Altro caso di cui avevo già raccontato è quello di Rosalind Franklin, che studiava la struttura del DNA con la diffrazione dei raggi X. A sua insaputa le immagini che ottenne furono mostrate da un suo collega ai concorrenti Watson e Crick, permettendo loro di risolverne la struttura col modello a doppia elica. Nel 1962 ai due venne assegnato il premio Nobel per la Medicina, mentre la Franklin, che nel frattempo era morta di cancro, non venne menzionata né ringraziata.
Non sempre la Storia sa essere generosa con gli uomini e le donne di scienza.
Ignac Semmelweis era un medico ungherese che nella metà del XIX secolo lavorava nell'ospedale di Vienna. Semmelweis era ossessionato dalla febbre puerperale, una malattia che decimava le partorienti. La morte di un collega, avvenuta dopo un'autopsia a una di esse, gli permise di osservare l'analogia istologica tra i due casi e di arrivare a un'intuizione: doveva trattarsi di una malattia che si propagava da un corpo all'altro, a seguito del contatto del medico che aveva appena eseguito un'autopsia e che poi andava a visitare le partorienti in corsia. Perciò provvide a dare speciali disposizioni: chi entrava nel reparto di ostetricia doveva lavarsi le mani con soluzione di ipoclorito di calcio (ovvero candeggina) e i letti delle partorienti dovevano avere lenzuola pulite. In solo due anni i casi di morte per febbre puerperale si abbassarono dall'11 all'1%. Questo eccezionale risultato gli attirò però contro gelosie e invidie: il direttore del reparto, che riteneva necessario per gli studenti praticare molte autopsie, trovava irritanti tali iniziative, per giunta da parte di un ungherese, che dettava disposizioni offensive per il personale (l'obbligo di lavarsi le mani), oltre che dispendiose (il cambio delle lenzuola). Semmelweis venne licenziato e la comunità scientifica dell'epoca gli si scagliò contro: gran parte del mondo medico si rifiutava per principio di ammettere che gli stessi medici potessero essere degli "untori". Semmelweis, depresso e in preda a manie di persecuzione, finì in manicomio, dove morì per un'infezione setticemica durante un intervento chirurgico.
Il chimico Svante Arrhenius aveva presentato una tesi in cui sosteneva che l'elettrolisi (processo in cui si fornisce elettricità per far avvenire una reazione non-spontanea) fosse legata alla presenza di elettroliti (sostanze che in soluzione si scindono in ioni, specie cariche elettricamente). La cosa oggi può sembrare ovvia, ma non all'epoca, e al conseguimento del dottorato gli venne dato il punteggio più basso. La commissione dovette poi ricredersi, perché non solo Arrhenius aveva ragione, ma nel 1903 proprio per questo gli venne assegnato il premio Nobel per la Chimica. Di Arrhenius è la prima teoria acido/base e l'equazione che porta il suo nome, che definisce la costante cinetica di una reazione. Si occupò anche di chimica dell'ambiente e astrochimica: è stato il primo a intuire che il clima di un pianeta dipende dall'anidride carbonica.
Diverso invece il destino di Lise Meitner, uno dei più importanti fisici nucleari mai vissuti. La Meitner aveva stretto una collaborazione col chimico Otto Hahn, e assieme avevano spiegato il fenomeno del rinculo atomico (moto di un nucleo atomico a seguito dell'urto con una particella o per l'emissione da esso di una particella). Con l'avvento del nazismo e l'annessione dell'Austria, la Meitner in quanto ebrea dovette fuggire in Svezia, dove continuò a corrispondere con Hahn. Nelle sue lettere il chimico le parlò di uno strano fenomeno che aveva osservato e che non riusciva a spiegare. Lei intuì cosa stesse avvenendo e descrisse le basi teoriche della scoperta in un articolo: era la fissione nucleare, il processo che di lì a pochi anni sarebbe stato alla base della bomba atomica. Durante la Seconda Guerra Mondiale, da pacifista convinta, rifiutò l'offerta degli Stati Uniti di partecipare al progetto Manhattan per realizzare nella pratica ciò che aveva teorizzato. Il suo lavoro non venne riconosciuto, nemmeno dal collega Hahn, a cui nel 1944 fu assegnato il Nobel per la Chimica per la scoperta della fissione. Tra il 1924 e il 1965 fu proposta la sua candidatura al premio per ben 48 volte (29 per la Fisica, 19 per la Chimica), senza però mai vincerlo, nonostante la sponsorizzazione di grandi nomi della Fisica come Bohr e Planck. Dopo la morte il suo nome è stato dato al meitnerio, l'elemento chimico di numero atomico 109.
Di queste interessanti curiosità conoscevo soltanto la prima e la seconda, mentre non conoscevo affatto l'esistenza dell'astrochimica! Deve essere una branca per "super cervelloni"!
RispondiEliminaL'astrochimica si occupa di studiare la composizione atmosferica e geologica dei corpi celesti, quindi di altri pianeti, nubi interstellari, comete... I dati immagino siano per lo più di origine spettroscopica, quindi penso anch'io che debba essere uno studio decisamente complesso.
EliminaCerto è affascinante, ma per chi come me non va d'accordo con la Chimica-Fisica sarebbe decisamente troppo ostico... Al momento, a differenza di molti altri miei compagni di corso, preferisco la Chimica Organica (spero di non cambiare idea nel corso del tempo XD).
EliminaEheh, tieni presente che la Chimica Organica non è solo sintesi... In laboratorio di ogni prodotto c'è poi da fare la caratterizzazione, con spettroscopia di massa, NMR, IR, UV/VIS... :)
EliminaSì, mi hanno riferito che il corso di "Chimica Organica III" è tutto incentrato sulla spettroscopia... Però da quel poco che ho visto (al momento sto frequentando altri corsi per cercare di sostenere gli esami più ostici), mi è sembrato interessante :)
EliminaComunque, riguardo al tema di questo post, potrei forse aggiungere un altro grande nome della scienza dalla personalità molto particolare; ovvero "l'incompreso" Ludwig Boltzmann. Il nostro professore di Chimica-Fisica ci ha raccontato di come, ai suoi tempi, la comunità scientifica lo osteggiasse soprattutto a causa del suo eccessivo riguardo nei confronti della formalizzazione matematica nella chimica e in particolare nella Termodinamica.
RispondiEliminaInsomma, sembra che alla fine il tempo gli abbia comunque dato ragione e che i suoi concetti scientifici siano stati infine approvati, sebbene tale riconoscimento gli sia stato accreditato, come spesso accade, dopo la sua morte (o meglio, dopo essersi tolto la vita).
Non conoscevo la vicenda di Boltzmann. In effetti, perché i metodi matematica della Termodinamica vengano applicati alla Chimica, ci sarebbe voluto il contributo del chimico van't Hoff, che è vissuto a cavallo tra '800 e '900. In effetti proprio a questo è dovuto il suo premio Nobel per la Chimica (il primo in assoluto, era il 1901).
EliminaGià, un'altra figura di spicco nel panorama della Termodinamica e i cui contributi non ci sono però ancora stati introdotti. Non mi resta altro che aspettare di scoprirli sperando di non rimanerne troppo sconvolta...
EliminaEh sì, la Termodinamica delle Soluzioni l'ha inventata lui...
EliminaStorie che onestamente non conoscevo e che fanno riflettere. Più che la Storia però, in questo caso direi che a essere ingenerosi sono stati i loro contemporanei, e se a distanza di tempo la Storia ha riconosciuto qualcosa a questi scienziati ghettizzati ormai era troppo tardi per riceverne una qualche soddisfazione (il perdono postumo è abbastanza inutile per il diretto interessato, serve solo ai suoi discendenti).
RispondiEliminaEra esattamente ciò che intendevo: la Storia è generosa con coloro che non ci sono più e non possono trarre alcuna soddisfazione da una riabilitazione o glorificazione postuma?
EliminaInsomma, tranne Semmelweis e la Franklin, direi che tutti hanno avuto almeno un riconoscimento, anche piccolo.
RispondiEliminaLa Meitner almeno non si è legata a una cosa tanto terribile.
Moz-
Newlands in realtà non ha avuto alcun riconoscimento, anzi veniva sfottuto dai contemporanei. Solo 50 anni dopo si è capito che aveva ragione.
EliminaPer la Meitner... capirai che riconoscimento! Dare il suo nome a un elemento chimico, ma 30 anni dopo la sua morte...
Beh, ma intanto meglio di niente, meglio che morire di infezione...
EliminaMoz-
Beh sì, c'è anche a chi è andata pure peggio, è vero.
EliminaForse è stata più generosa con il mondo dell’arte.
RispondiEliminaScrittori e pittori anche postumi sono stati comunque valorizzati per le loro opere dalla storia ..prima o dopo.
Quelli di cui parli te , scienziati, son stati invece per così dire “cornuti e pure mazziati”.
Per quello che ha anticipato il problema delle infezioni ospedaliere ( così attuale -sotto altre forme - ai giorni nostri) oltre al danno c’è stata pure la beffa , morire di setticemia.
Nel caso dellla Meitner però mi faccio una domanda: pacifista fin che vuoi..ma quando studi un procedimento /reazione qualsiasi cosa sia , non passa per il cervello che di quella che può essere una scoperta importante per il mondo della chimica/fisica non si pensa che può esistere pure un suo uso nel sistema bellico?
Nel senso : inventi la polvere da sparo ma non vuoi che sia usata per uccidere.
Quella che segue è una riflessione di Roald Hoffmann, Premio Nobel per la Chimica e autore del dramma teatrale "Se si può, si deve?", che parla delle responsabilità degli scienziati.
Elimina“Non ci sono molecole cattive, ci sono solo esseri umani malvagi. Le molecole sono molecole.
I chimici e gli ingegneri ne fanno di nuove e trasformano quelle vecchie. Altri ancora nella catena dell’economia le vendono e tutti noi le vogliamo e le usiamo.
Ciascuno di noi ha un ruolo nell’uso e nell’abuso delle sostanze chimiche.
Ed ecco il mio punto di vista rispetto alla nostra responsabilità sociale verso gli altri esseri umani. Vedo gli scienziati come attori in una tragedia classica. Essi (noi) sono condannati dalla loro natura a creare. Non esiste la maniera di evitare di indagare su ciò che è in noi o attorno a noi. Non possiamo chiudere gli occhi davanti alla creazione o alla scoperta.
Se tu non sintetizzi quella molecola, lo farà qualcun altro. Allo stesso tempo credo che gli scienziati hanno la grandissima responsabilità di riflettere sugli usi della loro creazione, persino sugli abusi che altri possono fare. E devono fare tutto ciò che è loro possibile per rendere pubblici sia i pericoli che gli abusi.
Se non lo faccio io, chi lo farà? Anche a rischio di perdere il lavoro, di venir umiliati, essi devono vivere con le conseguenze delle proprie azioni. E questo ne fa attori tragici, non eroi comici né li pone su un piedistallo. Ed è questa responsabilità verso l’umanità che li rende umani.”
Appunto, forse ha pagato quel legittimo scrupolo di coscienza.
RispondiEliminaAlla fine verrà lo stesso ricordata tra gli artefici che hanno portato alla creazione della bomba atomica.
Volente o nolente.
La storia non paga ma nemmeno fa sconti.
Ci sono moltissime altre storie di scienziati dimenticati o costretti a negare le proprie tesi seppur corrette e ormai universalmente accettate. Sta a chi insegna o chi conosce queste vicende diffonderle. La scienza è competitiva tanto quanto la storia, sono certa che alcune vicende si ripeteranno inevitabilmente.
RispondiEliminaEsatto. Di Newlands parlo a lezione, in modo che almeno sia conosciuto e gli sia riconosciuto il merito.
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