Due anni fa avevo pubblicato una serie di post che parlavano di Moncalieri, la mia città, nella classica modalità alfabetica utilizzata più volte in questo blog; perciò ho pensato di riproporre la stessa cosa anche per Torino. Così ho scelto una serie di fatti e curiosità che penso siano poco noti: sta a voi dire se sia davvero così. Tenendo presente che Torino è una città magica, inaspettatamente bella, forse un po' diabolica... ma anche dolce come il cioccolato.
A come Augusta Taurinorum. Il nome originario della città era Augusta Taurinorum, in riferimento alla locale popolazione dei Taurini. La loro sede principale era il villaggio di Taurinia o Taurasia, di cui però non si conosce l'esatta posizione (potrebbe essere quella dell'odierna Torino). Il loro nome viene dal celtico tau, cioè "montagna"; quindi non c'è alcuna correlazione col toro, che invece è da sempre il simbolo della città (tanto che le fontanelle a Torino sono dette toret, perché l'acqua esce da una testa di toro).
B come Bengasi. Una delle tante curiose abitudini dei torinesi e limitrofi è quella di sbagliare più o meno volutamente l'accento di piazza Bengási (che si trova al confine con Moncalieri), che viene infatti pronunciata piazza Béngasi.
C come Castello. I forestieri in visita a Torino confondono spesso il Borgo Medioevale (a sinistra), copia del castello di Fenis realizzata nel XIX secolo, col Castello del Valentino (1638), opera invece di Filippo Juvarra (a destra).
D come Diavolo. Per le sue effigi il portone di Palazzo Trucchi di Levaldigi, realizzato nel 1675, è noto come il "portone del Diavolo", e l'edificio, che ospita oggi la sede nazionale della Banca del Lavoro, è chiamato "Palazzo del Diavolo".
Si racconta che il portone sia comparso dal nulla una notte, dopo che un apprendista stregone aveva invocato il Diavolo che, infastidito, lo aveva poi imprigionato per sempre al suo interno. Si dice anche che nel XVII secolo al piano terreno ci fosse una fabbrica di tarocchi; tra l'altro l'edificio in quegli anni era al civico 15, che negli Arcani corrisponde al Diavolo.
In via Lascaris, dove oggi c'è una banca, in passato c'era una Loggia Massonica. Alla base del palazzo si trovano delle fessure a forma di occhi, che dovevano essere dei punti di sfiato e/o di illuminazione per i locali del sottosuolo. Negli anni si è diffusa la credenza che fossero gli occhi del Diavolo.
A come Augusta Taurinorum. Il nome originario della città era Augusta Taurinorum, in riferimento alla locale popolazione dei Taurini. La loro sede principale era il villaggio di Taurinia o Taurasia, di cui però non si conosce l'esatta posizione (potrebbe essere quella dell'odierna Torino). Il loro nome viene dal celtico tau, cioè "montagna"; quindi non c'è alcuna correlazione col toro, che invece è da sempre il simbolo della città (tanto che le fontanelle a Torino sono dette toret, perché l'acqua esce da una testa di toro).
B come Bengasi. Una delle tante curiose abitudini dei torinesi e limitrofi è quella di sbagliare più o meno volutamente l'accento di piazza Bengási (che si trova al confine con Moncalieri), che viene infatti pronunciata piazza Béngasi.
C come Castello. I forestieri in visita a Torino confondono spesso il Borgo Medioevale (a sinistra), copia del castello di Fenis realizzata nel XIX secolo, col Castello del Valentino (1638), opera invece di Filippo Juvarra (a destra).
In via Lascaris, dove oggi c'è una banca, in passato c'era una Loggia Massonica. Alla base del palazzo si trovano delle fessure a forma di occhi, che dovevano essere dei punti di sfiato e/o di illuminazione per i locali del sottosuolo. Negli anni si è diffusa la credenza che fossero gli occhi del Diavolo.
E come Edificio. Nel 2015 Palazzo Valperga Galleani si è aggiudicato il premio come Building of the Year nella sezione “ristrutturazione” del rinomato sito di architettura ArchDaily, col progetto “The Number 6”. Nel cortile interno si trova inoltre l’albero luminoso, opera di Richi Ferrero.
F come Fetta di Polenta. Uno dei più curiosi palazzi della città è Casa Scaccabarozzi, noto col nome di “Fetta di Polenta”, edificio che Alessandro Antonelli cominciò a realizzare a partire dal 1840. L'architetto gli aveva dato il cognome da nubile della moglie, ma la particolarità, a cui è dovuta l'origine del soprannome, è non solo il colore, ma anche la sua singolare pianta trapezoidale, che fa sì che uno dei prospetti laterali misuri solo 54 centimetri. Sembra che l'Antonelli l'avesse costruito per scommessa o forse per sfida. Nelle vicinanze si trova un altro edificio a pianta trapezoidale, anche se meno accentuata, ovvero palazzo Birago di Vische, realizzato dall'architetto francese Reycend a partire dal 1847; per similitudine è soprannominato Fetta di Formaggio.
G come Gastronomia. Il grissino venne creato nel 1679 dal fornaio Antonio Brunero per il re Vittorio Amedeo II, che non digeriva la mollica del pane. Nel 1852, il blocco imposto da Napoleone III aveva ridotto le quantità di cacao che giungevano in Europa, e i prezzi del cioccolato erano alle stelle; Michele Prochet, cioccolataio della Caffarel, decise di sostituire parte del cacao con la nocciola tonda gentile delle Langhe: il risultato fu un cioccolatino che chiamò “givo” (che in piemontese è il mozzicone di sigaro). Presentato durante il Carnevale del 1865 dalla maschera Gianduja, ne fu cambiato il nome in gianduiotto. A causa del suo colore chiaro, la gente credeva che la cioccolata fosse andata a male: allora si decise di usare un incarto dorato, per dargli un aspetto prezioso. La crema di cui è costituito è chiamata gianduia, ed è alla base di un altro cioccolatino torinese: il cremino, inventato nel 1858 da Ferdinando Baratti. E anche della Nutella, creata dal cuneese Pietro Ferrero nel 1946, con cui i grissini fecero da subito un sodalizio gastronomico che perdura tutt'oggi.
F come Fetta di Polenta. Uno dei più curiosi palazzi della città è Casa Scaccabarozzi, noto col nome di “Fetta di Polenta”, edificio che Alessandro Antonelli cominciò a realizzare a partire dal 1840. L'architetto gli aveva dato il cognome da nubile della moglie, ma la particolarità, a cui è dovuta l'origine del soprannome, è non solo il colore, ma anche la sua singolare pianta trapezoidale, che fa sì che uno dei prospetti laterali misuri solo 54 centimetri. Sembra che l'Antonelli l'avesse costruito per scommessa o forse per sfida. Nelle vicinanze si trova un altro edificio a pianta trapezoidale, anche se meno accentuata, ovvero palazzo Birago di Vische, realizzato dall'architetto francese Reycend a partire dal 1847; per similitudine è soprannominato Fetta di Formaggio.
G come Gastronomia. Il grissino venne creato nel 1679 dal fornaio Antonio Brunero per il re Vittorio Amedeo II, che non digeriva la mollica del pane. Nel 1852, il blocco imposto da Napoleone III aveva ridotto le quantità di cacao che giungevano in Europa, e i prezzi del cioccolato erano alle stelle; Michele Prochet, cioccolataio della Caffarel, decise di sostituire parte del cacao con la nocciola tonda gentile delle Langhe: il risultato fu un cioccolatino che chiamò “givo” (che in piemontese è il mozzicone di sigaro). Presentato durante il Carnevale del 1865 dalla maschera Gianduja, ne fu cambiato il nome in gianduiotto. A causa del suo colore chiaro, la gente credeva che la cioccolata fosse andata a male: allora si decise di usare un incarto dorato, per dargli un aspetto prezioso. La crema di cui è costituito è chiamata gianduia, ed è alla base di un altro cioccolatino torinese: il cremino, inventato nel 1858 da Ferdinando Baratti. E anche della Nutella, creata dal cuneese Pietro Ferrero nel 1946, con cui i grissini fecero da subito un sodalizio gastronomico che perdura tutt'oggi.
Io a Torino ci sono stato e quindi l'aggettivo "inaspettata" con me non serve: so quanto sia bello il suo centro storico. Credo che ci sia un equivoco di fondo risalente all'epoca del boom industriale, quando Torino (ma anche Milano e Genova) venivano associate a fabbriche, operai, stabilimenti, ciminiere, smog e quindi nell'immaginario collettivo erano immaginate tipo la Mole Antonelliana (o il Duomo nel caso di Milano) circondate da casermoni industriali e avvolte in una nuvola di fumo...
RispondiEliminaHo visitato il bordo medievale e il parco, il Castello l'ho visto solo da fuori, però sono stato alla palazzina di caccia a Stupinigi.
E ho anche fatto colazione al Caffè San Carlo ;-)
Adoro la gianduia ma purtroppo è meglio che la eviti...
Turisticamente parlando, le cose sono molto cambiate dopo le Olimpiadi del 2006, e Torino si è scoperta apprezzata meta turistica, con somma sorpresa sua e dei torinesi.
EliminaAdoro questa città e seguirò con curiosità i tuoi post. Scoprii Torino una decina d'anni fa, durante un bellissimo viaggio di istruzione, nel quale anche i ragazzi ne rimasero colpiti. La Parigi d'Italia mi piacque per la sua bellezza e compostezza, restai affascinata anche dalla passione con la quale le nostre guide illustrarono il percorso sul Risorgimento (il museo è imperdibile) mostrando l'entusiasmo di chi ama la propria città e la rispetta. Ma poi il museo del cinema... e Venaria.
RispondiEliminaSapevo dell'aspetto riguardante l'occulto, ma non ho mai approfondito.
Con Venezia, Roma e Firenze si vince facile... Torino sa stupire, soprattutto perché non te l'aspetti. I torinesi lo sanno bene, e sono decenni che se la ridono sotto i baffi.
EliminaMai stato, tuttavia gran bella città, quella della mia squadra (a strisce), e quindi affezionato a prescindere ;)
RispondiEliminaDe gustibus, calcisticamente parlando... io comunque la lettera J l'ho saltata... :)
EliminaBello questo addentrarmi nella città di Torino. Ne ho sempre avuto un pregiudizio immotivato, poi, quando nel lontano... oddio, non me lo ricordo, ma è stato per uno dei primi concorsi pubblici che feci dopo la laurea, dicevo quando andai a Torino, quella volta, ho scoperto una città molto, ma molto bella davvero e ne fui contenta.
RispondiEliminaÈ inutile dire che mi sono soffermata sulla G di gastronomia, perché, malata di cioccolattite, sentire parlare di gianduiotti, cremini e nutella mi ha fatto spuntare le stelle negli occhi.
:)
(Non fare caso se latito spesso: sono ancora in un limbo di indifferenza verso la scrittura e il blogging in generale. Ma guarirò, ne sono certa! :)
Raccomando una cura a base di cioccolata. Meglio se di origine piemontese. 😛
EliminaNon mi stupisce che in palazzi che ora sono banche o enti simili, ci siano stati diavoli e massoni XD
RispondiEliminaIncredibile questa città, dovevo esserci proprio in questi giorni ma ovviamente non se n'è fatto niente.
Ma il palazzo di 54 cm ovviamente... non è abitabile. Cos'è c'è al suo interno?
Moz-
Certo che è abitabile. Leggi bene: è a pianta trapezoidale invece che rettangolare. La base minore misura 54 cm, ma dall'altro lato ha la lunghezza di un normale edificio.
EliminaNon sono mai stata a Torino, forse proprio per il pregiudizio citato da Ariano. Queste curiosità, tutte nuove per me, risvegliano il mio interesse per la città. Certo la Fetta di Polenta ha l'aria un po' inquietante... siamo sicuri che 54 cm siano sufficienti per stare in piedi? ;)
RispondiElimina54 cm non è l'altezza, ma la lunghezza di quel lato dell'edificio: guarda bene la fotografia!
EliminaQuando sono stato a Trieste ho pensato immediatamente che assomigliasse molto a Torino, in particolare la zona collinare. Sembrava una Torino col mare. La parte più vicina al mare mi ricordava invece i paesi della Liguria.
Avevo capito dove fossero i 54 cm, ma mi sembra lo stesso che rischi di cadere! Anche se evidentemente il muro è ben saldo, sennò sarebbe già caduto con il vento.
EliminaAh, no, dei 54 cm ho capito adesso.
EliminaOk, forse non avevo capito io! Con "stare in piedi" ti riferivi alla solidità dell'edificio.
EliminaIn realtà, appunto, spessore dei muri a parte, semplicemente la pianta dell'edificio invece di essere rettangolare è trapezoidale, un lato è molto stretto.
In questa foto si vede dai due lati:
https://buildingcue.it/wp-content/uploads/2019/11/IMG_9501.jpg
Allora non farti mancare una visita ai sotterranei della cittadella dei tempi di Pietro Micca: sono visitabili!
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