sabato 30 maggio 2020

L'Alienazione del Quotidiano (parte I)

L'alienazione è una condizione mentale in cui il soggetto ritiene che la realtà da lui percepita non gli appartenga, perché è convinto che gli sia stata imposta da altri, a scopo ingannatorio o coercitivo; pertanto non la riconosce come vera, ma la considera falsa o fittizia, talvolta è anche convinto che esista un'orchestrazione ai suoi danni allo scopo di convincerlo che sia quella la vera realtà. Tale condizione delirante è dovuta in genere a malattia mentale conclamata o può anche essere il risultato di un processo di spersonalizzazione riconducibile agli effetti di un'insostenibile pressione emotiva o sociale. 
Secondo la definizione di Jaspers il delirio è un giudizio erroneo, perché il suo contenuto è falso o impossibile, ma sostenuto con straordinaria convinzione dal soggetto, che si dimostra refrattario all’esperienza concreta e a ogni confronto con argomentazioni confutative. Il delirio è la formazione di una realtà privata: i soggetti non credono semplicemente a tale realtà, ma sono del tutto convinti di essa. La realtà delirante è la realtà personale di un singolo individuo isolato, che può dare vita a un mondo distaccato, predominante, coesistente o intersecante la realtà comune. Se i bias sono errori nella cognizione sociale, i deliri sono errori nella cognizione della realtà.

Senza scadere nella vera e propria alienazione, vi è mai capitato di provare una sensazione di spersonalizzazione, un momento che vi è sembrato dissonante a tal punto da sembrare quasi come se fosse costruito, e quindi non-reale? Come se quanto vi circondasse fosse stato appositamente realizzato attorno a voi per una qualche ragione che vi è sconosciuta, di nascosto, cercando di farvi credere che quella finzione fosse la realtà?
Silvia e Isabella sono le protagoniste di All You Can Eat, uno dei racconti de La Piccola Magia del Quotidiano, due ragazze che frequentano il primo anno di università, e che si danno appuntamento al ristorante giapponese per un pranzo "tutto a volontà" di sushi, dove ne combinano delle belle. Questo racconto trae la sua base ambientale dalle volte in cui mi è capitato di mangiare in un ristorante orientale.
Come ho già raccontato, la birreria in cui andavo con gli amici ai tempi del liceo da alcuni anni è diventata un ristorante giapponese. Due estati fa ci sono stato a mangiare per la prima volta, osservando i cambiamenti avvenuti al suo interno, ripensando alle varie volte che ci ero stato in passato, e avvertendo una sensazione di sovrapposizione tra come era quel posto e come poi era diventato, la sovrapposizione di due realtà temporali. Ma il momento più straniante è stato quando mi sono messo a ordinare. Avevo scritto da alcune settimane la prima stesura di All You Can Eat, e mentre facevo la mia ordinazione, avevo l'impressione di stare recitando i dialoghi del mio racconto, perché ne stavo ricalcando alcuni passaggi: insomma, ho provato una bizzarra sensazione, come se il momento che stavo vivendo non fosse reale e io fossi il personaggio di un racconto, cioè che stessi vivendo una parte che qualcun altro aveva scritto per me. E quel qualcuno poi ero io stesso.
È la vita reale che influenza la finzione oppure è la finzione a influenzare la vita reale? Sono io che scrivo il racconto a decidere cosa sia la realtà oppure è il racconto che ho scritto a dire cosa sia reale? Le cose che scrivo divengono realtà o sono io che vivendole le faccio diventare realtà?
Alcuni mesi dopo quell'episodio sono andato a Pinerolo per lavoro. Prima di andare a lezione, sono dovuto passare un momento per il centro commerciale; esattamente al momento del mio ingresso dagli altoparlanti è partita Back in Time degli Huey Lewis and the News, canzone che si sente in una delle ultime scene del film Ritorno al Futuro e poi nei titoli di coda. In quel momento ho provato di nuovo una sensazione straniante, la bizzarra impressione di essere come in un film. Perché appoggiato alle scale mobili a contemplare i negozi del centro commerciale in basso sotto di me, con quella musica in sottofondo come colonna sonora, sembrava proprio la scena di un film. Si è trattato solo di un momento, però anche quella volta è stata una sensazione strana. Anche perché da allora, quando mi capita di risentire quella canzone, ripenso al film ma mi ritrovo anche a pensare a quello strano momento al centro commerciale di Pinerolo, e le due cose sembrano quasi sovrapporsi.
A voi è mai capitato di provare qualcosa del genere?

19 commenti:

  1. Ciao come stai?
    Sembra il plot del Truman Show..😀
    Comunque no , mai capitato qualcosa del genere.
    Magari ascoltare canzoni che mi son sempre piaciute che si palesano improvvisamente in certi momenti importanti della mia vita , quello sì.
    Ma vivere dissonanze temporali no.

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    1. Sono due mesi che non lavoro, e anche a giugno sarà così. Dei committenti mi devono soldi da mesi, non so quando li vedrò e se li vedrò. Due anni di lavoro col mio libro, buttati via. Per lo stress ho anche avuto dei malesseri fisici.
      Insomma, sto proprio una meraviglia.

      Truman Show era un ottimo film, anche se poi la sua trama non era originale. C'era infatti un episodio di Ai Confini della Realtà con un trama identica.

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    2. Non sapevo sta cosa della trama non originale.
      Perché buttati via due anni di lavoro?
      Non l’hai pubblicato il libro , non capisco.
      Pensavo continuassi a lavorare con la tele didattica,
      Mi spiace , pure per i tuoi malesseri fisici , spero quello si siano risolti almeno.
      Ti auguro di ripartire al più presto con il lavoro ...

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    3. Ma che vuol dire che non ho pubblicato il libro? E' uscito a gennaio, ne hai persino commentato il post.

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    4. Allora continuo a non capire Marco ...perché buttati via due anni?
      Se il libro è Turn back time ..appunto non capisco .
      A meno che il discorso committenti che ti devono soldi ...sia legato a quel libro.

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    5. Non capisco, non capisco... Sei proprio un bel tipo, tu.
      E' attenzione quella che vuoi? D'accordo.
      Ho lavorato due anni a scrivere il mio ultimo libro, La Piccola Magia del Quotidiano, citato in questo articolo, e che è uscito a gennaio. Il relativo post l'hai anche commentato, hai pure letto l'anteprima su Amazon.
      Purtroppo la situazione attuale ha avuto effetti negativi anche sulle vendite del libro. Forse dopo l'estate andrà meglio, ma chi può dirlo?
      Però questa è più una passione, un hobby, perché il mio lavoro è quello dell'insegnante. Per motivi tecnici, non ho potuto fare DAD. Lavoro come libero professionista in P.IVA, tenevo corsi da una parte all'altra del Piemonte per vari enti di formazione, alcuni dei quali è da mesi che devono pagarmi (di uno ho tenuto il corso ben 12 mesi fa), nonostante i numerosi solleciti. Il dopo-emergenza (settembre?) rimane un'incognita. Non è una bella situazione.

      ***

      "non tutti hanno il coraggio di mettersi in gioco accettando il giudizio di chi ti legge il libro .
      Penso sia un gesto che denota in te una grande maturità e la volontà di mettersi in gioco.
      Cosa questa a mio avviso che dovrebbe essere insita a tutti quei blogger che scrivono
      libri ...poi c’è ne sarebbe da dire ma mi fermo qua." (cit.)

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    6. Ti sbagli ...non cerco attenzione figurati!
      Però ti ringrazio per la tua spiegazione che mi ha tolto i dubbi che avevo.
      Non avevo capito il senso della tua affermazione , tutto qua.
      ***
      Si sì l’avevo scritto io ..ma ripeto non avevo capito che ti stessi riferendo al tuo ultimo libro.
      Dai , speriamo che a Settembre le vendite decollino , ma non avevano detto che durante la quarantena gli italiani avevano riscoperto il piacere di leggere e che le vendite dei libri on-line avevano subito un impennata?
      Era una Fake.


      Buona domenica .

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  2. A me è capitato un paio di volte, quella che ricordo meglio è questa: tra il 1995 ed il '96 ho effettuato il mio servizio di obiezione di coscienza presso un piccolo paese della Toscana, una decina di anni dopo ci sono tornato per una breve visita, fai conto mezza giornata....molte delle persone che conoscevo non abitavano più lì, una o due erano morte, la casa dove ci ospitavano era diventata un B&B, molti luoghi si erano trasformtati...insomma, forse sarebbe stato meglio tenersi i ricordi...

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    1. Forse non ho capito io. Il paese in cui sei tornato ti è sembrato in qualche modo irreale, artefatto o fittizio? Come fosse costruito? Perché altrimenti non riesco a vedere la similitudine con quanto ho esposto.

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    2. No mi sembravano artefatti i "miei" ricordi, mi sembrava di averli abbelliti io. Vedo che oggi non ci capiamo. Sicuramente sarà colpa mia nel caso mi scuso. :)
      Mi ritiro a fare il lurker

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    3. E' una cosa un po' diversa rispetto a quanto ho scritto in questo post. Quanto racconti si riaggancia di più al discorso introduttivo visto nel post precedente, quando parlavo di "retrospettiva rosea". Una sorta di filtro mentale che ci porta a vedere il passato in maniera idealizzata, migliore del presente. Non è che hai abbellito i ricordi, il filtro ti fa vedere solo gli aspetti positivi, e occulta quelli negativi. Ripensandoci poi in maniere più obiettiva (quindi superando la distorsione cognitiva della memoria) vedi il passato per quello che è, quindi quei ricordi "abbelliti" ti sembrano come fossero finti.

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  3. Magari non è la stessa cosa, ma talvolta mi capita la sensazione del deja-vu, il dubbio che sto rivivendo un'esperienza che in realtà ho già vissuto (o preconizzato) tempo prima.
    La sensazione di alienazione in senso stretto mi è capitata in periodi bui della mia vita di cui non parlo mai perché non voglio neppure ricordarli, se possibile li rimuoverei dalla memoria.

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    1. Eh no, non è la stessa cosa di cui parlavo io.
      Per quanto riguarda invece quanto dici nel secondo paragrafo, credo che lo troverai nella seconda parte dell'articolo.

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  4. Innanzitutto direi che a molti è capitato in questa quarantena, tutti quelli che credono di essere parte di un esperimento ai loro danni... e fidati, ci sono XD
    Mi ha molto colpito la storia della birreria poi ristorante... potrei dire che una cosa simile mi è successa in un ristorante che prima era la mia sede scout.
    Però ecco, è stata una sensazione straniante (le due realtà sovrapposte) ma non mi sembrava irreale/surreale, diciamo...

    Moz-

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    1. Già, non ci avevo pensato, ma hai ragione. E comunque di quel tipo di pensiero ne parleremo più avanti in questa serie.

      La sensazione straniante non era dovuta alla sovrapposizione dei due locali (anche), ma al fatto di vivere una situazione che avevo descritto in un racconto, di cui mi sono accorto che ne stavo recitando i dialoghi. E lo stavo facendo inconsapevolmente o volutamente?
      Sono chi scrive la realtà o chi la vive?

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    2. Beh, secondo me sono parole che fanno parte di te... quindi...

      Moz-

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    3. Tra l'altro ho visto che quelle persone di cui parlavi escono sempre più platealmente allo scoperto, facendo pure proselitismo. E questa sì che è un'alienazione preoccupante...

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  5. È un bel quesito se è la vita reale a influenzare l’invenzione o viceversa. Certe volte accadono cose che sembrano davvero tratte dalla fantasia e la fantasia, poi, viene a condizionare la quotidianità. Ci sto pensando, se mi è accaduto qualcosa come quella che è accaduta a te, nel ristorante giapponese e ora non mi viene in mente nulla: dev’essere stato davvero straniante vivere quel momento. Mi piacerebbe sperimentarlo, sai?

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    1. Non è stata un'esperienza positiva o negativa, ma solo... strana.
      Anzi, non era stata nemmeno un'esperienza, ma l'impressione di un'esperienza.
      Poi va beh: è da anni che sarei pronto per la neuro...

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