antico che temeva l'ignoto, fino all'uomo moderno e alle sue paure sociali: il meccanismo psichico con cui questo avviene rimane lo stesso. E anche un'altra cosa non è cambiata, ovvero quelli che sono i veri protagonisti delle storie di paura, cioè noi. Perché come per i predatori (cioè i mostri) anche le prede hanno degli archetipi.
Diversi autori hanno individuato alcuni archetipi ricorrenti nella cultura umana. Secondo lo psicologo James Hillmann "gli archetipi sono i modelli più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell’anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo; sono le immagini assiomatiche a cui ritornano continuamente la vita psichica e le teorie che formuliamo su di essa." Moore & Gillette ne individuano 4: il re, il guerriero, il mago, l'amante. Carol Pearson ha creato un modello dove ne individua 12: l'innocente, l'orfano, il guerriero, l'angelo custode, il cercatore, l'amante, il distruttore, il creatore, il sovrano, il mago, il saggio, il folle.
Ogni storia ha per protagonista un eroe (o eroina), e quello del viaggio dell'eroe è forse l'archetipo più antico e più potente della razza umana: l'eroe che compie una cerca e giunge a sfidare il drago per la conquista del tesoro. A livello psicanalitico l'eroe è il bambino che lotta contro le difficoltà della vita per conquistare il divenire adulto. Anche nelle storie di paura ad affrontare il drago, cioè il mostro (che rappresenta la paura), ci sarà un eroe; il tesoro che riceve se esce trionfante dall'ordalia è una crescita morale e spirituale: sconfiggendo la paura assurge allora a qualcosa di superiore. 
Nella teoria psicanalitica di Neumann esistono tre tipi di eroi: l'eroe estroverso tende all’azione che cambia il mondo, quello introverso è un portatore di cultura, mentre il terzo tipo di eroe non ha come fine di cambiare il mondo, ma è proiettato al cambiamento di se stesso.
Secondo la classificazione di Vogler esistono sette tipi di eroe. L'eroe disponibile è attivo, entusiasta, motivato, si lancia nell’avventura senza esitazioni. L'eroe riluttante è passivo, pieno di dubbi e incertezze, ha bisogno di essere stimolato o spinto all’avventura da delle forze esterne. L'antieroe è dotato di caratteristiche negative, ma riceve lo stesso l’approvazione sostanziale del pubblico. L'eroe tragico presenta debolezze, non risolve mai i propri demoni interiori, al punto da venirne sconfitto e distrutto; può essere affascinante e avere delle qualità ammirevoli, ma alla fine se ne può persino disapprovare le azioni. L'eroe dedito alla comunità viene condotto dal proprio viaggio in una terra sconosciuta, lontana da casa, da cui poi ritorna alla fine alla sua comunità di origine. L’eroe solitario viene respinto dalla società e il suo habitat sono le lande selvagge, la sua condizione abituale è la solitudine. Infine l'eroe catalizzatore ha la precisa funzione di provocare una trasformazione negli altri, senza modificare se stesso, esattamente come avviene coi catalizzatori in chimica; interviene soprattutto per aiutare gli altri o guidarli nella loro crescita.
Io propongo qui cinque declinazioni archetipiche dell'eroe. Perché proprio questo numero? La risposta è semplice: ognuno degli archetipi che esamineremo è di norma inserito come protagonista di un particolare tipo di storia, correlata a una certa emozione. Ma cosa succede se viene cambiato il contesto e il personaggio viene spostato in una storia di paura, che rappresenta invece l'emozione dei predatori? Ovvero: cosa succede se il protagonista diviene una preda?

Per oggi è tutto. L'appuntamento è a fra quattro giorni con la seconda parte dell'articolo, in cui esamineremo i cinque archetipi delle prede.

8 commenti:

  1. Perfetto, allora aspetto questi cinque archetipi heroic-horror.
    Una cosa: oggi abbiamo semplicemente altri tipi di paure, alcune altrettanto ataviche, altre moderne.
    Le leggende urbane nascono per far leva su questo^^

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per risponderti, posso dirti che tra qualche settimana una blogger farà uscire sul suo blog un articolo proprio su questo argomento.

      Elimina
  2. Mi limito a condividere. Leggerti è sempre un piacere. ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, mi fa davvero molto piacere che questo lavoro venga apprezzato. :)

      Elimina
  3. Si preannuncia interessante. Ma già questo riassunto delle varie tipologie di classificazione dell'eroe lo è :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti si è scritto e ragionato molto su questo tema.

      Elimina
  4. Ho letto con grande interesse questa attentissima analisi: braverrimo! Ora attendo il seguito.

    RispondiElimina