lunedì 21 ottobre 2019

Viaggio Multimodale nell'Assenza

Tornano ancora una volta i Viaggi Multimodali, con una loro nuova riproposizione. La volta precedente abbiamo fatto un percorso di ritorno alle origini, viaggiando all'interno del viaggio stesso, nella sua essenza più significativa. Questa volta il percorso sarà invece più interiore e intimista, perché si tratterà di un viaggio nell'assenza, l'assenza di tutte quelle cose di cui sentiamo, spesso troppo tardi, la mancanza, perché ormai le abbiamo perdute.

Arte 
In questo malinconico viaggio nell'assenza ho scelto per l'arte uno dei quadri più famosi di Edward Hopper, I Nottambuli (1942). Nel dipinto è rappresentato un locale aperto a tarda sera, che dà su una strada illuminata malinconicamente dai lampioni di una città che sembra deserta: fuori dal locale non si vedono persone né macchine. Quest'opera potrebbe dare un'ideale raffigurazione delle atmosfere del noir, genere letterario e cinematografico nato alla fine degli anni Venti, per come lo si intendeva agli inizi (oggi noto invece come hard boiled): investigatori privati cinici e dal pugno facile che si barcamenavano in un'America messa in ginocchio dalla crisi economica del '29, che aveva reso i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. La strada fuori dal locale è deserta, ma anche al suo interno non c'è molta gente. Nessuna interazione tra i personaggi raffigurati, ciascuno dei quali è immerso nei propri pensieri, vicini nello spazio, ma lontani nelle emozioni. Il tema del quadro è proprio la solitudine, data dall'assenza di comunicazione, alla base delle relazioni tra le persone. 


Letteratura 
In questo struggente viaggio nell'assenza per la letteratura ho scelto di parlarvi di Cornell Woolrich. Un autore incredibilmente prolifico, una vera macchina da scrivere vivente: 25 romanzi e oltre un centinaio tra racconti e romanzi brevi. La critica  lo considerava l'erede di Edgar Allan Poe e lo paragonava anche a Francis Scott Fitzgerald. I suoi lavori erano erano gialli e noir, i romanzi raccontavano storie drammatiche avvolte in un'atmosfera cupa, che delineava l'animo affranto e disperato dei protagonisti. È stato l'ideatore del “romanzo nero”, quello che in tempi più moderni sarebbe divenuto il pulp, e il nero è proprio il colore che gli si associa immediatamente, tanto da averlo inserito nel titolo di sei dei suoi romanzi, noti come "la serie nera". Le sue storie prendono il via da un antefatto al limite dell'inverosimile, che getta i protagonisti in una spirale ossessiva e disperata, da cui cercano di uscire lanciandosi in drammatiche corse contro il tempo o dando inizio a spietate vendette, per poi concludersi il più delle volte in maniera tragica. Il tutto delineato da uno stile asciutto e ricercato, ma di forte impatto emotivo. Uno dei suoi racconti è molto famoso grazie alla trasposizione cinematografica di Alfred Hitchcock: La Finestra sul Cortile. 
Nonostante il successo, la vita di Woolrich fu drammatica, infelice e solitaria come quella dei personaggi dei suoi romanzi: la felicità sembrava assente dalla sua vita. Aveva un rapporto troppo stretto e dipendente dalla madre: alla morte di lei, cadde in depressione e perse la voglia di scrivere e di vivere. Incominciò a bere e a isolarsi dal mondo, fino a non uscire più di casa. L'alcolismo e la sua salute peggiorarono poi costantemente: si ammalò di diabete e trascurò un'infezione al piede, che gli andò in cancrena, per cui gli venne amputata la gamba. Trascorse gli ultimi giorni della sua vita su una sedia a rotelle, dimenticato da tutti, compresa quella critica letterara che lo idolatrava e quella Hollywood, così spesso luogo di sogni infranti, a cui aveva dato tanto. Morì nel 1968, solo e disperato, all'età di 65 anni. 

Cinema 
In questo triste viaggio nell'assenza per il cinema ho scelto un film che ho trovato strano, ma anche molto toccante: Se Mi Lasci Ti Cancello (2004). La pellicola ha vinto il premio Oscar per la miglior Sceneggiatura Originale. Il titolo italiano è stato scelto per cavalcare l'onda di altri film con un titolo simile, coi quali però non ha niente da spartire; peraltro il titolo originale era anche abbastanza bello: Eternal Sunshine of the Spotless Mind. 
Joel e Clementine vivono una turbolenta relazione e alla fine si lasciano. Lei si rivolge a una clinica che permette di cancellare ricordi specifici dalla mente: così elimina Joel dalla sua mente assieme a tutti i ricordi della loro storia. Quando Joel la cerca per fare pace, Clementine non si ricorda più di lui, come se non l'avesse mai conosciuto. Joel scopre quindi della clinica e decide di fare altrettanto, rendendosi però conto durante il processo, troppo tardi, di quale errore sia rinunciare ai propri ricordi, per dolorosi che siano. Dopo qualche tempo i due si rincontrano e si innamorano un'altra volta, ma l'ombra della cancellazione che hanno effettuato incombe su di loro, quando degli attivisti rivelano che si erano già conosciuti e avevano deciso di cancellarne il ricordo, distruggendo nuovamente la loro storia.

Musica 
In questo dolceamaro viaggio nell'assenza ho scelto per la musica la canzone degli Everything but the Girl Missing (1994). Il brano parla dell'assenza della persona amata, perduta nei tortuosi sentieri delle esistenze umane, fatte di tristi solitudini e malinconici ricordi, di comunicazioni mancate, di tutte quelle cose di cui solo troppo tardi comprendiamo l'importanza, e che vorremmo poter riavere indietro. Ma spesso il nostro rimane solo un desiderio. Lo struggente ritornello della canzone dice infatti: “E mi manchi, come al deserto manca la pioggia.” 


Mentre cala malinconicamente il sipario su questo post, intriso di nostalgici e soffusi ricordi, come al solito lascio a voi la parola: cosa ne pensate di questa riproposizione del viaggio multimodale?

42 commenti:

  1. Spunto interessante. Il tema dell'assenza è abbastanza vasto poiché "assenza" può riferirsi a numerose tematiche.
    Così su due piedi non riesco a dare contributi validi, devo rifletterci un po' su...

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    1. Prenditi pure tutto il tempo che vuoi! 😄

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    2. Un primo esempio che mi viene in mente è il film "Italia Germania 4-3" in cui si riuniscono degli amici ex sessantottini per una cena, e molti dei loro discorsi fanno riferimento all'amico "Baffo" che viene anche evocato in un flashback, ma visto di spalle, e non comparirà in nessun fotogramma del film.

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    3. Intendo: in nessun fotogramma del film nel tempo reale in cui si svolge la cena.

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    4. Un po' come una sorta di Godot, no?

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    5. No, perché in realtà loro sanno che non verrà alla cena in quanto vive a Cuba, o almeno così si dice. Lui simboleggia lo spirito sessantottino che loro hanno in gran parte perduto.

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    6. Quindi è l'assenza non solo come mancanza, ma come perdita.

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  2. Al di là del quadro che hai citato, tutta l'arte di Hopper è pervasa da un senso metafisico di assenza e di vuoto incolmabile. Lo stesso che domina la narrativa di Hemingway ( d'altronde li ho associati per questo distacco oggettivo anche in un mio post passato). A livello di cinematografia metto tutta la produzione di Terrence Malick, mentre con la musica sento questa assenza nei Velvet Underground.

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    1. Tempo fa ho letto un'antologia di racconti (Ombre) in cui ciascun autore prendeva spunto da un dipinto di Hopper per costruirvi la propria storia. Non credo che il risultato sia stato per tutti eccellente, in molti racconti mancava quel senso di desolazione emotiva che traspare dalla sua pittura.

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  3. Ottimo, bro!
    Non conoscevo la storia di quel povero scrittore... chissà cosa scatta nella mente per arrivare addirittura a isolarsi e lasciare che una infezione ti renda disabile!
    Forse proprio la fine della voglia di vivere, boh.
    Canzone bellissima che è sempre nelle mie playlist. Ovviamente superbo il quadro di Hopper (anche io penso sempre a qualcosa di hard-boiled).
    Film stupendo, il titolo italiano quasi lo fa passare per commedia, che invece non è.

    Moz-

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    1. Penso che quando non hai più voglia di vivere, della salute ti importi ben poco. La bottiglia è un lento suicidio.
      Adoro quella canzone, come ho già raccontato, fa parte della playlist che ascolto sul treno di ritorno da lezione.
      E mi stanno sul cazzo da morire tutti i film intitolati "Se mi... ti..." A parte quello di questo post, che è davvero bello. I traduttori italiani, bah.

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    2. Eh, adattare il titolo originale era difficile.
      Ma certo, poi han cavalcato l'onda del se scappi ti sposo.
      Se spassi ti scopo XD

      Moz-

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    3. "Se scappi, ti piglio a manate"

      La traduzione letterale sarebbe: "L'eterno splendore di una mente immacolata".
      Titolo difficile, ma proprio perché non è una commediola del cazzo come "Se scappi, ti sposo"

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  4. Per quanti riguarda le tue voci. A parte Hopper che ritengo insuperabile a livello emotivo anche se non è il più bravo. Non mi piace molto la musica degli EBTG (li trovo noiosi - parere soggettivo). Conosco invece lo scrittore che citi ma la letteratura è piena di romanzieri disperati. Non ho mia visto il film citato.

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    1. Per quanto riguarda Hopper, non credo sia una competizione. Questo tipo di post intende descrivere con mezzi diversi una sensazione o una tematica, e il quadro da me scelto ne dava una rappresentazione efficace. Anche Automat, ma l'avevo già usato.
      Non conosco molto della discografia degli Everything but the Girl. Oltre alla canzone di questo post conosco Each and Everyone, e mi piacciono molto entrambe.
      "La letteratura è piena di romanzieri disperati." Sì, e quindi? Anche la pittura, se per questo, è piena di artisti disperati. Anche la musica di musicisti disperati. Non ho capito il senso di questa frase.
      Il film è molto bello. Prova a recuperarlo.

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    2. Per Hopper come lo vedo io, nessuna competizione
      Per l'altro discorso Intendo che spesso il tipo di arte che portano avanti (allargando il discorso a pittori e musicisti) è il riflesso della loro stessa esistenza, al bando da mistificazioni.

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    3. Credo che qualsiasi artista, pittore, musicista o scrittore che sia, metta qualcosa di sè in ciò che crea, a partire dal proprio vissuto esistenziale. Ci sono poi quelli in cui questo riflesso è più forte.
      Per quanto riguarda Woolrich nello specifico, la disperazione e la depressione vera e propria iniziarono alla morte della madre e coincisero con l'abbandono da parte sua della scrittura. E anche della vita.

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    4. Chi si dedica a una qualsiasi forma d'arte - sempre che non sia per un approccio banalotto o modaiolo - lo fa perché sente un'assenza, chiamiamola filosofica, che non trova nella vita di tutti i giorni.

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    5. Quindi dici che l'arte è un modo per colmare quel vuoto che si prova per l'assenza di un qualcosa che si sente parte di sè, ma che non si riesce a trovare?
      Mi piace questa visione.

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    6. Il "nulla" è presente nell'opera di Faulkner in maniera preponderante. Van Gogh aveva una sete esistenziale incolmabile. I cent'anni di solitudine di Marquez sono come un criceto che gira sulla ruota dell'assenza. Lo stesso Cormac McCarthy non si sottrae da questa regola. Nel campo della musica penso a Jim Morrison che è stato mistificato dai suoi fan a livello popolare e a icona, ma era un personaggio affamato di sapere e anche lui schiacciato dal "nulla filosofico".

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    7. Difatti dei Doors non è la popolarissima Light My Fire la loro canzone migliore. Mi piacciono di più brani come Riders on the Storm oppure Indian Summer.
      E per ricondurci al tema credo che la più rappresentativa sia When The Music's Over, che dice: "Quando la musica è finita, spegni le luci", una frase che può avere svariate interpretazioni.

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    8. Senza dubbio, aggiungerei anche The end. Tra l'altro a proposito di Indian Summer avevo in mente un post sul mio blog - che per ora ho messo da parte - partito proprio da quella canzone. Il post verteva a dire il vero sugli indiani d'America, ma l'ispirazione un po' era dovuta un po' alla canzone citata.

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    9. C'era anche una bella canzone dei Poco con lo stesso titolo.

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    10. Sì i Poco, li ricordo ma non ricordo la canzone... Devo ammettere che - a parte qualche eccezione - non sono mai stato un vero fan delle varie correnti folk e rock della West Coast

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  5. Delle tue scelte sposo senza esitazioni quella di Hopper. Moltissimi dei suoi quadri mi aprono un mondo di ricordi e sensazioni, perfino a dispetto della lontananza culturale e geografica delle nostre rispettive esperienze di vita. Potrei guardarli per ore senza annoiarmi. Anche se di tutta la sua opera finora ho visto dal vero solo "Drugstore" del 1927.

    Per la musica, molto piacevole la canzone che hai scelto. Io scelgo senza dubbio "Perduto Amor" di Adamo. Accompagnata dalle parole di Franco Battiato (che con lo stesso titolo di questa canzone ha intitolato il suo primo film), che l'ha descritta come "tre accordi che ti spalancano un universo".

    Per la letteratura, molto interessante la scelta dello scrittore di cui non sapevo finora nulla. Diciamo che invece di scegliere la strada più breve come R.E.Howard, ha reagito alla morte della madre con un suicidio a "rilascio lento". Per quel che mi riguarda, scelgo qui la struggente parte finale di "Viaggio a Ixtlan" di Carlos Castaneda, che ruota attorno a questa poesia di Juan Ramon Jiménez (Il viaggio definitivo):

    E me ne andrò. E resteranno gli uccelli
    a cantare:
    e resterà l'orto, col suo albero verde
    e col suo pozzo bianco.
    Ogni sera il cielo sarà azzurro e placido:
    e suoneranno, come questa sera,
    le campane del campanile.
    Moriranno quelli che m'amarono,
    e la gente si rinnoverà ogni anno:
    e in quell'angolo del mio orto fiorito e incalcinato
    il mio spirito errerà, nostalgico...
    E me ne andrò: e sarò solo, senza focolare, senza albero
    verde, senza pozzo bianco,
    senza cielo azzurro e placido...
    E resteranno gli uccelli a cantare.

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    1. Non avevo idea che Howard si fosse suicidato a 30 anni, anche visto l'invidiabile corpus narrativo che ha lasciato.
      Davvero bellissima la poesia che hai lasciato. Mi fa tornare in mente "Cadrà dolce la pioggia" di Sara Teasdale.

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    2. Sul suicidio di Howard: http://swords-and-veeblefetzers.blogspot.com/2011/03/epic-illustrated-34-death-of-legend.html
      Oppure il film "Il mondo intero" di Dan Ireland.

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    3. Non avevo idea fosse stato fatto un film su Howard.

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  6. Sarà che lo sto leggendo e ci sto un po' in fissa, ma a me quel quadro ricorda tantissimo le atmosfere delle storie dedicate a Philip Marlowe di Chandler.

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    1. "Quest'opera potrebbe dare un'ideale raffigurazione delle atmosfere del noir, genere letterario e cinematografico nato alla fine degli anni Venti, per come lo si intendeva agli inizi (oggi noto invece come hard boiled)"

      L'iniziatore dell'hard boiled può essere considerato Dashiell Hammett, ma il suo maggior sviluppatore è stato sicuramente Raymond Chandler.

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  7. Il tema dell'assenza è un tema ricco di numerosi spunti che spesso si intrecciano con un passato che pur non esistendo più, continua a permanere dentro di noi. È pur vero, però, che alle volte l'assenza (di qualcuno, in particolare) può giovarci nel qual caso una "presenza scomoda" incomba sulle nostre vite. Mi piace ricordare una frase di Oscar Wilde che ho spesso riscontrato in particolare nella mia vita liceale: "Regala la tua assenza a chi non dà valore alla tua presenza." Ecco, quando il confronto con una persona sfocia nella totale indifferenza e nel totale disprezzo (per "motivazioni" spesso futili legate a tornaconti od opinioni personali nei tuoi confronti alquanto ingiustificate), è sicuramente un bene lasciar correre e rimanere se stessi, cercando sempre e comunque diversi spunti di autocritica.
    Per il tema letterario, mi viene in mente il poeta maledetto Baudelaire, un uomo terribilmente depresso e affranto da una forte solitudine che permane moltissimo nelle sue opere (per esempio nella poesia "L'Albatros"). A tal proposito, egli diceva: "Quest’orrore della solitudine, questo bisogno di dimenticare il proprio io nella carne esteriore, l’uomo lo chiama nobilmente 'bisogno d’amare’". Per l'arte, mi verrebbe in mente Van Gogh, mentre per il cinema penserei a "Ghost", bellissimo e struggente film con Patrick Swayze. Per la sezione musica... Beh, come non citare i miei amati Genesis anche in questo caso? Per questo dolceamaro viaggio nell'assenza, come da te stesso definito, scelgo "For Absent Friends", la brevissima (ed unica) composizione cantata da Phil Collins in Nursery Cryme.

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    1. In questo post ho messo in luce un certo aspetto dell'assenza, quello legato alla mancanza di qualcosa che vorremmo poter riavere indietro. Assenza come elemento scatenante della nostalgia e della malinconia.
      Non avevo invece pensato, come hai fatto tu, all'interpretare l'assenza come privazione di qualcosa di spiacevole. L'assenza in quel caso diviene allora sollievo.
      Probabilmente l'assenza di alcune persone che ho conosciuto è per me del secondo tipo, mentre è l'assenza di cose più impalpabili, come situazioni e momenti piacevoli, a essere del secondo tipo e a darmi una nostalgia.

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  8. Non so se parte dal mio sistema limbico ..ma mi è venuta un’intuizione : non è che il tuo prossimo romanzo sarà un noir ?

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    1. Il mio prossimo libro non sarà un romanzo e non sarà un noir... E' un insieme di racconti (pochi, perché lunghetti) di un genere per me un po' diverso dal solito.
      Ma non anticipo altro! 😁

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  9. Mha...mi trovo d’accordo con quello che dice Ariano.
    L’assenza ha vari registri di interpretazione.

    Quella più intima è la mancanza d’amore.
    Che già l’amore comprende una miriade di sfaccettature.
    La solitudine è un assenza ma a volte qualcuno decide di voler rimane da solo intenzionalmente...quindi in quel caso per me non è una mancanza di qualcosa .
    Non è una situazione imposta dove sei succube .



    Sul quadro di Hopper non discuto ..ognuno nell’arte ci vede quello che vuole.
    È soggettivo il giudizio.
    Tanti ci vedono la mancanza di comunicazione.. e la solitudine.
    Di lui scrivono che ama dipingere il silenzio.

    Io ci ritrovo nei Nottambuli di più quell’atmosfera dei film noir degli anni 40 , quasi il quadro fosse la foto di una scena di un film.


    Letteratura... te descrivi un autore che ha vissuto il dramma della solitudine.
    Non lo conosco.
    Non so che altro aggiungere.
    Ma effettivamente tanti artisti più che farne un dramma...come scrivevo sopra hanno scelto la solitudine come compagna amata di vita.
    Forse perché la loro arte non li faceva sentire soli.
    Sarà perché li ho letti da poco ma in De Sade e Lautreamont ci vedo la mancanza della morale comune.
    Come In tanti altri ci trovo la mancanza di Dio.
    È un assenza pure quella.
    D’altronde se metti una a privativa davanti ad una parola ..sai quante assenze trovi?


    Film .
    Ci vedo poco “assenza” nel film che citi.
    Perché da entrambi i protagonisti c’è stata la volontà di “ cancellare “ l’altro dai propri ricordi .
    È stata una scelta ponderata , non subita.
    Pensa all’ assenza che ti lascia una persona che non c’è più.. a le parole che volevi dire a qualcuno e che non potrai più farlo perché sfortunatamente era troppo tardi.
    Credo ci sia una differenza abissale.
    Che poi alla fine lo scrivi pure te delle persone che ti lasciano e resta un vuoto.
    Film che mi vengono in mente sull’assenza ...che poi l’assenza se vuoi è pure il ricordo di un sentimento , è un punto di non ritorno .
    Ti suggerisco A ghost story di David Lowery .
    Ma resto fermo sul significato intimo di assenza perché se dovessimo esaminare anche altri aspetti di quel termine ci sarebbe solo da sbizzarrirsi a trovare titoli.
    Musica
    Mi viene in mente un concept album dei Cranberries molto triste dedicato a quelle persone che non ci sono più.
    Già il titolo parla da solo , to the faithful departed .
    Ai cari defunti.
    Più assenti di loro!

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    1. Sì, sono d'accordo con voi: l'assenza ha mille sfaccettature. Non tutte per forza negative. Può essere la perdita, l'abbandono, la solitudine desiderata o meno. Il fattore comune però è sempre l'assenza di qualcosa, che può essere fisico o meno, fino a diventare un vero e proprio stato d'animo, struggimento o sollievo a seconda dei casi.

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  10. Qualche anno fa avevo visto una mostra di Hopper a Palazzo Reale, e i suoi quadri sono uno più bello dell'altro. Sul tema dell'assenza, c'è solo l'imbarazzo della scelta, citerei "Automat" con la giovane donna dallo sguardo abbassato e pensieroso. La storia di Cornell Woolrich mi ha molto interessato, e provo compassione per la sua fine, anche se un legame così con la madre è senza dubbio patologico. Io propongo "La fuggitiva" o "Albertine scomparsa" di Proust. Per il cinema, il film "Missing" di Costa-Gavras dove l'assenza ha un indubbio e drammatico significato politico. Per la musica, la canzone "Missing" di Bruce Springsteen.

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    1. Eh, immagino sia stata bellissima la mostra di Hopper... Automat sarebbe stata anche un'ottima scelta per questo post, ma l'avevo già usato in un precedente viaggio e non volevo ripetermi.

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  11. Mi piace molto questa interpretazione del viaggio, è ricca di spunti. Recentemente Richard Tuschman ha creato una serie di fotografie intitolate "Hopper Meditations" che riprendono le geometrie, i colori e le emozioni trasmesse proprio dai quadri del pittore. Anche se francamente non sono una grande amante della fotografia che imita l'arte, che va tanto di moda ultimamente, alcuni scatti sono interessanti.
    Per quanto riguarda la letteratura invece citerei un autore intero, Milan Kundera, che attraverso le sue opere porta a una riflessione personale su quanto l'uomo sia effettivamente solo, con la sua mente e le sue decisioni spesso criticabili dagli altri o da una mentalità ed etica sociale. L'assenza di accettazione e condivisone, l'assenza di una circolarità temporale non fanno altro che portare l'uomo a una condizione di infelicità e solitudine.
    Per quanto riguarda il cinema mi è piaciuto molto "L'Illusionista", un film di animazione del 2010 che ho trovato molto toccante.
    Sulla musica non ho dubbi, direi "Losing My Religion" dei REM. Non conoscevo il gruppo che hai scelto, la canzone però è molto orecchiabile! Bella!

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    1. In un precedente commento ho citato un'antologia in cui ciascun autore (uno era Stephen King) partiva da un quadro di Hopper come scena iniziale in cui ambientare la sua storia. Non sempre il risultato è stato eccellente, ma era un esperimento interessante.
      A proposito di Kundera, lui diceva: "Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione."

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    2. Non ero a conoscenza di questa antologia, però in effetti è complesso usare opere come punto di ispirazione per creare qualcosa di nuovo... Rimango sempre un po' scettica in questi casi.
      Kundera è uno scrittore a cui sono molto affezionata, leggo tante riflessioni che condivido nelle sue opere e mi lasciano un senso di meditazione, strano, melanconico, che rende i suoi scritti senza fine perché si apre un mondo di pensieri quando termini l'ultima pagina.
      E per riprendere il post aggiungo un'ulteriore citazione da "L'insostenibile leggerezza dell'essere":

      "Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. Essi sono più felici delle persone della prima categoria le quali, quando perdono il pubblico, hanno la sensazione che nella sala della loro vita si siano spente le luci. Succede, una volta o l’altra, quasi a tutti. Le persone della seconda categoria, invece, quegli sguardi riescono a procurarseli sempre. C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. La loro condizione è pericolosa quanto quella degli appartenenti alla prima categoria. Una volta o l’altra gli occhi della persona amata si chiuderanno e nella sala ci sarà il buio. E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori."

      L'assenza, in fondo, non ci vieta di continuare a sognare :)

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    3. E' una profondissima riflessione, quella che mi hai lasciato, Anna. Credo che, in questo senso, ognuno di noi abbia una condizione dinamica, che si sposta continuamente dall'una all'altra di queste categorie, a seconda delle situazioni, dell'età, delle fasi della vita, del contesto.
      Stando Kundera, direi quindi che i sognatori sono quelli che riescono a essere autosufficienti, perché il loro pubblico è dato da loro stessi.

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